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Unità-Pensioni e propaganda, tutto a nostre spese

06.10.2003 Pensioni e propaganda, tutto a nostre spese di Luana Benini È vero che ormai siamo abituati all'invadenza del premier. E che il vaso comincia a traboccare. Quel "basta" coram popul...

07/10/2003
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l'Unità

06.10.2003
Pensioni e propaganda, tutto a nostre spese
di Luana Benini

È vero che ormai siamo abituati all'invadenza del premier. E che il vaso comincia a traboccare. Quel "basta" coram populi a "Domenica in" è un segnale inequivocabile della rivolta che comincia a serpeggiare. Ora il premier ha annunciato che bombarderà urbi et orbi per far digerire la sua riforma delle pensioni. Invierà una lettera a 18 milioni e 900 capifamiglia a spese della Presidenza del Consiglio. Sarà un testo di una cartella, si è appreso, scritto di suo pugno, per spiegare perché serve la riforma sulla base di principi inossidabili. Maroni e Tremonti revisioneranno il testo. E la lettera dovrà arrivare a destinazione prima dello sciopero generale.

Ma lo può fare? È corretto che una chiara iniziativa propagandistica rientri sotto la voce della comunicazione istituzionale? C'è uno scontro in atto molto aspro con i sindacati. Gli italiani ascolteranno la campana rumorosissima del governo che sovrasta tutte le altre in una situazione in cui, fra l'altro, sua emittenza possiede tre tv e ne controlla altre tre (il monologo a reti unificate, sempre sulle pensioni, di qualche giorno fa, insegna).

E poi, è corretto che questa massiccia ondata pubblicitaria sia pagata con i soldi dei contribuenti? Berlusconi sulla riforma delle pensioni si gioca il consenso. È corretto che i cittadini paghino per farsi imbonire? Paghino la propaganda che si fa il premier? Domande che hanno bisogno di una risposta.

Va da sé che il governo può fare comunicazioni istituzionali. Ma cosa sono le comunicazioni istituzionali? L'unico riferimento legislativo è la legge n.150 del 2000 che regola l'informazione nelle amministrazioni pubbliche. In sostanza dice che le amministrazioni possono produrre informazioni per i cittadini a patto che siano di pubblica utilità: "Illustrare le attività e il funzionamento delle istituzioni"; "Promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale". Nel caso della lettera berlusconiana c'è quanto meno il beneficio del dubbio. E tutto dipende dal tipo di lettera che il premier ha intenzione di inviare. Se fosse burocratica ed esplicativa sul ddl varato dal consiglio dei ministri potrebbe anche essere "tecnicamente legittima", commenta Paolo Gentiloni, Margherita. Se invece fosse la trasformazione in lettera del messaggio già consegnato alla Rai, le cose sarebbero certamente diverse e "ciascuno potrebbe accusare il premier di sperpero del denaro pubblico".

"Non si capisce perché - aggiunge Gentiloni - dopo avere già, con dubbia legittimità, chiesto e ottenuto un messaggio a reti unificate per il quale non si capivano le ragioni di urgenza, ora Berlusconi debba fare un ulteriore strappo spendendo denaro pubblico per una sua comunicazione personale agli italiani. Vedremo dal contenuto se oltre ad essere inopportuna è anche illegittima". Secondo il diessino Franco Bassanini, il premier "può illustrare ai cittadini un provvedimento in vigore, già approvato dal Parlamento e non, come in questo caso, una proposta".

Insomma, non può "utilizzare una sua lettera per convincere i cittadini che la proposta è buona, meritevole di essere sostenuta". Se lo fa, allora deve rispettare il dettato della legge, "promuovere conoscenze allargate e approfondite". Che significa "dare la parola anche a chi ha dei punti di vista diversi". Perché i cittadini devono poter valutare la problematica nella sua interezza. Fuori da questi parametri si tratta solo di propaganda. Sulla stessa lunghezza d'onda, Massimo Brutti, secondo il quale la comunicazione del premier si annuncia come "qualcosa di anomalo": "Il governo presenta un ddl? Si discute in Parlamento e l'opinione pubblica è investita della discussione. La comunicazione diretta scavalca il Parlamento e mette un strumento di comunicazione in più nelle mani del premier. Rientra nelle velleità populistico-plebiscitarie tipiche di Berlusconi. È l'ennesima anomalia. Una comunicazione istituzionale è volta a spiegare ai cittadini in che modo possono far valere i loro diritti di fronte a una legge già approvata, come possono usufruirne. Non si può fare propaganda a un ddl che deve essere ancora discusso dal Parlamento".

A monte c'è il problema di una violazione sostanziale delle regole democratiche che impongono un combattimento ad armi pari. "Il consenso politico non può essere influenzato da un massiccio uso dei mezzi di comunicazione - spiega il senatore ds Stefano Passigli -. In un sistema bipolare alle comunicazioni della maggioranza e del governo occorre contrapporre un uguale tempo sui media a disposizione del capo dell'opposizione. Tra lettere agli italiani e discorsi a reti unificate il governo costruisce il suo consenso politico al di fuori della mediazione tradizionale rappresentata dai partiti".

Altri tagliano corto: "Una lettera agli italiani? È un atto politico, non amministrativo. È fuori da ogni regola - dice Gianclaudio Bressa, Margherita -. La può inviare come leader di Fi e pagarsela. Se la fa come presidente del Consiglio gli facciamo pagare le spese postali".

Il Polo fece il diavolo a quattro nel 2001 quando Francesco Rutelli inviò una lettera di saluto alla cittadinanza in concomitanza con le sue dimissioni da sindaco di Roma. An lo stigmatizzò come "un fatto gravissimo", pose il problema della "liceità", della "violazione della privacy", dell'"utilizzo di fondi pubblici". Difese invece a spada tratta i manifesti di sei mesi per tre affissi dal suo ex presidente della Provincia di Roma, Moffa per spiegare i benefici della sua amministrazione. O quelli affissi dal suo attuale presidente della Regione Lazio, Storace, per raccontare le promesse mantenute. Tutto naturalmente a spese delle amministrazioni...


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