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Unità: Mussi: «Mai più tagli alla ricerca»

La sforbiciata del Dpef sarà corretta in Finanziaria. Me ne faccio garante Buoni i primi passi del governo: primato all’interesse collettivo e lotta all’evasione fiscale

11/08/2006
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l'Unità

di Simone Collini / Roma

«SONO QUI PER SOSTENERE l’università e la ricerca, non per abbatterle». Fabio Mussi non ha gradito il taglio del 10% dei fondi per la gestione degli Atenei inserito nel Dpef e approvato con il decreto Bersani-Visco. «Per il 2006 faremo tutti uno sforzo ecce-
zionale, ma la cosa non si deve ripetere per gli anni successivi», dice il ministro dell’Università e della ricerca. L’esponente Ds fa un bilancio dell’avvio di legislatura e guarda alle prossime tappe. Ad alleati e colleghi di governo lancia un messaggio: «Ora bisogna correggere in Finanziaria». In caso contrario, «si tratterebbe di un’altra politica». E al quel punto, lascia intendere, ci vorrebbe anche un altro ministro.
Prodi intende modificare la legge elettorale.
«Anch’io lo vorrei. Spero che ci siano i numeri parlamentari per farlo. Ricordo che provammo, anche in un’altra condizione, ad arrivare al doppio turno di collegio, senza però riuscirci. Naturalmente se si può cambiare è meglio, intanto però dobbiamo impegnarci a finire questa legislatura con questa maggioranza».
E come si fa?
«Consolidando la coalizione, senza dimenticare che è indispensabile fino all’ultimo voto, e tenendo unita la maggioranza intorno al governo, che deve procedere con il suo programma».
C’è anche chi sostiene che il governo rischia se non nasce il Partito democratico.
«Sul tavolo c’è sostanzialmente un’ipotesi di fusione tra Ds e Margherita. E io penso che nello spazio che occupano non ci sia un solo partito. Temo anche che l’operazione possa introdurre elementi di instabilità, nei due partiti e tra i due partiti. E certo non favorirà i rapporti con gli alleati perché stimolerà il desiderio di visibilità».
È preoccupato?
«Mi pare che fatichi molto questa ipotesi a concretizzarsi. Non è stato sciolto nessun nodo, a partire da quello della collocazione internazionale, che poi vuol dire identità di un partito. Quelli che sottovalutano la questione dell’identità dei partiti non hanno piena consapevolezza di cosa siano i partiti».
Dice Prodi che mai un governo ha avuto risultati così importanti in soli due mesi.
«Con il decreto sulle liberalizzazioni abbiamo riaffermato il primato dell’interesse collettivo e avviato la lotta all’evasione».
La destra sostiene che siete ingenui a pensare che possa bastare per mettere a posto l’economia.
«L’evasione fiscale è innanzitutto uno dei principali attentati alla tenuta della società e al funzionamento della democrazia. Le tasse non sono piacevoli, tuttavia sono il premium libertatis. Noi viviamo liberi in una società perché il prelievo fiscale stabilisce un principio di uguaglianza e un dovere di ciascuno verso tutti. Governi o classi dirigenti che invitano alla disubbidienza fiscale introducono un veleno nell’organismo della società».
Il bilancio per quel che riguarda la politica estera?
«È evidente che c’è un nuovo protagonismo dell’Italia nella scena internazionale. Oggi siamo un paese che sta nel quadro delle alleanze europee e atlantiche ma che afferma la sua autonomia, che si sgancia dalle improvvisate coalizioni degli willings, che hanno prodotto effetti oggi sotto gli occhi di tutti».
Si riferisce anche a quanto avvenuto a Londra?
«La minaccia terroristica è presente e attiva. L’idea di combatterla con la guerra preventiva si è dimostrata assolutamente sbagliata, ha prodotto effetti contrari a quelli annunciati. Come del resto quanti si opposero all’invasione dell’Iraq avevano previsto».
Dopo la pausa estiva affronterete la Finanziaria: sarà più leggera del previsto, come chiede il Prc?
«La ripresa della produzione industriale e il maggior gettito possono avere effetti sulla manovra, certo. Ma visto che non puntiamo a una politica recessiva bensì allo sviluppo, eventuali risorse possono essere impiegate per gli investimenti».
In che settori dovranno essere impiegate, secondo lei?
«Prodi ha sempre detto che servono investimenti per la ricerca, per ridurre il lavoro precario e per lo sviluppo. Condivido, e mi aspetto che sia questa l’agenda delle cose da fare».
C’è stato però un taglio del 10% alle spese di gestione degli Atenei.
«E infatti ho protestato. Non possiamo permetterci il definanziamento della formazione superiore e della ricerca. È ovvio che in un regime di relativa penuria i soldi che ci sono vanno spesi bene, senza sperperi né distribuzioni a pioggia. Però noi siamo significativamente sotto le medie mondiali. Se ci guardiamo attorno c’è un impressionante boom delle spese per formazione superiore e ricerca».
E noi?
«Noi siamo un paese paradossale perché siamo ultimi nel G8 per spesa pro capite in ricerca e sviluppo e nonostante questo riusciamo a produrre una qualità che ci fa essere terzi per produttività scientifica».
Meglio no? Poca spesa, molto guadagno...
«Sì, se non fosse che così rischiamo di diventare una grande cava di materiale umano pregiato. Questa qualità viene prelevata, gratis, ed entra in altri sistemi nazionali».
A parte il governo, chi può evitarlo?
«L’Italia ha un problema in più rispetto altri paesi: l’investimento pubblico non è molto lontano dalle medie Ocse (ricerca 0,72% del Pil, università 0,88). Manca però l’investimento privato. Per ogni euro che ci mette lo Stato, l’impresa ci mette 0,4. Occorre favorire una più alta propensione delle imprese a investire, anche attuando una politica fiscale adeguata. Ma se non c’è un salto culturale anche degli imprenditori italiani, continuiamo a soffrire questo definanziamento».
I tagli alla ricerca introdotti nel Dpef saranno in Finanziaria?
«Mi rendo conto che in una fase di risanamento dei conti pubblici sia necessario uno sforzo eccezionale, e quindi per il 2006 la situazione è questa. Ma non si può fare il bis per gli anni successivi. Ulteriori soldi non possono essere tolti, ne va di uno dei principali fattori di qualità e di competitività. L’enfasi posta su questo nel programma dell’Unione, e che ha sempre posto Prodi, non deve perdersi. Bisogna ora correggere in Finanziaria. Altrimenti, diventa un’altra politica. E io sono qui per sostenere l’università e la ricerca, non per abbatterle».


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