Unità: Oltre mezzo milione di precari e atipici
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
di Laura Matteucci
I precari nella pubblica amministrazione sono oltre 500mila, di cui la metà soltanto nella scuola. Negli ultimi cinque anni, il lavoro atipico nella p.a. ha conosciuto un vero e proprio boom: secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato tra il 2001 e il 2005 i contratti a tempo determinato sono cresciuti del 26%. E anche più alti gli incrementi delle altre forme atipiche: i contratti di formazione e lavoro sono quintuplicati, triplicati gli interinali.
Questi i dati diffusi nell’audizione dei rappresentanti della Ragioneria generale alla commissione Lavoro della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul lavoro precario: i contratti precari sono in tutto oltre 280mila ma, considerando anche la scuola, si arriva a più di mezzo milione di persone.
La forma di contratto atipico più diffusa è il tempo determinato: dal 2001 al 2005 il personale con contratto a tempo è passato da 82.063 unità a 103.349. Ad utilizzare i lavoratori a termine sono state in modo crescente Sanità (+33%), poi Regioni e Autonomie locali (+25%). Ma aumentano anche negli enti pubblici non economici (+96%) e delle aziende autonome (+87%).
Il contratto di formazione e lavoro ha riguardato 4.786 persone (857 nel 2001). Negli stessi 5 anni il personale con contratto interinale è quasi triplicato, passando da 3.542 a 9.067 unità.
Il confronto temporale si ferma al 2003 per le collaborazioni continuate e continuative e al 2004 per gli incarichi di studio, ricerca e consulenza.
Nel triennio 2003-2005 gli ex co.co.co sono aumentati di 3.635 unità (+4,1%), soprattutto nella Sanità, Regioni e Autonomie locali.
In assoluto il comparto pubblico che più utilizza i contratti a tempo determinato e formazione lavoro sono gli Enti di ricerca, dove il personale precario è pari al 22% di quello fisso. Nelle Regioni la percentuale scende sotto il 9%.
Nel 2005 i contratti di lavoro atipici sono in totale 505.968, così suddivisi: 103.349 a tempo determinato, 4.786 contratti di formazione, 9.067 somministrazione di manodopera, 34.457 lavori socialmente utili. A questi vanno aggiunti i 225.716 precari del comparto scuola, 93.239 collaborazioni continuate e continuative, 35.354 consulenze di studio e ricerca. Dati «al ribasso - spiega il presidente della commissione, Gianni Pagliarini - perchè non si tiene conto dei lavoratori dei servizi esternalizzati». E, considerando anche il privato e senza parlare nè del «nero» nè delle forme mascherate sotto la voce partita Iva, il fenomeno delle precarietà riguarderebbe quattro milioni e mezzo di persone.