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Unità: Nel mondo 70 milioni di bimbi senza scuola, 250mila sono soldati

Il rapporto di Save the Children. Dure accuse al governo italiano avaro di fondi ma «generoso» nella vendita di armi ai Paesi in guerra

16/10/2008
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l'Unità

di Emiliano Dario Esposito

UN FUTURO Riscrivere il futuro, quando quello che si prospetta per milioni di bambini è senza speranza, segnato. Ci sta provando Save the Children, che ha

presentato ieri il rapporto sui primi due anni della campagna «Riscriviamo il Futuro», incentrata sullo sviluppo scolastico e la cessazione dell’uso di bambini soldato nei paesi in conflitto. Un tentativo che sta dando i suoi frutti, ma che vede le istituzioni - mondiali, ma italiane in particolare - insensibili, assenti.

La fotografia della realtà presentata dall’associazione è inquietante. L’indifferenza dei Paesi ricchi fa sì che 70 milioni di bambini non possano andare a scuola, ipotecandone la vita, svalutandone ogni potenzialità. Facendone facile preda di fondamentalismi, di promesse di «giochi di guerra» da parte di uomini senza scrupoli. Le cifre sono terribili: 250 mila minori suono attualmente arruolati in eserciti non governativi. Di recente in guerra due milioni sono morti, sei milioni sono stati feriti, resi invalidi o hanno subito gravi traumi psicologici.

E sotto il fuoco delle armi e della violenza collassa anche il sistema scolastico dei paesi in conflitto: insegnanti uccisi, scuole distrutte o trasformate in caserme. In Afghanistan, ad esempio, solo la metà dei bambini tra i 7 ed i 13 anni frequenta la scuola. In Nepal i maoisti, ora al governo, chiusero mille scuole e rapirono 12 mila studenti per indottrinarli o arruolarli nell’esercito ribelle.

Vernor Munoz - responsabile delle Nazioni Unite per il diritto all’educazione - parla della scolarizzazione come del primo dei diritti inalienabili. «La Dichiarazione Universale dei diritti umani, la Carta dei diritti dell’infanzia e lo Statuto di Roma affermano chiaramente - spiega Munoz - che il diritto all’educazione non è suscettibile di sospensioni, la guerra non può tenere i bambini lontani dalla scuola. L’istruzione riunisce le giovani vittime della guerra, ne ricuce il tessuto sociale».

A proposito di quanto la campagna «Riscriviamo il Futuro» non sia sostenuta dal governo italiano, Valerio Neri - direttore generale di Save the Children Italia - è chiaro: «Nel 2007 Save The Children da sola in Italia ha raccolto 2,5 milioni di euro, laddove il governo italiano ne ha stanziati soltanto tre». Il nostro Paese, del resto, è al terz’ultimo posto nella lista dei grandi donatori in aiuti all’istruzione di base. «Siamo una nazione ipocrita - continua Neri - noi, come gli altri del G8, vendiamo armi a stati che non rispettano i diritti umani, stati che fanno imbracciare queste armi ai bambini. L’Italia tra il 2002 ed il 2007 ha venduto armi in Uganda, Eritrea, Algeria, Colombia, Congo». Ma anche Afghanistan, Burundi, Ciad, Nepal, Nigeria, Pakistan, Sierra Leone. Soprattutto bombe a grappolo, «dormienti» fino a che non vengono calpestate, spesso proprio da bambini. E intanto il nostro governo riduce i fondi per la cooperazione internazionale.

I Paesi del G8, Italia compresa, detengono l’84% delle esportazioni di armi nel mondo. I compratori, d’altra parte, sono Stati che spendono 18 milioni di dollari l’anno in armamenti e nulla per le proprie scuole: considerano i figli delle loro terre come niente più che soldati.

Non c’è soltanto denuncia, nel rapporto di Save the Children: a due anni dalla partenza dell’iniziativa «Riscriviamo il futuro» l’associazione ha raggiunto risultati concreti. Sei milioni di bambini hanno adesso garantita un’educazione primaria, grazie a donazioni per un totale di 300 milioni di euro. La raccolta di fondi continua, ma l’obiettivo di creare un movimento, di coinvolgere i governi dei paesi più sviluppati, è ancora lontano.


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