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Unità-Le ragioni dello sciopero generale sulle pensioni

Le ragioni dello sciopero generale sulle pensioni di red Ecco le ragioni dello sciopero generale indetto da Cgil, Cisl, e Uil per il 24 ottobre contro la proposta di riforma del sistema previdenz...

24/10/2003
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l'Unità

Le ragioni dello sciopero generale sulle pensioni
di red

Ecco le ragioni dello sciopero generale indetto da Cgil, Cisl, e Uil per il 24 ottobre contro la proposta di riforma del sistema previdenziale del governo Berlusconi.

1. Il Governo dice che il sistema previdenziale attuale non regge.

Il sindacato risponde che è falso: le tre riforme degli anni 90 hanno già determinato un risparmio di spesa pari a circa 100 miliardi di euro. Al punto che l'Italia, nonostante il maggior tasso d'invecchiamento demografico d'Europa nel 2055, con il sistema attuale, sarà il Paese con minor incremento di spesa previdenziale.

2. Secondo la coalizione di maggioranza, la riforma delle pensioni è richiesta dall'Europa.

Cgil, Cisl, e Uil smentiscono la pressione dell'Ue in tal senso. l'Europa, dicono, ha riconosciuto all'Italia il merito di aver fatto una riforma strutturale completa, cosa non ancora avvenuta in altri Paesi. Semmai, le raccomandazioni riguardano la necessità di un intervento per l'emersione del lavoro nero e per il recupero delle evasioni contributive, per ridurre drasticamente i prepensionamenti, per allungare la permanenza al lavoro solo attraverso la volontarietà espressa dal lavoratore, per sviluppare la previdenza complementare, per garantire una pensione dignitosa ai giovani che svolgono i nuovi lavori, per mettere in atto tutte le misure necessarie per garantire un aumento dell'occupazione dei giovani, delle donne e dei cosiddetti lavoratori anziani.

3. Berlusconi dice di voler garantire e migliorare il trattamento dei pensionati.

É una "bufala", rispondono i sindacati: il tanto sbandierato aumento a un milione di lire di tutte le pensioni che stavano al di sotto del minimo, non solo va ad aggravare il bilancio dell'Inps (essendo computato come spesa previdenziale, mentre invece avrebbe dovuto essere considerato come spesa assistenziale) ma ha riguardato soltanto 1 milione e 400mila persone rispetto a una platea di 6 milioni; mentre a tutti i pensionati non sono stati riconosciuti i trattamenti fiscali stabiliti dal precedente governo e nello stesso tempo non è stata presa neanche in considerazione l'idea di rivedere il sistema di adeguamento annuale delle pensioni per garantirne il potere di acquisto, anche attraverso uno specifico negoziato.

4. Per il governo la riforma previdenziale è necessaria per garantire le pensioni future dei giovani.

Secondo Cgil, Cisl, e Uil, invece, con la decontribuzione si determinerà un ulteriore abbassamento dei loro trattamenti, e nello stesso tempo si metterà veramente a rischio il sistema pubblico con una diminuzione delle risorse destinate al pagamento delle pensioni. La riforma del governo coinvolge anche i giovani lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 1996: anche per loro sarà necessaria un'età minima di 60 anni per le donne e di 65 per gli uomini o 40 anni di contributi per andare in pensione. Viene colpito così il punto più innovativo, anche a livello europeo, del sistema previdenziale italiano: il sistema contributivo, rispetto al quale la prospettiva più giusta doveva essere la liberalizzazione dell'età pensionabile e non la sua uniforme rigidità.

5. La Casa delle Libertà difende la riforma dicendo che le pensioni di anzianità non saranno toccate.

Su questo punto totale incompatibilità tra le posizioni del Governo e quelle del sindacato: per quest'ultimo le pensioni di anzianità saranno di fatto addirittura cancellate. A partire dal 1° gennaio 2008, infatti, per andare in pensione di anzianità saranno necessari 40 anni di contributi oppure bisognerà attendere i requisiti per la pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne), senza considerare che le imprese scelgono di espellere dai processi produttivi masse di lavoratori sempre più giovani, considerandoli ormai inutilizzabili. Inoltre la scelta del governo penalizzerà ulteriormente le donne, che già difficilmente riescono a raggiungere i 35 anni di contribuzione. Infine, penalizzati i lavoratori che decideranno dopo il 2008 e, sperimentalmente fino al 2015, di lasciare il lavoro prima della vecchiaia. Il ricalcolo con il sistema contributivo di tutta la vita lavorativa comporterà per questi lavoratori una pensione tagliata della metà rispetto all'ultima retribuzione.

6. Il Governo sostiene che è necessario l'utilizzo obbligatorio del Tfr (Trattamento di fine rapporto) per lo sviluppo della previdenza complementare.

Risposta dei sindacati: non si considera che il Tfr, in altre parole la liquidazione, è salario differito dei lavoratori, ha già diverse finalità di utilizzo previste dalla legge e ha una salvaguardia di rivalutazione annuale garantita. Da tutto ciò ne consegue che per la destinazione di tale istituto alla previdenza complementare va garantita la facoltà per il lavoratore di esprimere la propria opzione. L'inadempienza del governo poi non ha limiti per quanto riguarda i lavoratori del settore pubblico, per i quali la previdenza complementare è ancora una vaga promessa.

7. Tremonti dice che con il nuovo sistema previdenziale si supereranno le diversità ancora presenti.

Le cose non stanno così per Cgil, Cisl, e Uil. Nel progetto del Governo, in tema di riequilibrio delle aliquote contributive si prevede solo l'aumento di quelle relative ai co. co. co., senza prevedere nessun intervento per le altre situazioni in atto (almeno 100 aliquote contributive diverse tra le quali quelle, privilegiate, dei lavoratori autonomi). Non scompaiono d'altra parte i trattamenti privilegiati, che richiederebbero in nome dell'equità un intervento strutturale, mentre il governo individua come unica disparità di trattamento ancora esistente quella relativa al sistema di calcolo della pensione tra dipendenti pubblici e privati.

8. Per il Governo, ci saranno norme particolari per i lavoratori che effettuano lavori usuranti.

In Realtà. Dicono i sindacati, al di là delle dichiarazioni di principio, nulla si dice nel merito della questione, né tanto meno vengono stanziati i necessari finanziamenti, mentre il governo, senza alcuna concertazione con le parti sociali, ha deciso di modificare radicalmente, peggiorandole, le norme relative alla tutela dei lavoratori esposti all'amianto.


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