Unità: Prometti 100, investi 6:dopo la cura-Moratti la scuola è in bolletta
Il ministro trita cifre vuote: ma dall’autonomia all’edilizia passando per l’Inglese lo sfascio è totale
di Marina Boscaino
TRA GLI ECONOMISTI circola la battuta che i numeri parlano, ma dicono quello che vuoi fargli dire. Ha avuto un bel daffare Enrico Letta martedì sera a Ballarò nel tentare di frenare la consueta valanga di cifre da parte del ministro Moratti. Ha cercato di soste-
nere che non era in quel momento in discussione la bontà o meno della riforma, perché tutto ciò che era stato promesso non è stato realizzato. Il piano programmatico approvato per finanziare la riforma - la legge 53/2003 - prevede stanziamenti per 8320 milioni di euro nell'arco di un quinquennio, a partire dal 2004. Oggi invece gli investimenti si sono limitati a 531 milioni di euro: il finanziamento del piano programmatico per i primi 3 anni è stato dunque inferiore al 6,50%. Questa discrepanza tra le intenzioni e la realtà (quella vera) è chiara, se solo si provi ad entrare in una scuola, cosa che evidentemente il ministro non ha fatto spesso. Le parole d'ordine della riforma sono rimaste tali solo sulla carta e gli unici effetti apprezzabili (e sulla realizzazione dei quali c'è stato un effettivo impegno da parte del ministero) sono quelli relativi alla contrazione, al risparmio: meno ore di lezione, la nomina del tutor per quelle scuole che non hanno voluto o potuto opporsi al diktat. O quelli derivati dall'imposizione, perseguita per vie a dir poco fantasiose: la rielaborazione dei programmi, fissata dal decreto 59, e ispirati a scelte discutibili, cui solo alcune case editrici si sono chinate, istituzionalizzando una confusione e una eterogeneità di programmazione nelle classi parallele.
Più volte Berlusconi in campagna elettorale ha sottolineato come l'inglese - grazie ai prodigi della scuola delle «3 i» - sia destinato a diventare la «seconda madrelingua» dei ragazzi italiani: una definizione che suscita non poche perplessità nella sostanza e nella forma… Proprio per quanto riguarda la lingua inglese, secondo quanto si evince dalla tabella inserita nell'allegato al decreto attuativo - al cap. Piani di studio personalizzati nella scuola secondaria di I grado - si può evincere come la riduzione delle ore di inglese sia inferiore di 45 unità orarie rispetto al passato, rafforzando le legittime riserve sulle dichiarazioni del centro destra. E poco importa l'inserimento della seconda lingua straniera obbligatoria, che non fa altro che rafforzare la frammentarietà di conoscenze e competenze dei ragazzi. L'altra «i» del celeberrimo spot berlusconiano, l'informatica, versa in condizioni persino più disastrose. I governi di centro sinistra avevano dedicato all'innovazione tecnologica nella scuola investimenti cospicui - con un finanziamento complessivo di 669 milioni di euro, di cui 507.5 spesi dalle scuole per attrezzature, 88.8 per la formazione dei docenti e 72.7 spesi dal Ministero per attività di sostegno, progettazione, servizi di e-learning, conseguendo il raggiungimento dell'obiettivo fissato dalla Conferenza di Lisbona di un computer per ogni 10 studenti. Dal 2003, terminati gli stanziamenti del centro-sinistra, si è verificato un sostanziale azzeramento dei fondi alle scuole, e lo stanziamento esclusivamente per progetti speciali, che hanno rallentato inevitabilmente il processo di sviluppo tecnologico avviato, e reso impraticabile uno dei 3 obiettivi della scuola delle «3 i».
Drammatico è il decremento della spesa a sostegno dell'autonomia scolastica: dal 1999 al 2006 il Fondo è passato da 669,11 miliardi di lire (521,27 nel 2001) a 181 milioni di euro, in un'inarrestabile e continua diminuzione. La spesa prevista per il 2006 è di 50,148 milioni di euro che - raffrontata con quella registrata nel rendiconto 2001 (ultimo bilancio del centro sinistra) che è di 46,229 mln di euro - evidenzia un aumento che non è nemmeno sufficiente a recuperare l'inflazione, mantenendo costante il valore reale di quella spesa. Inoltre il 96% della spesa totale è rappresentata da stipendi e retribuzioni. Berlusconi non ci ha coperti d'oro, come aveva promesso nel 2001: ma le spese per la retribuzione - legate all'anzianità di carriera - salgono costantemente con l'età e con il seppur misero stipendio degli insegnanti. Per non parlare dei rinnovi contrattuali che - seppure con ritardi notevoli - si sono avuti in questi anni.
Un capitolo a parte è rappresentato dall'edilizia scolastica, dalle contrazione delle cattedre, o dal destino dei precari. Su ognuno di questi temi il tentativo è stato quello di contabilizzare a proprio merito cifre individuate (e finanziate) dal centro sinistra. Che ha davanti a sé - non dimentichiamolo - un cammino difficile.
Quali sono dunque gli aumenti cui il ministro ha fatto riferimento a Ballarò? Quali i dati che continua a recitare? Due sono stati gli aspetti più caratterizzanti di quella sorta di incubo che è stato il mandato della Moratti: da una parte la totale solitudine (che ha volontariamente escluso lavoratori della scuola, studenti, sindacati, associazioni, opposizione) con cui ha tentato di frantumare a colpi di decreti delegati la scuola pubblica italiana. E poi una curiosa propensione a ritenere che il fatto di pronunciare alcune parole, di formulare proposizioni linguistiche relative ad alcuni concetti rendesse le parole fatti, rendesse realtà i concetti stessi. Solo Berlusconi in persona è stato in grado di sciorinare numeri e cifre - tutti convergenti nel dipingere il migliore dei governi possibili, quello di centro-destra - in maniera più incalzante. Poco importa, poi, se quei numeri siano esatti o meno: esistono per il fatto di essere stati detti. Da qui la smaccata predilezione - del premier e del suo ministro - per la forma del monologo. Ma ha destato e continua a destare ammirazione l'apparente convinzione con cui le cifre vengono propinate anche in presenza di interlocutori, anche davanti all'evidenza di dati pubblicati dallo stesso Ministero, come quelli proposti da Letta.
Venerdì sera da Irene Bignardi - esibendo un look veramente sorprendente e un sorriso patinato stampato sul volto - la Moratti ha suggerito nel suo modo educato, al tempo stesso un po' pudico ma ammiccante, che quel cambiamento non era poi così imprevedibile; che gli impegni ministeriali l'avevano costretta, ingessata in tailleur austeri; ma che, in realtà, il nuovo aspetto non era altro che un assecondare gusti, predilezioni, tendenze e stati d'animo naturali in lei, da cui l'alto incarico l'avevano - seppure recalcitrante - distolta. È bastato riparlare un po' di scuola e di riforma solo 3 giorni dopo per farle ritornare - nonostante il look sbarazzino - lo sguardo glaciale e l'implacabilità che le abbiamo riconosciuti nei cinque anni precedenti.
Ma è veramente tempo di un punto e a capo. Sono stati 5 anni faticosi e sofferti per tutti noi. Cerchiamo di lasciarci alle spalle il mito della scuola del Mulino Bianco, i monologhi trionfalistici, lo sperpero degli spot, le bugie, le manipolazioni. Torniamo ad assumerci, con realismo e trasparenza, il compito di restituire e potenziare nella scuola la funzione educativa, civile, aggregante, solidale che merita. Con serietà e rispetto.