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Unità-Lo scandalo dei salari

Lo scandalo dei salari di Bruno Ugolini Lo scandalo dei salari. E' quello che fa la sua comparsa sul palcoscenico italiano, in questi giorni di trattative e d'annunciati scioperi. Saremmo port...

20/05/2005
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l'Unità

Lo scandalo dei salari
di Bruno Ugolini

Lo scandalo dei salari. E' quello che fa la sua comparsa sul palcoscenico italiano, in questi giorni di trattative e d'annunciati scioperi. Saremmo portati ad addebitare l'uso di tale forte terminologia alle buste paga dei metalmeccanici. I vari Cipputi sparsi nella penisola sostengono, infatti, specie quando vanno a far spesa, di trovarle sempre più leggere, inadeguate. Invece no. Invece a suscitare scalpore, nel governo e in Confindustria, sono le loro richieste, insieme a quelle dei lavoratori pubblici, per non parlare dei lavoratori alimentaristi. Osano chiedere troppo, anzi non si capisce perché chiedano. Questo possiamo leggere nelle prediche quotidiane dei sostenitori del centrodestra. Il fatto è che numerosi studi e indagini raccontano delle perdite economiche degli italiani. La magra vita del salario italiano è stata lungamente analizzata. Anche se, bisogna dirlo, c'è perfino chi ha scoperto, al contrario, che i metalmeccanici, ad esempio, si sarebbero quanto mai ingrassati.

L'impressionante rivelazione è nientemeno che del giovane e dinamico neo presidente della Federmeccanica Massimo Calearo. I suoi personali conti hanno stabilito, infatti, che c'è stata "una crescita retributiva media largamente superiore all'inflazione". L'inflazione, dice, è cresciuta del 4,6 per cento. I salari? Ben del 5,7 per cento se si parla di retribuzioni contrattuali, e addirittura del 7,9 se si parla delle retribuzioni di fatto. Cifre da sogno, anni di vacche grasse per i Cipputi. E nessuno se ne è accorto. Per questo gridano allo scandalo dei salari. La cosa singolare è che invece regna il silenzio su un altro aspetto dell'attività produttiva: i profitti, quel che intascano gli imprenditori. Sarebbe interessante sapere di quanto si siano impoveriti, quanti abbiano dovuto riciclarsi, quanti, facendo bancarotta, siano riusciti a malapena a mantenere il proprio tenore di vita. E' vero che numerosi tra loro (ma non per colpa degli operai) sono stati costretti a mandare al macello le proprie imprese, passando dalla svalutazione competitiva alla sfida dell'Euro eguale per tutti. Abbiamo però qualche dubbio che ora si aggirino piangendo miseria.

C'è poi la larga parte a cui bisognerebbe fare i conti in tasca, per scoprire arricchimenti vari. Per non parlare di quelli che si sono dati esclusivamente alla rendita o ai giochi finanziari, senza investire nemmeno un centesimo in attività produttive. La parola profitti resta ad ogni modo tabù. L'ordine del giorno investe solo i salari e il famoso costo del lavoro, in altre parole quel cuneo fiscale che appesantisce le buste paga e che un governo serio dovrebbe assottigliare, come in Germania, come in Francia. C'era stata una diagnosi comune, su questo e altri aspetti, tra imprenditori e sindacati. Ma ora quello che sembrava un possibile gioco di squadra si è dileguato e la Confindustria si è rimessa a sparare sui contratti, partendo dal pubblico impiego, e a lamentare richieste esose. Non è una semplice partita sindacale. E' una partita politica. E' in gioco il ruolo dei sindacati e il destino di milioni di lavoratori. Un possibile blocco contrattuale è un pericolo da togliere di mezzo oggi non domani. Bisogna vincere oggi per vincere domani, per non lasciar crescere la disperazione e la sfiducia. Con la consapevolezza che chiudere la partita dei contratti aiuta lo sviluppo. Non è vero il contrario. Non è risparmiando sui salari che un Paese moderno cresce e impedisce i disastri aziendali.


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