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Unità-Laureati, la grande fuga dal Sud

Laureati, la grande fuga dal Sud Studio Svimez: ogni anno 130mila "migranti della conoscenza" lasciano il Mezzogiorno "Si rischia un'emorragia interna di cervelli, sviluppo futuro compromesso" ...

03/06/2005
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l'Unità

Laureati, la grande fuga dal Sud

Studio Svimez: ogni anno 130mila "migranti della conoscenza" lasciano il Mezzogiorno
"Si rischia un'emorragia interna di cervelli, sviluppo futuro compromesso"

di Federico Ungaro

NIENTE VALIGIE DI CARTONE o posti a sedere sui treni espressi di terza classe. I giovani che emigrano dal Sud oggi si spostano sugli Eurostar e sugli aerei. Con tanto di trolley al seguito e una laurea in tasca.
"Le regioni meridionali - spiega infatti Delio
Miotti, ricercatore dell'Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno (Svimez) - stanno subendo un vero e proprio drenaggio di personale qualificato a favore di quelle settentrionali".
I dati sono contenuti nella rivista Informazioni della Svimez e sono solo un antipasto di quelli che verranno pubblicati nei prossimi mesi. "I flussi migratori in uscita da 8 regioni del Sud (Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) - si legge nell'articolo - hanno ripreso a crescere, a fronte di flussi migratori in entrata che sono rimasti invariati negli ultimi anni". Tra gli esempi più significativi la Calabria: nel 1994 la percentuale di laureati che decideva di emigrare rispetto a quelli che rimanevano era dell'1,3%. Nel 1999 il valore tocca il 2,6%. Al contrario, il tasso di laureati immigrati, cioè che aveva deciso di venire a lavorare in Calabria, è rimasto invariato: 1,1% nel 1994 e 1,1% cinque anni dopo.
Proprio per questo a Catanzaro le cose non vanno poi così male rispetto a quello che succede in Campania (con nel 1999 lo 0,9% di laureati che emigra, contro lo 0,4% che arriva), in Puglia, dove sempre nello stesso anno se ne è andato via l'1,2% contro l'arrivo dello 0,6 e in Sicilia, dove le emigrazioni toccano quota 0,6 contro lo 0,4 di immigrazioni. Una situazione che lo Svimez definisce "preoccupante" e che "dovrebbe essere presa in seria considerazione nell'ambito degli interventi di politica economica rivolti al Mezzogiorno". "Non si tratta di spostamenti epocali come quelli degli anni Cinquanta - dice Miotti -. I numeri sono inevitabilmente più contenuti". E in effetti negli anni Novanta si parla di uno spostamento medio annuale di 120-130mila persone da queste regioni contro i circa 300mila invece che andavano a cercare lavoro nel triangolo industriale durante i primi anni Sessanta. "Il flusso di rientro - riprende l'esperto - è invece rimasto invariato, attorno alle 60mila unità l'anno".
A cambiare anche le destinazioni: se negli anni Sessanta erano Torino, Genova e Milano, ora una capacità di assorbimento notevole viene dal Nord-Est. Qui però, il tessuto delle piccole o piccolissime imprese chiede pochi laureati. Questi ultimi, pari circa al 10% dei 120mila che si spostano dal Sud, sono assorbiti soprattutto dalla Lombardia e dal Lazio. Roma, con i suoi ministeri, è sempre un polo di attrazione per chi ha una laurea.
"La situazione è preoccupante soprattutto perché è la spia di un possibile circolo vizioso. Sappiamo tutti che le regioni meridionali sono meno sviluppate e sappiamo tutti che lo sviluppo oggi è legato in particolare a quelle attività economiche legate alla conoscenza. Se il Sud subisce una emorragia di questo tipo è possibile che in futuro non riesca a svilupparsi proprio per la mancanza di personale adeguatamente qualificato", dice Miotti. Infatti, avere a disposizione laureati può essere un buon affare, dato che la loro presenza ha la capacità di calamitare i grandi investimenti internazionali. "Il pensiero corre a Catania, alla Stm Microelectronics, ma anche ad altre realtà meridionali come Tiscali in Sardegna o il polo di Melfi della Fiat in Basilicata", aggiunge.
"La mobilità - conclude Miotti - non è un elemento solo negativo. È indice anche di uno sviluppo del paese. Il problema è quando i flussi sono chiaramente sbilanciati e se il numero di persone che se ne va non corrisponde un adeguato numero di persone che arriva".


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