Unità: «No alla devolution riforma inaccettabile»
L’invito di cinque ex presidenti della Consulta
L’invito di cinque ex presidenti della Consulta
Casavola, Capotosti, Chieppa, Elia, Onida
/ Roma
IL SINDACO di Roma Veltroni non usa mezze misure: la devolution, «per usare un'espressione fantozziana, è “una boiata pazzesca”». Perchè, dice, non prevede
un livello organico di assetto tra i diversi poteri istituzionali. Dopo il referendum bisognerà mettere mano a una riforma che nasca dalla collaborazione tra maggioranza e opposizione».
Un’opinione largamente condivisa, che raccoglie anche l’autorevole parere di cinque ex presidente della Corte Costituzionale, Nel referendum confermativo che si terrà il 25 e 26 giugno non c’è alternativa al «no»: quelle riforme sono «inaccettabili, incoerenti, insoddisfacenti», «uno sfacelo della tecnica legislativa». Francesco Paolo Casavola, Piero Alberto Capotosti, Riccardo Chieppa, Leopoldo Elia e Valerio Onida prendono una posizione netta nel corso di un convegno all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana su «Cattolicesimo italiano e riforme costituzionali». I cinque presidenti emeriti della Consulta bocciano il merito e il metodo che ha portato all'approvazione delle riforme con cui si vogliono modificare ben 52 articoli della Costituzione. Ciò non toglie - concordano - che la Carta del ‘48 non possa essere in parte riveduta. Ma non a colpi di maggioranza né intervenendo su parti così ampie. Dice Casavola: «Dal giorno successivo alla bocciatura di queste riforme si può riprendere il confronto sulla revisione della Costituzione. Ma occorre un clima di serenità emotiva, mentre quel che sta avvenendo negli ultimi dieci anni non garantisce la serenità». Piero Alberto Capotosti si sofferma sui «poteri anomali» che le riforme costituzionali della Cdl attribuiscono al premier (in particolare il potere di scioglimento della Camera) e sulla «forte incoerenza» tra la devolution e la successiva riforma elettorale. E auspica che dal referendum di giugno esca un secco «no». Senza aabbandonare «la discussione su alcuni aggiustamenti della Costituzione, che è cosa ben diversa dal modificarne 52 articoli su 85». Servirebbe un clima da bicamerale nel 98, anche se alcune di quelle proposte suscitarono perplessità tra i costituzionalisti su molti punti, Ancora più netto un altro presidente emerito della Corte Costituzionale, Riccardo Chieppa, che definisce le riforme della Cdl il frutto dello «sfacelo della tecnica legislativa» perchè il secondo esame di Camera e Senato del ddl costituzionale è avvenuto con un solo voto finale e non su ciascun articolo: «Non è possibile che, con un avvicendamento politico continuo, ciascuna maggioranza dia vita alla sua Costituzione. L'unica alternativa è che al referendum vinca il “no”: le modifiche alla Costituzione vanno fatte con un altro metodo, un'altra forma di dialogo e un'altra cultura». Leopoldo Elia, ex presidente della Corte Costituzionale e ora nel comitato scientifico “Salviamo la Costituzione”, mette l'accento sul ridimensionamento che Camera e Senato (federale) avranno con il rafforzamento del premier («o si adotta un voto conforme alla volontà del presidente del Consiglio , oppure il Parlamento viene sciolto»). E ancora: «Come possono essere “spacchettate” le materie di competenza della Camera e quelle del Senato federale? Tutto ciò può creare conflitti». Elia plaude al programma dell'Unione che parla di innalzamento del quorum per modificare la Costituzione, così da arrivare a «un largo consenso». Valerio Onida è anche più netto: «Non esistono le condizioni, le premesse e le esigenze per passare a una nuova Costituzione. Può esserci l'esigenza di modifiche puntuali». Peraltro, la riforma votata con i voti della Cdl utilizza le «in modo distorto le parole»: si parla di devolution ma anzichè trasformare radicalmente la Carta si sarebbero potute fare «ragionevoli correzioni» alle riforma del titolo V della Costituzione varata nel 2001 dal centrosinistra.