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Unità: Lo Stato laico e l'equilibrio spezzato

Morena Piccinini

04/04/2007
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l'Unità

Morena Piccinini*

Non sono credente. Non è una notizia e non dovrebbe interessare nessuno, così come io non mi sono mai chiesta se le persone con le quali ho relazioni sono o no credenti, perché sono o dovrebbero essere altre le basi sulle quali instaurare rapporti di lavoro o di amicizia o di ogni altro tipo. Ho sempre pensato che questa forma di rispetto/riconoscimento/indifferenza reciproca fosse finalmente riconosciuta anche come base per la nostra società civile.
Ora comincio ad avere paura che rapidamente torni a rompersi questo equilibrio, e ripenso alla storia dei miei genitori che, giovanissimi, decisero di sposarsi con rito civile negli anni 50, quando i matrimoni civili erano ancora pochissimi, soprattutto nei piccoli paesi di provincia. Questo, unito al fatto che erano comunisti, sollevò la reprimenda pubblica del parroco del paese e le conseguenze si videro quando dopo pochi mesi, con la mia nascita, a mio padre fu negato il congedo dal servizio militare, nonostante la legge lo prescrivesse in caso di capofamiglia con figli a carico. Mio padre riuscì a vedermi, dopo due mesi dalla mia nascita, solo grazie a un chirurgo che accettò di operarlo di appendicectomia, nonostante stesse benissimo, consentendogli di ottenere una licenza per la convalescenza.
Quella ingiustizia non era stata dettata specificamente dal parroco, ma il comportamento «zelante» dei funzionari, militari e civili, interpretava quella stigmatizzazione pur essendo esplicitamente una indebita forzatura delle leggi del tempo.
Leggendo il documento della Cei sui Dico e sulla famiglia mi ha percorso un brivido, non per il precetto rivolto ai credenti, non nuovo, pienamente legittimo e da rispettare, quanto per l'appello/comando ai decisori politici, a partire dai parlamentari, perché traducano in leggi cogenti per tutti questi precetti. Questi continui anatemi verso comportamenti ritenuti non conformi (che oggi sono diretti in modo specifico alle convivenze, ma che hanno già prodotto devastanti effetti su altre grandi questioni, come la fecondazione medicalmente assistita) rischiano di condizionare non solo parlamentari che fanno dell'ossequio al precetto una pericolosissima corrente politica trasversale ai partiti di destra, di centro e di sinistra, ma anche di produrre di nuovo, come 50 anni fa, funzionari pubblici «zelanti» o compiacenti, o asserviti al punto tale da introdurre l'obiezione di coscienza anche dove non è permessa e arrivare a negare o condizionare o rendere difficilmente esigibili diritti tutelati dalla legge.
Per tutto ciò, questa Chiesa fa paura, o per meglio dire, fa paura chi nel Parlamento e nella società accetta di non distinguere tra reato e peccato e fa dei propri valori religiosi un principio assoluto non solo per sé medesimo, ma per tutta la società.
Ma, ancor più, indigna chi, nel medesimo Parlamento e nella politica, sottovaluta questo processo integralista in atto e lo tratta alla stregua di ogni altra bagarre politica del momento, che presto passa e presto si dimentica e traduce mentalmente in possibili voti in più o in meno la partecipazione al family day.
*segretaria confederale Cgil


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