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Unità-Maturità d'Autodifesa

Maturità d'Autodifesa Sagome di Fulvio Abbate Una lettrice milanese (che, beninteso, è anche un'amica) Silvia Palombi, di professione editrice d'arte, mi ha inviato un messaggio ch...

23/06/2004
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l'Unità

Maturità d'Autodifesa

Sagome di Fulvio Abbate

Una lettrice milanese (che, beninteso, è anche un'amica) Silvia Palombi, di professione editrice d'arte, mi ha inviato un messaggio che riporto qui di seguito senza tagli rilevanti né altro, anche perché si tratta di un documento che riferisce intorno a uno stato d'animo piuttosto significativo: "... perché non scrivi qualcosa sull'attenzione stucchevole nei confronti degli esami di maturità che ogni anno a giugno si abbatte dalle pagine di tutta la stampa sulle nostre teste? Sinceramente non se ne può più, di interviste prima (cosa mangi, come la vivi, dormi, hai studiato, che fai l'ultimo giorno prima) domande prima di entrare all'esame (come ti senti, sei preparato, cosa immagini per l'argomento della prova scritta) e all'uscita come all'uscita dai seggi elettorali manco Mannheimer aspettasse gli exit poll. C... santissimo ma chi ha tanto interesse a tutto questo? I produttori di zaini, agende e quaderni? La confederazione dei bidelli? I produttori di stimolanti della memoria? Quelli di bigliettini adesivi per gli appunti dell'ultimo momento? (qui l'anagrafe mi segna irreparabilmente: non mi viene da pensare al palmare microscopico...). Che palle, e poi i ragazzi si suicidano per un tre, ci credo, tutto il paese pende dalle loro pagelle. Viva la faccia di quando ho dato gli esami io, nessuno ci si filava di striscio tranne che in famiglia e anche lì con grande equilibrio e discrezione; e se passavi e avevi l'improntitudine di chiedere un regalo ti veniva risposto che avevi fatto niente altro che il tuo dovere, come papà e mamma lavoravano tu studiavi e che non rompessi le palle, con amore naturalmente. Che ne pensi?"
Lo sfogo della signora Palombi mi trova abbastanza impreparato. Nel senso che mettersi lì a combattere contro l'ovvio e i luoghi comuni è abbastanza frustrante, inutile, vano. Certo, non molti anni fa provai a compiere qualcosa di titanico denunciando i discorsi sull'imprevedibilità del clima sempre più debordanti sia sulla carta stampata sia in televisione, non credo però che il mio sdegno e la mia protesta abbiano sortito qualche tipo di effetto benefico. Nel caso degli esami di maturità è però diverso. C'è di mezzo un fatto di cultura, nel senso di consapevolezza d'esserci nel tempo e nella storia. Facciamo un esempio drastico: siamo un paese che precipita sempre più e sempre meglio, insieme alle sue classi dirigenti, verso l'analfabetismo culturale e (per non parlare della memoria) civile. Basta guardarsi intorno, basta sentire i discorsi che si fanno in giro, per rendersene conto, basta sentire l'eloquio di certi ospiti invitati a pubblici dibattiti. Il potere lo sa bene. Cosa fa allora? Corre ai ripari, decidendo di trovare una giustificazione ai propri figli ignoranti, difendendo così se stesso, la propria indifferenza verso la complessità o forse perfino verso le stesse nozioni di base. E dunque, azzardo, accennare al trauma degli esami di maturità corrisponde a un'azione di autodifesa, di legittimazione ulteriore della propria ignoranza capresca. Personalmente, se mi ripenso al tempo di scuola non posso fare a meno di ritrovare un ragazzo che pretendeva il voto politico. Sempre personalmente, se mi chiedessero di mettermi nei panni di un insegnante al giorno d'oggi - prendetelo per un paradosso, ma non poi così lontano dal mio vero pensiero - sarei un vero caino, un vero caino patentato, godrei come una biscia a bocciarli tutti, farei domande trabocchetto, sarei appunto un professore senza pietà, una carogna, anche a costo di rischiare l'incolumità. Ora l'ho detto. Va bene così?
f.abbate@tiscali.it


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