Unità: Quella trappola chiamata qualunquismo
Diritti negati
Luigi CancriniFrancesca Canestrelli
Viviamo in Europa, in uno dei Paesi più ricchi del mondo, mondo che è percorso tuttavia dalla sofferenza silenziosa dei vinti, da storie di emarginazione e violenza che non fanno notizia.
Vorremmo dare spazio, in questa pagina, alla voce di chi rimane fuori dalla grande corsa che ci coinvolge tutti, parlando dei diritti negati a chi non è abbastanza forte per difenderli. Sono proprio le storie di chi non vede rispettati i propri diritti a far partire il bisogno di una politica intesa come ricerca appassionata e paziente di un mondo migliore di quello che abbiamo costruito finora.
Scrivete a cstfr@mclink.it
Ho meno di trent’anni, una laurea in giurisprudenza, il desiderio di vivere serenamente la mia vita, il desiderio di avere una casa, anche piccolina, dei figli, un lavoro che non ho. Se a trent’anni non abbiamo una vita nostra, è colpa di chi permette che un datore di lavoro possa reiterare un periodo di stage o possa pagare sotto una soglia minima o di chi non controlla l’effettiva sussistenza di un progetto dietro un contratto parasubordinato o lasci governare le lobby professionali. La vita è diventata impossibile in Italia! È una vergogna. Destra, sinistra, tutti uguali: non si prova vergogna a star dall’altra parte, a parlare di diritti dei cittadini, quando tutto il Paese sa quali sono e quanti sono i privilegi di un parlamentare? Non si prova vergogna neanche un po’?
Non è facile rispondere a una lettera come questa. Sul piano personale sembra un po’ una pugnalata alla schiena per chi, come me e come tanti altri, ha fatto sacrifici grandi in nome di una passione politica da cui si sente sostenuto ancor oggi. Sul piano sociologico propone, nella normalità quasi tranquilla delle sue argomentazioni, l’idea di molti giovani che si rivolgono allo Stato e a chi, secondo loro, lo rappresenta come un bimbo si rivolge a un genitore. Dando per scontato che dovrebbe risolvere i loro problemi. Attaccandolo (“cattivo!”) se non lo fa. Sul piano politico dimostra con quell’orribile «destra, sinistra, tutti uguali»: il trionfo del qualunquismo più sprovveduto. L’indifferenza totale per i contenuti. L’ignoranza, altrettanto totale, dei fatti. Poiché coi figli è giusto parlare anche quando sono gratuitamente offensivi, tuttavia, anche qui oggi conviene parlare. Ricordando, prima di tutto, che lo sfruttamento del lavoro è oggetto di una battaglia politica che dura da due secoli. Sfruttati e oppressi erano i lavoratori di cui parlavano (ed a cui parlavano) Marx, Engels e tanti altri ponendosi come obiettivo di civiltà il riscatto della classe operaia dalla prepotenza dei padroni borghesi e di uno stato schierato, a lungo, solo dalla parte dei borghesi. Molte cose sono cambiate per merito di questa lotta nelle condizioni di chi offre il suo lavoro come una merce dal tempo in cui non vi erano limiti di orario né di età o di salute alla violenza che il più forte (economicamente) esercitava sul più debole. Sinistra e destra si sono definite storicamente, nei fatti, proprio contrapponendosi e scontrandosi su questo: la sinistra schierandosi dalla parte degli sfruttati, la destra da quella degli sfruttatori. Dando luogo allo sviluppo, nel tempo, di compromessi progressivamente più attenti ai bisogni di tutti mentre i governi erano costretti a tenere conto del fatto che gli sfruttati votano. E sono molti. Che sono in grado, per questa via, nei Paesi democratici, di condizionare gli equilibri di potere.
