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Unità-Niente contratto, il Pubblico impiego si ferma

Niente contratto, il Pubblico impiego si ferma Scuole e uffici chiusi. Sanità a ritmo ridotto. A Roma corteo di 100mila lavoratori Felicia Masocco ROMA I dipendenti pubblici oggi...

18/03/2005
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l'Unità

Niente contratto, il Pubblico impiego si ferma

Scuole e uffici chiusi. Sanità a ritmo ridotto. A Roma corteo di 100mila lavoratori

Felicia Masocco

ROMA I dipendenti pubblici oggi di nuovo in piazza per far cambiare rotta al governo, chiedono che i loro stipendi stiano quantomeno al passo con l'inflazione e sono convinti che il contratto non è una gentile concessione di questa o quella controparte pubblica ma un loro diritto, per la controparte è un dovere. Quello di oggi è il terzo sciopero in un anno, ma in quattro anni sono stati ben dieci. Ce ne sono voluti sette solo per avere il rinnovo del contratto precedente. La protesta è stata proclamata da Cgil, Cisl e Uil, dall'Ugl e Cisal (che non prendono parte alla manifestazione) e dai sindacati di base, Cobas e Unicobas (che marceranno separatamente). Una protesta corale, senza troppe distinzioni di tessera, che riguarda tutti i comparti pubblici fermi per otto ore, nei servizi essenziali come la sanità saranno garantite solo le urgenze. Sciopera anche la scuola che ha raddoppiato le motivazioni e al contratto da rinnovare ha aggiunto la riforma Moratti da dismettere. Insegnati e studenti manifesteranno a livello provinciale, a Roma la scuola chiuderà il corteo che partirà da piazza della Repubblica per arrivare in piazza San Giovanni dove prenderanno la parola i leader di Cgil, Cisl e Uil. A Fianco dei lavoratori, i partiti dell'opposizione, dai Ds a Rifondazione.
I contratti sono scaduti da quindici mesi, i sindacati chiedono aumenti pari all'8% e, sebbene Confindustria non sia d'accordo, si tratta di richieste che rispettano il protocollo del luglio '93, l'intesa che stabilisce regole e scadenze della contrattazione. Quell'accordo non è stato ancora disdettato, ma per il governo è come se lo fosse. Dopo aver aspettato mesi e mesi, martedì a Palazzo Chigi i sindacati si sono visti "offrire" aumenti del 4,3% che per i ministeriali - il comparto che da sempre fa da parametro nelle trattative - sono 86 euro lordi, 89 per la scuola, 76 per le autonomie locali, 103 per i parastatali. Per il governo la media fa 95, per i sindacati più di due milioni di lavoratori (tanti sono scuola, ministeriali e autonomie locali) avranno incrementi compresi tra i 76 e gli 89 euro. Questo è quanto, non ci sono altre risorse, dicevano Letta, Siniscalco, Maroni e Baccini nel salone verde di Palazzo Chigi. Quasi in contemporanea, Silvio Berlusconi in tv annunciava il terzo modulo del taglio delle tasse che verrebbe a coincidere con la campagna elettorale per le politiche. Insomma, la rielezione del premier va pagata sacrificando (anche) le retribuzioni pubbliche.
Il tavolo comunque è "apparecchiato", i sindacati non si sottrarranno al negoziato. Sempre che di questo si tratti, visto che sono stati annunciati tavoli tecnici quando invece l'unico punto da approfondire è la volontà del governo di salvaguardare il potere d'acquisto di oltre tre milioni di persone. E non sembra questa l'aria che tira. Ieri, alla vigilia dello sciopero, il ministro del Lavoro (pubblico e privato) non ha usato le parole che ci si aspetta da chi guida quel dicastero. Le richieste dei sindacati sono "impossibili", la propaganda invece si può fare: "I soldi non ci sono - afferma infatti Maroni - per trovarli bisognerebbe aumentare le tasse e non mi sembra il momento". "O si chiude così o non credo sia utile andare oltre". A fargli eco il ministro dell'Economia, Siniscalco, che ha ricordato come la contrattazione per gli statali sia fuori dal tetto del 2% della Finanziaria. "Basta con queste punture di spillo", ha replicato il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo, "queste dichiarazioni rischiano di inficiare la trattativa prima di nascere".
I presupposti ci sono tutti, per questo uno sciopero "importante" e "una grande manifestazione", "mai come oggi l'obiettivo è chiaro - ha detto Guglielmo Epifani - spostare le posizioni del governo e chiudere i contratti scaduti. Si vedrà se il tavolo aperto è fittizio oppure è un tavolo reale di trattativa". E se è così "non potrà essere una trattativa del gambero, il governo non può partire da 4,3%, altrimenti è inutile". Dopo lo sciopero la Cgil si aspetta dei cambiamenti e se li aspetta anche la Cisl con Savino Pezzotta che parla di "scrollata finale" per favorire l'esito positivo della vertenza. "Andrà bene - afferma il leader della Cisl - e occorre considerare che è il terzo sciopero che i lavoratori pagano". Da via Po l'unica stima della partecipazione: "saremo 100mila". Arriveranno da tutta Italia, ultimi i lavoratori dalla Sicilia, i loro treni sono attesi alle 9 alla stazione Tiburtina. Il corteo partirà alle 10.


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