Unità: Non si taglia così il sapere
Lettere dalla scuola
A Napolitano e Gelmini:
«Non è un movimento
che sa dire solo dei no»
«Vorrei anzitutto rassicurare il Presidente della Repubblica Napolitano: questo non è un movimento che sa dire soltano “no”. È al contrario composto da persone consapevoli dell’importanza di assicurare a tutti i cittadini il diritto ad un’istruzione sempre più adeguata alle necessità imposte dalla complessa realtà che stiamo vivendo e proprio per questo propositivi, disponibili al dialogo e aperti alle novità e proprio per questo capaci di dire no quando questioni fondamentali che riguardano la propria vita vengono affrontate in modo semplicistico, demagogico ed autoritario. Vorrei invitare invece il ministro Mariastella Gelmini ad un gesto di chiarezza che sgombri il campo quantomeno da equivoci sul tempo-scuola. Invece di dichiararsi meravigliata e incompresa, introduca nel testo del decreto poche ma significative modifiche. Scriva nero su bianco che le tipologie di 27 e 30 ore e naturalmente il modello a tempo pieno a 40 ore - con due insegnanti su una classe che sono attualmente assicurati - saranno mantenuti dai necessari adeguamenti in termine di risorse finanziarie e di organici».
Andrea Pioppi, maestro elementare
di Roma
Scuola dell’Infanzia
Resti il team docenti
«Si vuole far regredire la scuola dell’Infanzia alla scuola dei tempi senza tener conto dell’evoluzione che nel corso degli anni l’ha vista protagonista, rendendola sempre più professionale e attenta alle esigenze psicoevolutive dei bambini. Insegno da vent’anni, con passione, e lo faccio con immensa gioia, anche quando lavoro ore in più che essendo volontarie non vengono retribuite. Prima di approdare nella scuola dove attualmente mi trovo, ho insegnanto in altre scuole conservando ricordi cari, incontrando colleghe con le quali ho condiviso, tra l’altro, la nascita dei Nuovi Orientamenti: prezioso strumento che ha reso la nostra scuola dell’infanzia tre le migliori al mondo. Una scuola basata sulla professionalità, collegialità e condivione, dove risulta impensabile poter lavorare senza il confronto quotidiano con la collega di sezione. Sarebbe impossibile nel contesto auspicato dalla Gelmini, poter attuare le strategie educative che connotano la scuola dell’infanzia e che fanno riferimento a osservazioni, sperimentazioni, strutturazione di percorsi, co-progettazioni, valutazioni. Il team docenti ha la visione dell’insieme e quella condivisione di intenti che da soli diverrebbe arida e priva di alcun significato».
Cecilia Fois, insegnante del plesso
di «Porcellana», 2° circolo didattico
di Sassari
Lo stato di diritto
smantellato per decreto
«Questo governo ha battuto ogni record, teso come è a promulgare decreti che abbattono lo stato di diritto ed ogni giorno ce ne fa trovare un piatto appena sfornato, soprattutto sul versante dell’educazione e dell’istruzione. La proposta del maestro unico, che poi non sarebbe unico, ma anche sì; la valutazione tramite un voto secco, sicuramente più comprensibile all’opinione pubblica, solo fino a quando non sarà il figlio a doverne subiere le conseguneze; l’orario scolastico travolto da tagli anzichè ampliamenti, tanto a che serve l’aumento di cultura, di sapere scientifico e tecnologico? infine le classi separate per chi non sala lingua italiana: senza riconoscere la diversità culturale nel rispetto delle leggi. Cos’altro dobbiamo aspettarci dalla creatività dei nostri governanti?
Anna Locchi, insegnante di Perugia
Isolare i bambini stranieri
non ha alcun senso
«Dice Concita De Gregorio che non ci si può ritirare a coltivare il proprio orticello in questo momento: è giusto. E allora ecco l’urgenza di scrivere qualcosa su questa storia delle classi di lingua “a parte” per i bambini stranieri. È il mio lavoro, sono un linguista. Isolare i bambini stranieri in “classe di lingua» non ha senso. Non solo per il loro inserimento sociale, umano e culturale, ma anche, e forse prima di tutto, per il suo inserimento linguistico. Tanti studi scientifici nel campo della linguistica hanno provato che le lingue si “imparano”, meglio si “acquisiscono” in modo naturale e quanto più giovane è l’età tanto più rapido è il processo. Se vogliamo che i bambini stranieri “imparino/acquisiscano” la nostra lingua, prima di tutto dobbiamo metterli insieme a bambini italiani. La capacità di linguaggio è intrinsecamente democratica e ugualitaria: in fondo anche i nostri bambini possono avere un’opportunità in più, anzi tante opportunità quante sono le lingue dei loro compagni stranieri».
Adriana Bellenti, linguista, Siena
Le preoccupazioni
di uno studente
Ci si lamenta da tempo della “fuga dei cervelli” ma se il governo taglia ulteriormente i fondi pensa di risolvere il problema? Chi insegnerà un domani ai nostri fratelli minori e nipoti? E ancora: le università potranno assumere una persona precaria solo quando 5 professori saranno andati in pensione. E le lezioni degli altri 4 prof chi li terrà? Per fare ricerca tecnologica servono fondi ingenti in laboratori e strumentazione. Se si continuerà di questo passo non ci saranno nemmeno più cervelli da far fuggire.
Uno studente del Politecnico di Milano