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Unità: Questione di classe

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03/09/2010
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l'Unità

Chiara Valerio

«Se si vuole far passare l'idea che 200mila precari sono frutto della Finanziaria e dell’azione del governo Berlusconi, allora non sono disponibile». Nessuna persona di vago senso comune, categoria alla quale io credo appartenga il Ministro Gelmini, può esserlo. Tuttavia, nessuna persona di vago senso comune può sostenere che i 200mila precari rappresentino o lo scarto spontaneo delle interazioni tra tentativi di riforma dell’istruzione pubblica, crisi economica e mercato del lavoro o marionette agitate da una forza politica forse trascendente, e di certo cospiratoria. I precari sono cittadini, sono elettori, hanno inclinazioni politiche, religiose e sessuali, hanno doveri e diritti, hanno condiviso, con il Ministro Gelmini e con i componenti dell’attuale Governo, l’esperienza di andare a scuola e dunque dell’accesso all’istruzione e alla conoscenza, e possono diventare protagonisti di un cambiamento sociale. La protesta dei precari, degli insegnanti di ruolo, del personale scolastico, degli studenti rende manifesto che il problema politico sotteso al problema economico sociale, è la gestione della conoscenza in quanto risorsa e ricchezza, in quanto bene collettivo potente e condizionante lo sviluppo di una società. Proprio per questo, amministrare questa ricchezza-risorsa, impone la definizione di un quadro politico, prima che economico («i numeri sono numeri, io mi limito a citarli»). L’articolo 34 della nostra Costituzione recita «La scuola è aperta a tutti. (…) I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto a raggiungere i gradi più alti degli studi». Penso dunque che quest’orizzonte “costituzionale”, che ha come obiettivo la ridistribuzione delle ricchezze, e come fine la massima estensione delle conoscenze condizionanti lo sviluppo sociale, sia evidentemente un orizzonte di tipo socialista e democratico, e sia dunque, evidentemente un orizzonte politico non appartenente al Governo in carica. Raggiungerlo, definirlo, intuirlo passa tuttavia, per le forze di sinistra e di prospettiva, attraverso un rigore selettivo che potrebbe apparire, in abbrivo, non coerente. Gli insegnanti devono essere scelti con estrema accortezza e gli studenti, che accedono liberamente alle scelte universitarie senza test d’ingresso, devono essere vincolati a un percorso di studi che non ne favorisca l’uscita a tutti i costi e nei medesimi tempi. Il Ministro Gelmini durante la conferenza stampa di ieri oltre a sfoderare un’oscura e cacofonica nomenclatura per illustrare i punti forti della riforma («istituti tecnici superiori», «liceo delle scienze umane», «il livello B2 dell’apprendimento della lingua straniera», «la tradizione musicale del paese ») ha spiegato che uno dei fini della riforma scolastica è «incanalare i ragazzi in un percorso universitario». Incanalare è il contrario strutturale di scegliere. Avevo intuito che il Governo in carica non avesse inclinazioni socialiste ma, dopo la conferenza stampa di ieri, capisco che non ha più né inclinazioni né intenzioni coerenti al dettato costituzionale. Che, in ogni modo, per il Governo di una Repubblica democratica, dovrebbe essere un dovere


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