Unità-Non solo pensioni. Il 26 sciopero generale contro tutta la politica economica del governo
10.03.2004 Non solo pensioni. Il 26 sciopero generale contro tutta la politica economica del governo di red Sarà sciopero. Sciopero generale, di tutte le categorie. Di quattro ore. E il 26 ...
10.03.2004
Non solo pensioni. Il 26 sciopero generale contro tutta la politica economica del governo
di red
Sarà sciopero. Sciopero generale, di tutte le categorie. Di quattro ore. E il 26 marzo, questa è la data scelta per l'astensione dal lavoro, il sindacato organizza manifestazioni in ogni città. La proposta, prima ancora che da un voto formale, è stata accolta con un applauso scrosciante. L'applauso che ha accompagnato l'introduzione di Guglielmo Epifani, che, stamane, ha aperto i lavori dell'assemblea nazionale dei seimila delegati delle tre confederazioni, la prima unitaria, di queste dimensioni, dal '94. "Lo sciopero generale di quattro ore con manifestazioni provinciali per il 26 marzo prossimo, che qui oggi decidiamo, è molto più che una azione di protesta, pur necessaria, per l'inaccettabile e iniquo intervento in materia previdenziale deciso dal governo. Diciamo al Paese che siamo di fronte al fallimento della politica economica del governo. Sorprende che ancora oggi il presidente Berlusconi non voglia riconoscere la realtà e continui a raffigurare un paese che non esiste".
Non solo pensioni, dunque. Anche se certo, la controriforma dell'assistenza targata Maroni, è un po' il centro di tutte le proposte sindacali. "Quello che resta della delega, dopo aver tolto la decontribuzione e riattivato il principio della libertà di scelta da parte del lavoratore sul proprio Tfr - ha continuato Epifani - è esplicitamente una scelta dettata dall'esigenza di riduzione della spesa in conformità con i vincoli assunti in sede internazionale, ed è perciò priva di equità e di senso riformatore, né affronta le esigenze sociali dei lavoratori discontinui, dei giovani in formazione e dei processi di mobilità dei lavoratori. E come tale richiede una risposta di lotta dal sindacato. Anche perchè noi pensiamo che la partita non sia chiusa, come si vede dalle grandi difficoltà e divisioni presenti nel governo. Ma il nuovo sciopero parte da una ambizione più alta e obiettivi generali".
Esattamente quelli che Cgil, Cisl e Uil hanno riassunto in un documento intitolato Costruiamo il futuro. Per Epifani, "la parte che si apre sarà insieme una stagione di confronti e di mobilitazione. Di tavoli e di lotta. Nel modo e capacità con cui sapremo stare in campo per rappresentare le nostre ragioni dipenderà una parte importante del futuro del paese e anche del sindacalismo confederale". Sì, perché l'altro dato saliente del prossimo sciopero generale, così come delle iniziative che l'accompagneranno, è la ristabilita unità fra le tre più grandi confederazioni sindacali. "Veniamo da anni di divisioni, che hanno diviso non solo i quadri e i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil, ma anche delegati e lavoratori. sono ancora le parole del leader della Cgil - Abbiamo ricostruito nei mesi scorsi convergenze e un quadro di iniziative e intese unitarie, al centro dei territori". Il messaggio che parte dal Palalottomatica di Roma, invece, "è quello di un sindacato che vuole misurarsi con un bisogno di riforme e di cambiamento, con una strategia non difensiva, in grado di indicare corrette priorità e giusti obiettivi. Lo chiede in tutta evidenza la situazione del Paese e la consapevolezza che oggi è ancora più necessario far assumere al sindacato confederale un ruolo visibile, autonomo e forte di cambiamento".
Da questo ragionamento il segretario generale della Cgil ha quindi chiesto "una svolta radicale di politica economica, di cultura imprenditoriale e di capacità del sistema Paese per ripartire. Ci vogliono tutte le proposte, gli strumenti e le priorità che abbiamo elaborato e avanzato in questi anni. Al centro e negli oltre 500 accordi territoriali, nelle politiche macroeconomiche e in quelle settoriali e di distretto. L'obiettivo della politica economica deve tornare oggi ad essere la crescita degli investimenti, Di quelli privati e di quelli pubblici. E tanto più i primi non si riprendono, tanto più c'è bisogno dei secondi. D'altra parte così fanno oggi tutti i Paesi, da quelli più avanzati a quelli in via di sviluppo".