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Unità: Mussi: per la ricerca un patto con le imprese

Un piano decennale per assumere i giovani universitari: «Dobbiamo rientrare in Europa» Sgravi fiscali per chi investe, presto incontro con Confindustria. Stop alla burocrazia

13/06/2006
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l'Unità

di Roberto Monteforte / Roma

«ITALIA, BENTORNATA in Europa». È l’augurio che i colleghi europei hanno rivolto al ministro della Ricerca e dell’Università, Fabio Mussi nel recente vertice Ue di Bruxelles. È lui stesso a raccontarlo soddisfatto ad una platea attenta di ricercatori, docenti e

studenti che affollano la sala dell’hotel Quirinale a Roma al convegno organizzato dai Ds sui «Primi passi del governo Prodi». «Si è rotto l’isolamento al quale la Moratti e Berlusconi avevano condannato il nostro paese» commenta. «L’Italia era osservata speciale»: questa è stata «la penosa impressione di isolamento e provincialismo» in cui è caduta l’Italia che ha rilevato partecipando al recente Consiglio Ue sulla competitività. Colpa delle scelte della Moratti, che si è messa di “traverso” contro il programma sulla ricerca fondamentale e contro la costituzione del Consiglio europeo della ricerca. È questo che ha caratterizzato la posizione italiana in Europa, insieme all'adesione alla Dichiarazione etica sulle staminali. Mussi ha ricordato come abbia ribaltato questa posizione. Nessun rammarico per le reazioni critiche di parte cattolica al ritiro: «Ho anche ricevuto attestati di stima da parte di cattolici». Il punto, ha sottolineato, «è se fosse giusto che l'Italia ponesse un veto a ricerche che si svolgono con criteri rigorosi in altri paesi, usando il principio della minoranza di blocco per esportare la nostra legislazione». È necessario avere «il senso dello spazio europeo, in cui diverse legislazioni concorrono, mantenendo in mano pubblica autorizzazioni e controlli della ricerca». E continua il giudizio sui cinque anni di gestione Moratti-Berlusconi: «L'Italia è stata ridotta in una condizione penosa di provincialismo, autarchia e aziendalismo da quattro soldi». Come risalire la china? Intanto avendo il coraggio di avanzare «idee forti e radicali». «Con il riformismo dall'alto non si va da nessuna parte». Questo non vuole dire buttare all’aria la riforma universitaria del ‘99. Se ne farà un bilancio molto serio «per apporvi le correzioni necessarie». Ma un punto fermo lo indica: «Tutto e tutti devono essere sottoposti a valutazione di qualità e di merito. I giovani che aspirano ad entrare nell’università, ma anche chi già ci lavora». Mussi non scorda quei 30 mila «ricercatori-docenti» senza i quali tante facoltà chiuderebbero: «Devono poter entrare nell’università». Non parla di numeri e di tempi: «È un problema di risorse ed è noto il quadro di serie difficoltà finanziarie nel quale ci muoviamo. Su questo non posso prendere impegni». Ma la volontà è chiara: portarli dentro tutti. «I numeri si faranno quando sarà pronto il piano pluriennale, ma l’università ha bisogno di energie giovani».

Non solo. Va distribuito quel potere oggi accentrato in poche mani. È il caso dei docenti presenti in più di una commissione ministeriale. «Sono forme di concentrazione del potere che devono essere sciolte. Controllati e controllori vanno separati e il potere va distribuito, non concentrato. È una questione di democrazia» scandisce Mussi che annuncia per oggi un preciso atto di indirizzo in merito. L’altra carta da giocare è quella dell’istituzione di una grande agenzia indipendente di valutazione. Poi la stretta sulle «lauree facili» e sui crediti riconosciuti ai dipendenti di enti pubblici in «convenzione» con gli atenei. «Perchè - si è domandato - non vale anche l’esperienza di un contadino o di un operaio?».

Puntare sulla ricerca e l’innovazione significa trovare risorse anche di privati. «Stiamo pensando ad un intervento sul mercato dei capitali e sul sistema fiscale che favorisca la destinazione di risorse verso la ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico» afferma Mussi, annunciando a breve un incontro con Confindustria. È un passo pensato insieme ai ministri Bersani e Nicolais. Ma vi è anche un problema di gestione della ricerca. Sotto accusa è quella del Cnr. «Ha suscitato tante proteste e malumori» rileva diplomatico il ministro. Che aggiunge «Quella miscela tra burocrazie e spoil system hanno provocato molti danni». La testa del contestato presidente, Fabio Pistella, la chiedono esplicitamente il responsabile «saperi» della Quercia, sen. Andrea Ranieri e quello per la ricerca, on. Walter Tocci. Ranieri ha sottolineato la novità politica rappresentata dalla «partecipazione» e «dal riformismo dal basso» sui temi della conoscenza. Nel pomeriggio ha preso la parola il ministro per le Riforme e l’innovazione, Luigi Nicolais. Parla dell’esigenza di introdurre innovazioni e cultura dell’innovazione anche nella pubblica amministrazione, rispettando la regola delle tre C: competenza, consenso e competitività. «È finita l’autarchia italiana» ha commentato Tocci che ha proposto una «politica estera per la ricerca». È per una deregulation normativa: «Bisogna smantellare le clientele della Moratti» e puntare su «autonomia e responsabilità».


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