Mentre lo sviluppo delle tecnologie trasforma il mondo della produzione, tuttavia, quello che accade (e che continuerà ad accadere) all’interno dei Paesi in cui si vota e si discute è che lo scontro reale fra chi tenta di sfruttare e chi non vuole essere sfruttato si ripropone all’interno di scenari nuovi. Con strumenti nuovi di cui la tua lettera, nella parte iniziale, è una testimonianza estremamente chiara. Lo sfruttamento dei lavoratori che si giocava un tempo anche da noi in termini di disattenzione alle loro condizioni di vita e di salute, fisica e psichica continua ad essere giocato nello stesso modo, oggi, solo nel terzo mondo, dove le multinazionali approfittano di chi ha bisogno dei loro investimenti. Viene portato avanti da noi, invece, utilizzando la capacità di costringere i lavoratori al precariato. Mettendo in crisi i loro livelli di sicurezza. Impedendo loro di darsi un progetto di vita se, come nel tuo caso, sono socialmente abbastanza protetti. Privandoli di ogni protezione se, avendone un bisogno assoluto, accedono da precari (e dunque senza diritto riconosciuto alla formazione) a lavori pericolosi in cui viene chiesto di rischiare ogni giorno la vita. È sul tema del precariato e del diritto ad una diversa organizzazione e gestione delle condizioni di lavoro che si sviluppa lo scontro politico fondamentale perché (Marx aveva ragione su questo) il costo del lavoro resta la variabile chiave dell’economia e il tasso di rendimento l’obiettivo principale di chi ha i soldi mentre i salari continuano ad aumentare meno velocemente della produzione. Riproponendo un conflitto che oggi come allora si gioca, in politica, fra destra e sinistra. La lotta al precariato rappresenta uno degli obiettivi dichiarati dall’Unione di Prodi e di un governo di sinistra. Aver assunto 200.000 precari nei primi sei mesi di attività non è un risultato da poco soprattutto se si tiene conto del fatto che, secondo recenti dati Istat, la percentuale dei disoccupati è scesa ai livelli più bassi degli ultimi 10 anni. Il numero dei precari che non saranno più tali aumenterà ancora nei prossimi anni quando si tornerà, in Parlamento, sulle parti più deboli della legge 30 fortemente voluta da un governo di destra e che ha dato un contributo grave all’aumento della precarietà del lavoro, soprattutto giovanile. Mentre dalla parte dei lavoratori c’è l’intervento per la tutela della salute nei luoghi di lavoro portato avanti con progetti cui ha lavorato in particolare Giampaolo Patta: un sindacalista che svolge la funzione di sottosegretario al Ministero della Salute.
Questo è il poco (hai ragione) che finora si è riusciti a fare, ma molto più verrà fatto nei prossimi anni se gli attuali equilibri politici verranno mantenuti da chi capisce che destra e sinistra non sono la stessa cosa. Utilizzando la fatica e la pazienza di chi sta oggi in Parlamento e nel governo. Dove tuttavia non sarebbe possibile (vengo qui all’ultimo punto della tua lettera) lavorare ai livelli di difficoltà proposti oggi da un’attività legislativa se le indennità dei parlamentari non consentissero loro di utilizzare (pagandoli) gli aiuti di cui hanno bisogno. Dove non sarebbe possibile per loro dedicarsi esclusivamente e onestamente a una attività assai pesante che si svolge comunque fuori dal normale mondo del lavoro se non fossero protetti come è giusto che sia anche sul piano previdenziale.
Oggi va di moda (far finta di) scandalizzarsi sui pretesi privilegi delle persone che fanno politica. Distogliendo l’attenzione del grande pubblico dall’insieme di persone che si arricchisce ignorando le leggi e/o sfruttando chi lavora per lui. Sapendo bene (i più furbi) o non sapendo affatto (i più sprovveduti) che questo tipo di svilimento dei politici e della politica serve solo a chi, da destra, vuole uno Stato debole: uno Stato che guarda, senza intervenire, al modo in cui i più forti (quelli che votano e fanno votare a destra) sfruttano i più deboli (quelli che dovrebbero votare a sinistra e non sempre, purtroppo, lo fanno).
Diritti Negati