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Unità: Ricerca tagliata, così non la voto»

La senatrice a vita e premio Nobel Rita Levi Montalcini fa pesare l’appoggio alla Finanziaria

11/11/2006
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l'Unità

di Cristiana Pulcinelli / Roma

NON CI STA Rita Levi Montalcini è stata chiara: «Non potrei votare questa finanziaria se dovessero rimanere i tagli annunciati dal governo sulla ricerca». Un voto in meno al senato, dunque. Un voto che potrebbe essere cruciale. E una protesta che si somma a

quella del ministro Mussi.

La dichiarazione della senatrice a vita è arrivata ieri a conclusione di un incontro organizzato dai presidenti degli enti di ricerca italiani per lanciare un allarme: i tagli previsti dalla finanziaria al loro budget rischiano di far sprofondare la ricerca italiana in un baratro senza ritorno.

Come ha spiegato Roberto Petronzio, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) che ha ospitato l’incontro, questi tagli «arrivano dopo anni in cui la ricerca è stata penalizzata dal blocco delle assunzioni e da un calo regolare, benché moderato, del finanziamento ordinario». Una ricerca già provata, quindi, che potrebbe non resistere a quest’ultimo attacco. «I tagli colpiscono gli enti di ricerca due volte. Prima di tutto con la riduzione del 20% sulle spese intermedie, ovvero acqua, energia, telefono. È quello per cui sta protestando anche l’università. Il secondo taglio invece deriva dalle riduzioni previste per i ministeri, tra cui quello di Mussi, che riguardano anche i fondi che il ministero trasferisce agli enti di ricerca».

Il 20% in meno per le spese intermedie è arrivato a luglio con il decreto Bersani. Una bella batosta perché, hanno sottolineato gli intervenuti, tra le spese intermedie ci sono i reagenti chimici, il materiale di consumo dei laboratori, l’energia elettrica senza la quale le macchine, sul cui lavoro oggi si basa la ricerca, non funzionano. La Finanziaria completa l’opera: l’articolo 53 comporta infatti una diminuzione di 350 milioni degli stanziamenti del Ministero della ricerca, di cui 207 milioni (12%) in meno per gli enti. Il problema è che una parte di questi soldi servono per pagare gli stipendi di chi negli enti lavora. Un capitolo di spesa non comprimibile, se non si vogliono eliminare posti di lavoro. Un altro settore su cui difficilmente si potrà operare dei tagli, dicono i ricercatori, sono gli impegni internazionali. «Gli accordi internazionali - ha spiegato Piero Benvenuti, presidente dell’Istituto nazionale di Astrofisica - non possono venire disattesi, pena il pagamento di multe e l’aumento dei costi». Il risparmio quindi si dovrà concentrare sulla parte dedicata esclusivamente alla ricerca che, nel complesso, subirebbe una riduzione di finanziamenti del 60-70%. Un taglio drammatico che avrebbe come conseguenza la chiusura di decine di laboratori.

All’incontro erano presenti, tra gli altri, Fabio Pistella (presidente del Cnr), Piero Benvenuti, Enzo Iarocci (presidente Council Cern) e, in collegamento video dal Cern, il premio Nobel Carlo Rubbia. I rappresentanti dell’Agenzia spaziale italiana, che non erano presenti, hanno firmato la dichiarazione conclusiva: tutti concordi nel ritenere che «con questo taglio si fa perdere competitività al paese, lasciando campo libero alle aziende ad alta tecnologia straniere e dando l'immagine in Europa di un paese che rinuncia alla scienza».

«In tanti anni non ho mai visto dei tagli così irrazionali - ha tuonato Rubbia - Cosa diremo agli altri grandi enti di ricerca europei? Io credo che abbiamo il diritto di sapere chi controlla nel governo questi processi distruttivi».

Ad essere messa sotto accusa è la scelta più generale di inserire la ricerca tra i capitoli di spesa su cui risparmiare. «La finanziaria ha due linee - ha detto Petronzio - il risparmio e gli investimenti per lo sviluppo. La ricerca è finita nella linea del risparmio». Questo è assurdo, ha sottolineato Nicola Cabibbo, ex presidente dell'Infn, perché la ricerca è il motore dello sviluppo: «Un paese che investe 19 miliardi di euro per lo sviluppo e contemporaneamente taglia la ricerca è un paese che ha perso la testa». «L’Italia è povera di materie prime - ha aggiunto Rita Levi Montalcini - ma è ricca di capitale umano. Se lo si distrugge, tagliando la ricerca, affonderemo».

La cosa paradossale - è stato sottolineato - è che nel programma di Prodi la ricerca era un punto centrale. Cosa è successo? E soprattutto cosa si può fare?

Walter Tocci, unico politico presente, esponente dei Ds, fa parte della commissione cultura e ricerca della Camera dei deputati. Il suo intervento è preoccupato: «Tutto ciò è in contrasto con l'interesse del paese, con il programma elettorale del centro sinistra e perfino con il buon senso. Eppure, i soldi ci sono, ma sono allocati male. È attualmente disponibile 1 miliardo di euro di cui 300 milioni per i bandi di ricerca e 700 milioni per la ricerca industriale: ottime iniziative che non ci possiamo permettere se nel frattempo si impedisce il funzionamento degli enti. Sarebbe come comprare un lampadario nuovo senza avere i soldi per pagare la bolletta della luce. Se il ministro dell’Economia non risolve il problema - scrivono poi in un comunicato lo stesso Tocci e gli altri parlamentari Manuela Ghizzini e Domenico Volpini - presenteremo un subemendamento per finanziare enti e università con una parte della somma destinata a bandi e ricerca industriale».


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