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Unità: Lavoro, la parola d’ordine è deregulation

Sacconi all’attacco delle regole. Epifani: dissenso radicale. Marcegaglia: no alla class action

08/06/2008
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l'Unità

di Bianca Di Giovanni inviata a S.Margherita Ligure

ATTACCO Emma Marcegaglia sa che stavolta può farcela a scardinare le resistenze del sindacato sui contratti, a liberare le imprese dai vincoli indesiderati (regole sulla sicurezza, sull’ambiente e sulla tutela dei consumatori) e magari anche a difendersi
dalla Cina. Chiede subito di rinviare sine die l’entrata in vigore della class action, viste le lentezze della giustizia civile (della serie: i consumatori possono attendere). Ripete che ora lo scenario è diverso (senza i comunisti) e si prepara al tavolo sul modello contrattuale ripetendo la sua minaccia: «Non faremo un accordo purchessia. Nessuno ci obbliga». Evidentemente il dissenso è consentito solo ai datori di lavoro. Lo dice concludendo il suo intervento (frettoloso per via del malore del premier) a Santa Margherita Ligure a chiusura del convegno dei giovani industriali. «Un rinascimento italiano è possibile», dichiara.
Ne è certa, visto che pochi minuti prima dallo stesso podio Maurizio Sacconi le ha appena spianato la strada. Il ministro del Welfare annuncia una «pesante azione di deregolamentazione», che spazzi via qualsiasi traccia di concertazione sindacale, di regole, e persino penalizzazioni per chi non tutela la sicurezza. Le punizioni restano solo per i lavoratori: privati o pubblici che siano. L’impresa invece ha mani libere. Il ministro si prepara a demolire l’accordo sul welfare varato da Prodi e votato da milioni di lavoratori oltre che dal Parlamento, reintroducendo il job on call e chiamando le parti a deroghe sul termine dei 36 mesi. È pronto a cancellare libro matricola e libro paga, sostituiti da un semplice libro presenze presso il consulente del lavoro. È pronto a cancellare gli obblighi troppo pesanti tra appaltante e appaltatore, e determinato a rinviare il divieto di visite preassuntive. Per le attività più flessibili nell’agricoltura e nel turismo prevede dei voucher prepagati: neanche più un contratto.
In questo contesto di totale deregolamentazione - da attuare «pacatamente» - si colloca per il ministro il tema delle relazioni industriali, «ridondanti e esoteriche». Le relazioni come si sono viste finora non servono più, perché è finita l’epoca degli ideologismi: si è entrati nell’era postideologica. Che vuol dire: non più conflitto capitale-lavoro. Resta solo il capitale da accontentare. Perché - è la tesi ricorrente - solo con la crescita si fa redistribuzione. Dunque, l’impresa al primo (anzi, unico) posto.
In questo contesto, perché non accettare «la possibilità di una partecipazione agli utili da parte dei lavoratori?», si chiede il ministro rivolto agli industriali che si confermano molto freddi sulla proposta. Sacconi spiega che «la misura non dovrebbe essere un obbligo, ma solo una nuova possibilità che le parti possono condividere in base a una norma scritta nella Carta costituzionale». Più tardi gli replicherà Marcegaglia. «Potremmo pensarci, ma per ora non vogliamo magari qualche sindacalista che ponga dei veti». Insomma, su questo è un no. Ma su tutto il resto ministro e Confindustria vanno a braccetto. Sarà pure postideologico, ma è così. Non c’è da stupirsi se all’uscita Guglielmo Epifani si dichiara «in disaccordo totale» e se Raffaele Bonanni dà l’altolà «agli atti unilaterali» avvertendo che «non si possono mettere ogni volta in discussione i provvedimenti del governo precedente». Ma il ministro non teme dissensi e minaccia: «Se continua così la Cgil finirà come la sinistra radicale». D’altronde Sacconi è caricatissimo. Davanti a una platea che si prepara ad osannare il premier-padrone difende a spada tratta le due riforme fatte insieme a Roberto Maroni, quella sulle pensioni e l’altra sul lavoro. Due interventi rivisti poi dal governo Prodi. E rilancia: «L’unica cosa di cui mi pento è di non essere andato ancora più in fondo».
Ci penserà adesso portando il suo pacchetto di deregolamentazione assieme alla manovra anticipata che Giulio Tremonti sta preparando. Insomma, a fine giugno ci saranno i fuochi d’artificio. Tra le deregolamentazioni annunciate, anche quella sull’orario di lavoro. «Il governo intende deregolare tutto ciò che attiene all’orario di lavoro - annuncia accompagnato dagli applausi - con l’obiettivo di consentire una maggiore adattabilità tra impresa e lavoratore: la modulazione dell’orario di lavoro resta lo strumento migliore per conciliare lavoro ed esigenze di famiglia». Per Sacconi «nessun incentivo finanziario può compensare un disincentivo normativo». Lo diceva Marco Biagi e lui lo ripete parlando dei più deboli, «che non sono quelli rappresentati, ma chi non riesce ad ottenere nulla». A loro pensa il capitalismo compassionevole. L’importante è che non ci sia il sindacato di mezzo.


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