Unità: Maestro unico, il Pd come gli studenti: si ritiri il decreto
Il maestro unico riporta in piazza l’Onda studentesca e le maestre anti-Gelmini
Il maestro unico riporta in piazza l’Onda studentesca e le maestre anti-Gelmini. Al Senato riprende l’esame del dl 137. Dal Pd a Famiglia Cristiana: «Decreto da ritirare». Gli studenti: no-stop sotto Palazzo Madama.
Il contestatissimo decreto Gelmini sulla scuola riprende la “corsa” per la conversione in legge. Oggi pomeriggio al Senato si riparte dal maestro unico, dall’articolo 4 del 137, quello che ha dato vita al grande movimento anti-Gelmini in tutt’Italia sostenuto dall’Onda studentesca universitaria. L’aula di Palazzo Madama è convocata per le 17 per il voto sugli emendamenti. Poi domani mattina il voto finale. «Sarebbe un atto saggio ritirare o sospendere il decreto» e discutere veramente con studenti, genitori e insegnanti, dice Massimo D’Alema. «Non chiamiamo riforma una semplice taglio di spesa» è il monito che arriva da Famiglia Cristiana alla ministra vicina a Comunione e Liberazione. «Il bene della scuola richiede la sospensione o il ritiro del decreto. Per senso di responsabilità. Un paese in crisi trova i soldi per Alitalia e banche, perchè non per la scuola?», sottolinea nell’editoriale il settimanale cattolico. Ma Mariastella ministra unica ripete a mo’ di litania che «è una protesta di pochi» e che il suo modello è «Obama».
L’aria che tira non è delle migliori. Il Pdl ha già fatto sapere che il decreto verrà approvato così com’è, senza magari ricorrere alla fiducia come accadde alla Camera. Il Pd che nella settimana scorsa con l’ostruzionismo ha fatto slittare ad oggi l’esame finale del provvedimento, ha presentato 170 emendamenti, di cui 35 solo sul maestro unico, e 40 ordini del giorno. 50 le proposte di modifica di Italia dei Valori. La speranza è quella del ritiro del decreto o comunque di tirare per le lunghe per farlo decadere e trasformarlo in un disegno di legge.
Le scuole elementari, gli studenti e l’Onda universitaria non restano di certo a guardare. Una delegazione dei ragazzi dei licei romani, di destra e sinistra, hanno chiesto informazioni al senatore Vincenzo Vita (pd) e oggi si presentaranno in giacca e cravatta a Palazzo Madama con l’intenzione di seguire i lavori direttamente dalla tribuna. Gli universitari di Roma Tre sono intenzionati a dormire sotto le finestre del Palazzo. E l’Onda si muoverà dalla Sapienza in corteo per un nuovo assedio del Senato che coinfluirà con gli studenti medi e nel sit-in delle maestre che dicono di essere «già uniche».
Ieri sono scesi in piazza anche i ragazzi di Psicologia 1 e 2 a Roma. In 500 hanno prima sfilato per il quartiere romano di San Lorenzo gridando: «La privatizzazione è la vera malattia, ministro Brunetta vieni in terapia». Poi tutti in mutande sulle scale del Rettorato.
Il movimento intanto si interroga sui successi ottenuti e le iniziative future. Ieri assemblee di facoltà a Chimica, Fisica, Lettere, Scienze politiche. L’Onda rivendica la propria autonomia, e non gradisce che allo sciopero del 30 dei sindacati partecipi anche Lotta studentesca, il movimento di Forza Nuova. Così nell’Aula 1 di Lettere i ragazzi di tutte le facoltà in lotta prendono posizione. Chiara di Antropologia: «A me fanno schifo la Cgil e gli altri, siamo autonomi da partiti e sindacati». Ma Luca del collettivo fa capire che «bisogna esserci», magari con uno spezzone nel corteo sulla scuola per poi proseguire per proprio conto». Alioscia, invece, pone l’urgenza di una controriforma da presentare alla Gelmini e Tremonti, per ribadire che «non siamo solo un movimento che dice dei no». Così ecco dei seminari ad hoc, il primo già oggi alle 10.30 sulla crisi dell’Università.
Il tutto mentre a Giurisprudenza si aggira Azione universitaria. Il movimento di destra studentesca. Un volantinaggio di controinformazione sulla legge 133: «Siamo stufi di bugie e proteste telecomandate” - hanno scritto i 4 Peppe con accanto i loro cellulari -. I collettivi di sinistra vengono definiti «ruffiani che tutelano i privilegi e gli sprechi dei baroni». Per poi lamentarsi di essere stati «accerchiati e aggrediti».
MARISTELLA IERVASI
ROMA
miervasi@unita.it