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Unità: Ricerca, nel 2008 record di investimenti L’Asia si conferma al primo posto

Primo investitore assoluto rimangono gli Stati Uniti. E in Europa? La Germania vola, l’Italia fanalino di coda

05/11/2007
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l'Unità

IL RAPPORTO

di Pietro Greco

La spesa in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico toccherà, alla fine del 2007, un nuovo record. Tutto il pianeta - sostiene il «Global R&D Report 2008» da poco pubblicato dalla rivista specializzata R&D Magazine - investirà in ricerca 1.124 milioni di dollari (calcolati a parità di potere d’acquisto delle monete): una cifra mai investita prima, superiore del 7,1% rispetto al 2006 e ormai pari al 2,1% della ricchezza mondiale.
Non c’è dubbio, tutti questi indicatori dimostrano che il mondo crede sempre più nella società (e nell’economia) della conoscenza.
Se il mondo della ricerca corre, l’Asia vola. Con 436 miliardi di dollari investiti complessivamente in R&D (Ricerca e Sviluppo), per il secondo anno consecutivo conferma e anzi consolida la sua posizione di continente dove si investe di più in ricerca, precedendo ormai nettamente le Americhe (387 miliardi di dollari) e l’Europa (276 miliardi di dollari).
Ma anche nell’Asia che vola, il quadro va consolidandosi. Il paese che investe di più in R&D si conferma, per il secondo anno consecutivo, la Cina (175 miliardi di dollari), che precede ormai nettamente il Giappone (144 miliardi di dollari). L’India è ancora una volta terza, anche se piuttosto distaccata (42 miliardi di dollari).
Primo investitore al mondo in assoluto restano gli Stati Uniti, che in questo 2007 investiranno in ricerca e sviluppo 353 miliardi di dollari: ben 77 miliardi di dollari in più dell’intera Europa.
Ma, forse ancor più significativi dei dati assoluti, sono quelli che mostrano il cambiamento relativo. E questi dati dimostrano, al di là di ogni dubbio, che l’Asia è in questo momento la regione più dinamica. In Cina gli investimenti in R&D sono aumentati, in un solo anno del 23,5% (il solo incremento di spesa cinese, pari a 33,3 miliardi di dollari, è uguale alla somma della spesa assoluta di Italia e Canada). Ancora una volta non c’è dubbio: in questo momento i cinesi credono nella ricerca scientifica più di chiunque altro al mondo. E non si tratta di un dato spurio, dovuto agli investimenti stranieri che pure ci sono e sono imponenti. Ormai un terzo della spesa cinese in R&D è, come nella media mondiale, di tipo accademico: avviene a opera dello stato e coinvolge la ricerca di base. E, dato ancor più significativo, stanno emergendo imprese cinesi specializzate nell’alta tecnologia. Nel campo della comunicazione, dei computer e dell’elettronica - sostiene il rapporto - le aziende cinesi investono in ricerca e sviluppo fino a sette volte più delle aziende straniere in Cina. Ciò spiega perché, ormai, oltre il 30% dell’enorme export cinese sia nell’alta tecnologia: all’inizio degli anni ‘90 l’hi-tech non rappresentava che il 5% dell’export cinese.
Ma se la Cina costituisce un caso a sé, il resto dell’Asia mostra comunque un dinamismo senza pari al mondo. In Corea gli investimenti 2007 sono aumentati dell’8,6% rispetto al 2006. In India del 7,6%. Anche la matura economia nipponica «crede» nella ricerca: Tokio ha aumentato i suoi investimenti del 5,0% nell’ultimo anno.
A confronto, il resto del mondo sembra arrancare. Negli Usa la spesa è aumentata «solo» del 2,9%; in Europa del 4,5%. Ma nel Vecchio Continente, accanto a paesi - come la Gran Bretagna (+ 6,7%) e la Francia (+4,5%) - che cercano di tenere il passo con il resto del mondo, vi sono altri paesi - come l’Italia (+ 2,4%) - che si lasciano decisamente staccare.
Possiamo proporre due ulteriori notazioni per quanto riguarda l’evoluzione degli investimenti mondiali nella società della conoscenza. Una è che in questo rapido aumento di spesa, la ricerca di base o - come si dice oggi - curiosity-driven non è penalizzata. Continua a essere al centro dell’attenzione. In Cina, con l’aumento della spesa accademica. In Giappone, con un aumento della spesa statale a suo favore che è, per intensità, almeno pari all’aumento della spesa delle imprese in sviluppo tecnologico. E anche negli Stati Uniti: dove persino il Pentagono ha chiesto nei giorni scorsi un aumento dell’11% della spesa in ricerca di base.
La seconda notazione riguarda la Germania. Che con i suoi 65 miliardi di dollari di spesa (pari al 2,5% del Pil) è - tra i grandi paesi europei - quello che investe di più in ricerca. Ed è quello che più di ogni altro, in Europa, investe in ricerca di base. Ebbene, la Germania nei giorni scorsi ha deciso di investire altri 2 miliardi di euro (pari a 2,9 miliardi di dollari) in alta formazione, per le sue università. Quindici anni fa la Germania, appena unificata, era considerata, ormai, il «malato terminale» dell’economia mondiale. Oggi è tornata a essere la «locomotiva d’Europa», il paese dove l’economia cresce di più. Una ragione c’è. E forse è opportuno che anche noi, in Italia, la scopriamo.


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