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Unità: Marcella, la prof «Oggi dovevo essere qui»

54 anni, una vita alle elementari: «La politica non c’entra, tolgono il futuro ai nostri ragazzi»

18/10/2008
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l'Unità

di Federica Fantozzi / Roma

L’UNICO striscione che non sanguina è il suo: «Gelmini risplendi di luce propria? Ai posteri l’ardua sentenza». Se non si scioglie sotto la pioggia, è merito del ferro da stiro passato sui colori acrilici. Destinati agli alunni, ma, come per risme di carta, scotch e

pennarelli, non c’è peculato: «Se tieni al lavoro che fai, ti metti le mani in tasca e compri i materiali che non ci sono».

Marcella Patassa insegna italiano e storia alla primaria Giuseppe Verdi di Santa Maria delle Mole, Castelli Romani. Una scuola normale, non di trincea: 280 bambini, 14 classi da 16 a 25, due stranieri ognuna, 33 docenti, palestra e cortile di cemento, la richiesta al Comune di un pezzo di giardino per giocare.

Una maestra normale: 54 anni, piccola e bruna, pantaloni gessati e golfino sotto il k-way, occhiali dalla montatura trasparente. Davanti ha la pensione tra 6 anni, alle spalle 32 di insegnamento tra ruolo e fuori ruolo. A Lavinio, ad Ariccia, a Cava dei Selci, alle scuole serali, un anno dalle suore oblate. Nell’82 è stata quel maestro unico che ora tornerà: «Ma sono altri tempi. Prima si trattava di leggere, scrivere e far di conto». Gli ex allievi le scrivono, ma il vicolo della nostalgia è cieco: «La società è più veloce, pressante. I bimbi hanno difficoltà a mantenere l’attenzione. Quando le mamme non lavoravano il doposcuola era un’opzione, ora il tempo pieno è una benedizione».

Alla scuola «G.Verdi» si fanno 40 ore con due insegnanti, più inglese e religione. La retta costa 86 euro a trimestre; la mensa 2,75 dal primo al dolce. Si pagano a parte il pulmino e la «prescuola» mattino o sera. Santa Maria è un paese di pendolari, la scelta obbligata per figli di operai, artigiani, professionisti.

Marcella non ha tessere di partito, vorrebbe prendere «un pezzetto dall’uno e dall’altro», non ha protestato contro Moratti e Fioroni, diffida degli «estremisti». Quando i ragazzi fradici urlano al ministro «vaffanculo» e «buttana», sussulta: «A volte ti riducono in un modo...». Si è chiesta se scendere in piazza, si è risposta che lì i greci discutevano tutto ed era una democrazia. In gruppo hanno preso il treno per Termini: «La G. Verdi ha chiuso i battenti per un giorno».

Per 1600 euro, la sua giornata comprende sveglia alle 7, colazione, tragitto da Due Santi, la frazione di campagna in cui abita, lezione, rientro, pranzo, faccende di casa, correzione dei compiti dalle 16 alle 20, cena. Fannulloni? Ore vuote? Sogghigna: «No, usate per progetti. Gite, cura dell’ambiente, educazione al gusto. Con i bambini non puoi correre, devi ascoltarli». C’è il giornalino con le pagine «accade nel mondo» e «accade a scuola» e il concorso di poesie. Marcella lo accantona: «Non sarà più possibile. I tagli significano, semplicemente, nozionismo anziché creatività. Ci sarà un impoverimento didattico, culturale, umano». Il maestro unico del nuovo millennio segnerà la fine del rapporto uno a uno: «Impossibile con 30 ragazzi».

Nubile, sei nipoti tra 15 e trent’anni, scarpina fino a San Giovanni pensando ai precari senza futuro. Non alle sue incertezze: se i suoi 19 allievi finiranno accorpati, se rimarrà di serie A o B, se finirà in un ministero. Non teme il grembiule né i voti, ma strutture fatiscenti e aule-ripostiglio: «Non c’è la metratura, nessun edificio è a norma». Il peggio? «Le classi differenziali è razzismo». Quell’argomento è miele, i colleghi accorrono, negano rallentamenti: «In un mese uno straniero impara l’italiano e un italiano che c’è chi lascia gli affetti per mangiare». I timori di Veronesi? «Un bravo scrittore ma non un genitore illuminato».

Si pensa alla bimba rumena che non spiccicava una parola e la classe l’ha aiutata con le immagini, e se l’è cavata alla grande. O al bulgaro, figlio di ragazza madre, che in aula non studiava ma aveva amici. Ai casi «problematici» con handicap o genitori separati.

Intorno, corrono piccole sagome: giusto portare i bimbi ai cortei? «Devono sapere cosa accade intorno, se non troppo piccini». In classe lo spiega? «Parlo poco, insegno che ogni messaggio va letto tra le righe». Cosa le mancherà di più? «Gli insegnanti di Frosinone e della Calabria, con le graduatorie provinciali - dice Marcella che è umbra di Sellano - Sono bravissimi».

Dopo una vita defilata usa parole come «lotta» e «crollo» perché vede a rischio la sua missione: «Forse fa comodo il popolo ignorante». A chi dice che non cambierà niente? «Cambierà tutto. Non più la Carta ma la legge del più forte. Non la giustizia sociale ma la selezione naturale». A chi dice: ho studiato nel pubblico ma non ci manderei mio figlio? «Sbaglia. Uscito dalla scuola pubblica suo figlio non avrà paura del mondo. Non si può vivere in una bolla di cristallo».


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