FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3852207
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Quando il sindacato è chiamato a firmare accordi «impossibili»

Unità: Quando il sindacato è chiamato a firmare accordi «impossibili»

Tornano alla memoria, in queste ore, leggendo i dispacci d’agenzia sull’Alitalia, ascoltando nei telegiornali le parole sommesse o gridate di piloti o hostess o meccanici, altre storie.

15/09/2008
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Tornano alla memoria, in queste ore, leggendo i dispacci d’agenzia sull’Alitalia, ascoltando nei telegiornali le parole sommesse o gridate di piloti o hostess o meccanici, altre storie. Storie di altre sconfitte che rappresentarono in qualche modo la fine di un’epoca. Ero stato come cronista, nell’autunno del 1980 per 35 giorni e 35 notti alla Fiat, a Torino. Avevo visto e vissuto quella vicenda sindacale, culminata in una sconfitta. Scrivevo ogni giorno per questo stesso giornale, allora diretto da Alfredo Reichlin, le mie lunghe cronache. Ascoltavo le voci degli operai e quelle dei dirigenti di allora, politici e sindacali: Luciano Lama, Pierre Carniti, Sergio Garavini, Claudio Sabattini, Fausto Bertinotti, Giorgio Benvenuto, Piero Fassino, Diego Novelli, Giuliano Ferrara... Tanti nomi che si accavallano nella memoria, fino alla visita di Enrico Berlinguer, oggetto di tante strumentalizzazioni. Ho rivisto, tempo fa, nel bel film di Francesca Comencini, Fabbrica, Bruno Trentin davanti ai cancelli di Mirafiori che inascoltato, con la sua foga razionale, sosteneva la necessità di abbandonare la perdente lotta ad oltranza per abbracciare forme di lotta articolate, capaci di durare.

Tempi lontani. Oggi quella storia si ripete? I nuovi Cipputi, senza tuta, sono le donne e gli uomini di Fiumicino, di Linate, della Malpensa? C’è chi in questi giorni sostiene che per l’Alitalia ci vorrebbe una nuova marcia dei quarantamila. Il riferimento è a quella manifestazione di massa, non certo spontanea, voluta e organizzata dalla Fiat, che mise in moto il 14 ottobre del 1980, quarantamila tra impiegati, capireparto, capo-officina. Fu l’avvenimento che precipitò le cose, convinse i sindacati a firmare precipitosamente l’accordo, pose fine al blocco dei cancelli della grande fabbrica. Tutto tornò alla normalità ma con migliaia di lavoratori in cassa integrazione e con decimate le rappresentanze sindacali. Il segnale della sconfitta.

L’equazione Alitalia-Fiat sta però poco in piedi. Non so, infatti, che caratteristiche avrebbe una manifestazione di massa sul caso Alitalia oggi. Ho il sospetto che sotto accusa potrebbero e dovrebbero finire innanzitutto quelli che per vincere l’ultima campagna elettorale avevano promesso un futuro radioso alla Compagnia di bandiera. Aveva dichiarato, proprio un anno fa, Silvio Berlusconi: «La risposta ad Air France la darà il prossimo presidente del Consiglio e sarà un chiaro e secco no. Comincio ad operare perché questa operazione possa riuscire e in previsione di avere la responsabilità di governo sono sicuro che arriveremo ad un risultato positivo. Dopo l’annuncio della mia contrarietà, Air France rinuncerà alla partita. Rinuncerà, perché, se sa che il futuro presidente del Consiglio è contrario, farà un passo indietro». E ancora: «Air France rinuncerà alla partita su Alitalia lasciando spazio all’ingresso di Air One, la cui regia nell’operazione considero indispensabile».

Ecco chi ha davvero mandato a monte l’accordo con la Compagnia francese che un anno fa avrebbe potuto rappresentare un salvataggio assai meno drammatico. Ed ecco perché un bis della marcia dei quarantamila potrebbe dirigere i suoi strali più che verso hostess e piloti, verso i saloni di Palazzo Chigi. Se non altro perché tutti capiscono come negli aeroporti non sia in corso una lotta a oltranza, guidata dalle tre Confederazioni. Assistiamo solo a sporadiche e un po’ disperate proteste. Certo c’è attesa e tensione. È del resto tutta gente che ha vissuto sulla propria pelle, in questi lunghi anni, una serie infinita di ristrutturazioni, con cacciata degli «esuberi» e dilagare dei precari, con persino esperienze di quasi cogestione. Hanno visto passare sotto gli hangar decine di manager, spesso promossi non per le loro specifiche competenze in campo aereonautico ma solo per le loro strette parentele politiche. Uomini di fiducia, come si dice. Che per quella stessa salda fiducia sono usciti da quelli stessi hangar con magnifiche liquidazioni ma lasciando strascichi fallimentari. Non hanno pagato nulla, non pagheranno nulla. Pagheranno i nuovi Cipputi dei cieli. Con la consapevolezza che la loro Alitalia non rischia di fallire oggi, è fallita nel corso di tutti questi anni.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL