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Unità-Lasciano un buco da 57 miliardi

Lasciano un buco da 57 miliardi Difficilmente il nostro Paese potrà rispettare gli impegni presi con Bruxelles Molte delle entrate previste nella Finanziaria 2005 non potranno essere realizzate...

20/08/2005
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l'Unità

Lasciano un buco da 57 miliardi

Difficilmente il nostro Paese potrà rispettare gli impegni presi con Bruxelles
Molte delle entrate previste nella Finanziaria 2005 non potranno essere realizzate

di Bianca Di Giovanni / Roma

PATTO A RISCHIO A poco più di un mese dal termine per la presentazione della Finanziaria 2006 a disturbare i sonni del ministro del Tesoro sono in realtà i conti di quest'anno. Solo se la legge di bilancio 2005 verrà applicata rigorosamente, infatti, varranno i
termini del patto con l'Europa sul rientro del deficit sotto il 3% del Pil in due anni siglato a inizio luglio. Stando all'andamento delle "voci" della finanziaria 2005, quella condizione appare oggi di difficilissima realizzazione. Tanto che l'indebitamento tendenziale del 2006 potrebbe superare i 68 miliardi (5,3% del Pil), "corretto" poi a quota 57 con l'intervento annunciato. Ancora troppo per mantenere l'impegno a scendere sotto la soglia del 3% dal 2007 in poi. Siccome però Bruxelles avrà le carte in mano solo in primavera, è assai probabile che a rinegoziare le condizioni dell'"early warning" dovrà essere il prossimo governo. Ma a quel punto il negoziato sarà molto più duro.
Quella correzione dell'1,6% del Pil in un biennio era sembrata quasi una passeggiata al momento dell'early warning. Ma il "paletto" sulla totale realizzazione della Finanziaria 2005 e l'altro sul divieto di utilizzare una tantum pesano come macigni. Quel "taglio" dell'1,6% in due anni dovrà essere tutto strutturale. Domenico Siniscalco si è impegnato a correggere il deficit 2006 dello 0,9% (circa 11,7 miliardi di euro) con tagli di spesa (un "tetto" intelligente più mirato alle diverse esigenze) e con il recupero dell'evasione (voce che dovrebbe comparire solo ex post, non ex ante). Nel Dpef non vengono indicati i numeri in dettaglio su queste misure. Finora si è parlato di una manova di 12 miliardi, più 5 miliardi da reperire per abbassare l'Irap ed altre voci che pesano sul costo del lavoro. C'è poi chi si spinge a promettere 15 miliardi per le grandi opere. Ma da Via Venti Settembre non esce ancora nulla di preciso.
Il fatto è che molte entrate della finanziaria di quest'anno non saranno realizzate. Ad alto rischio sono i 3 miliardi indicati dalla vendita delle starade statali. Dopo l'altolà di Eurostat sulle "false" dismissioni (in sostanza, lo Stato che vende a se stesso attraverso l'Anas), quella voce dovrà essere cancellata o sostituita. Ma il tempo è pochissimo. Altro capitolo ancora da concludere è quello che riguarda la Scip3 per la vendita degli immobili della Difesa. Si tratta di 1,5 miliardi che potrebbero arrivare in ritardo, nonostante l'accelerazione impressa poco prima della pausa estiva dal sottosegretario Maria Teresa Armosino. Altri tre miliardi risultano a rischio dalla revisione degli studi di settore (che da automatica è stata trasformata in negoziata, e dunque più "blanda) e dal "tetto" del 2% alla spesa. E già si arriva ad un extradeficit di 7,5 miliardi di cui Siniscalco non tiene conto nelle sue tabelle tendenziali. Senza contare che la minore crescita stimata per quest'anno (zero per il ministero, -0,3% per l'Fmi) non si riflette in un maggior deficit tendenziale nelle tabelle di Siniscalco. Insomma, il governo nasconde sotto il tappeto una decina di miliardi che rispunteranno fuori solo più tardi. Il deficit tendenziale dovrebbe attestarsi al 5,3% e non al 4,7 indicato. Con la correzione indicata dello 0,9% dunque ci si fermerà al 4,4% (non al 3,8%). Cioè un "buco" di 57 miliardi. E l'anno dopo si dovrà tornare sotto il 3%.
"Non c'è dubbio che siamo di fronte a un quadro fosco - commenta Enrico Morando, senatore Ds - Anche gli impegni sulle riforme a costo zero, come le liberalizzazioni, sembrano pie intenzioni visto che nell'ultimo anno di legislatura si faranno sentire tutte. C'è da aggiungere, poi, che con gli scandali finanziari e i colpi alla credibilità del Paese, le agenzie di rating si faranno sentire. Con effetti durissimi sulla spesa per interessi, che è stimata in crescita".


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