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Unità-Le pensioni al tempo della controriforma

Le pensioni al tempo della controriforma CESARE DAMIANO LIVIA TURCO Pubblichiamo la prefazione del libro "Pensioni e controriforma" di Cesare Damiano e Livia Turco da domani in edicola con l...

04/07/2004
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l'Unità

Le pensioni al tempo della controriforma

CESARE DAMIANO LIVIA TURCO

Pubblichiamo la prefazione del libro "Pensioni e controriforma" di Cesare Damiano e Livia Turco da domani in edicola con l'Unità

La decisione del Governo, dopo una serie di accelerazioni e di brusche frenate, di porre la fiducia al Senato per approvare la delega, non può essere spiegata con l'ostruzionismo dell'opposizione che non c'è stato. Semmai, c'è stato ostruzionismo da parte del Governo, che ha mutato più volte opinione, ha cambiato tre volte il testo della Delega, ha rallentato ripetutamente l'iter parlamentare, salvo poi porre la fiducia al Senato. Ma ormai è diventata una consuetudine del governo Berlusconi quella di chiedere la fiducia, ogni qual volta si trova in difficoltà, nonostante il divario di voti a suo favore, per motivi tutti interni alla propria compagine.
Questa controriforma, perché così deve essere chiamata, è un provvedimento da respingere sia nel metodo che nel merito. Nel metodo, perché la richiesta della fiducia, come abbiamo visto, sequestra il dibattito politico; nel merito, perché questa legge non è altro che il primo passo verso lo smantellamento del sistema previdenziale pubblico, a tutto danno dei lavoratori. Non a caso, per la prima volta, un intervento così importante e di grande impatto sul futuro dei lavoratori viene preso senza il consenso, ma anzi con l'esplicito dissenso delle organizzazioni sindacali.
La riforma, inoltre, avviene in anticipo rispetto alla verifica prevista nel 2005 dalla legge Dini e non scaturisce da un'esigenza di equilibrio dei conti previdenziali, che non sono in affanno, ma dall'esigenza di farsi perdonare dall'Unione Europea le troppe misure una-tantum e i troppi condoni che hanno contraddistinto finora le manovre finanziarie del Governo. Con questo provvedimento di fatto viene ridotta la spesa sociale dell'0,7% del Prodotto Interno Lordo(PIL), pari a 9 miliardi di euro. Infatti questi risparmi non vengono utilizzati per nuove politiche sociali verso le famiglie, i giovani e i lavoratori. Lo stato sociale viene tagliato e basta.
L'età di pensionamento anticipato, a partire dal 2008, si eleva bruscamente di tre anni. Da 57 a 60 anni, che diventano 61 nel 2010 e 62 nel 2014, previa verifica. Per i lavoratori autonomi si calcola sempre un anno in più. In realtà, con la riduzione delle cosiddette "finestre" da quattro a due l'anno, il pensionamento si prolunga di circa un altro anno. In questo modo, il Governo e la maggioranza realizzano una spaccatura tra i lavoratori: chi avrà 57 anni di età e 35 anni di contributi nel dicembre 2007 si salverà; chi maturerà i requisiti nel gennaio del 2008, sarà penalizzato. Altri Paesi europei che hanno messo mano alla previdenza hanno scelto, in modo sensato e responsabile, una linea di estrema gradualità.
Un'altra modifica illogica riguarda i lavoratori che vanno in pensione interamente con il metodo contributivo. Attualmente, la legge Dini prevede che si possa scegliere liberamente, avendo almeno cinque anni di contributi, di andare in pensione tra i 57 e i 65 anni di età. Naturalmente, più tardi si va in pensione, più cresce l'assegno. Il testo approvato dal Senato eleva l'età a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, confondendo le regole del metodo contributivo con l'attuale requisito per la pensione di vecchiaia. Si crea così un sistema di uscita rigido da un mercato del lavoro che, invece, si vuole sempre più flessibile e precario. L'unico risultato che si ottiene è quello di penalizzare le giovani generazioni, non solo durante la vita lavorativa, ma anche al momento di andare in pensione. Che cosa dire, poi, della previdenza complementare, dove a nostro avviso è stato giusto aver introdotto il criterio del silenzio/assenso per il trasferimento del Trattamento di fine rapporto (Tfr) ai Fondi pensione, ma sicuramente sbagliato aprire la strada all'equiparazione tra forme collettive e piani individuali assicurativi?
E cosa dire, ancora, delle voci ricorrenti sull'intenzione di Tremonti di appropriarsi del Tfr per finanziare la riduzione delle imposte dei ceti meno abbienti? Resta per noi fondamentale che la previdenza complementare si sviluppi per via collettiva, perché essa garantisce sicuramente maggiore trasparenza, costi più contenuti e comunque la libertà di scelta dei singoli lavoratori. In questi mesi di battaglia parlamentare sulla Delega previdenziale, i Ds, l'Ulivo, l'insieme delle opposizioni non si sono limitati a un'azione di contrasto, ma hanno sviluppato una strategia alternativa avanzando propri emendamenti. In primo luogo: il mantenimento della verifica del 2005 come previsto dalla riforma Dini, attraverso la concertazione con il sindacato; in ogni caso, armonizzazione dei trattamenti previdenziali e dei contributi, in particolare per quanto riguarda i lavoratori autonomi.
Un diverso sistema degli incentivi per il prolungamento dell' attività lavorativa, che accresca l'assegno pensionistico, piuttosto che l'aumento della retribuzione nel periodo in cui si resta al lavoro. Scartata giustamente la decontribuzione sui nuovi assunti perché avrebbe dissestato l'INPS, si potrebbe tuttavia diminuire il costo del lavoro del carico degli oneri impropri, riducendolo di un ulteriore 1,8%.
E inoltre:
" misure più efficaci per la totalizzazione e il ricongiungimento
dei contributi previdenziali in presenza di versamenti a differenti
gestioni pensionistiche;
" misure a sostegno dei lavoratori discontinui, dei lavoratori
precari, dei lavori usuranti, delle famiglie con disabili gravi;
" innalzamento fino a € 516 al mese per tutte le pensioni inferiori.
Quasi nulla di tutto questo è stato accolto dal Governo. Non si è voluto puntare all'equità e all'efficacia dell'intervento riformatore, ma solo all'esigenza di risparmiare e di evitare il richiamo di Bruxelles sul debito pubblico. Per tutte queste ragioni, forse non è il caso di definire questa legge come una riforma delle pensioni. Il termine più esatto sarebbe controriforma.


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