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Unità: La società democratica della conoscenza. Si può fare se l’informazione è libera

Lo hanno fatto nel passato. Ma proprio oggi che la società sta conoscendo una modificazione sostanziale e che la richiesta di informazione aumenta, imass media non sono attrezzati. Perché?

05/05/2010
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l'Unità

Cristiana Pulcinelli
Lo hanno fatto nel passato. Ma proprio oggi che la società sta conoscendo una modificazione sostanziale e che la richiesta di informazione aumenta, imass media non sono attrezzati. Perché? Intorno a questa domanda ruota il nuovo libro di Pietro Greco e Nico Pitrelli (Scienza e media ai tempi della globalizzazione Codice edizioni, pp. 196, euro 16,00). Per cercare una risposta, gli autori partono da un’analisi della terza grande transizione della società umana: quella che stiamo vivendo e che ci introduce nella società della conoscenza. La prima grande transizione è quella avvenuta circa 10.000 anni fa e che ha portato una società la cui economia si basava su caccia e raccolta a diventare una società basata sull’agricoltura. La seconda è quella che, cominciata oltre trecento anni fa, ha dato vita a una società industrializzata. Oggi siamo in una nuova fase. Una fase in cui la risorsa primaria di produzione non è più il lavoro degli uomini o degli animali e neppure quello delle macchine, ma è la conoscenza.
INNOVAZIONE Nella società della conoscenza la scienza ha un ruolo speciale: è il fattore primario dell’innovazione e quindi della crescita economica diun paese, per dirla con il sociologo Luciano Gallino. Chi fa più scienza vende di più. Certo, la società dell’informazione e della conoscenza produce anche storture. I critici della globalizzazione lo sanno bene: mai ci sono state tante disuguaglianze nel mondo. Tuttavia, si può pensare a una società democratica della conoscenza. Una società in cui la conoscenza sia diffusa e in cui le scelte siano condivise. Così la pensano Greco e Pitrelli. Ma perché questo si realizzi c’è bisogno che i mass media facciano il loro mestiere. Nella società della conoscenza, infatti, l’informazione e la comunicazione hanno un ruolo speciale. Oggi siamo chiamati a decidere su temi complessi. Qualche esempio: dobbiamo tornare all’energia nucleare? Dobbiamo favorire la ricerca sulle cellule staminali embrionali? Dobbiamo affrontare qualche disagio per cercare di ridurre l’aumento della temperatura sul nostro pianeta o per evitare l’estinzione di moltissime specie animali e vegetali? Ecco, su questi temi i cittadini hanno sempre più bisogno di essere informati. Ma i mass media propongono più infotainment che informazione. E così si impongono «paura e catastrofismo, scandali, sesso, violenza». Perché siamo arrivati a questo? Le motivazioni sono varie. Greco e Pitrelli analizzano con lucidità i meccanismi che hanno trasformato le redazioni. Le nuove tecnologie e la creazione di grandi aziende multimediali che hanno prodotto un giornalista tuttofare, costretto ad abbassare la soglia di esercizio della sua capacità critica per macinare molto più lavoro in poco tempo. Il processo di mercificazione delle notizie, per cui ciò che viene scelto per la pubblicazione risponde più alle leggi del marketing che a quelle dell’informazione. Il peso esercitato dal potere, sia esso economico, religioso o politico (e in Italia ne sappiamo qualcosa), che limita la libertà dei media. Tutto questo fa sì che il sistema dei mass media non funzioni e che, in particolare, il giornalismo scientifico sia in crisi,come suggerisce un recente speciale pubblicato su Nature. I nuovi mediaci salveranno? Pitrelli e Greco ne parlano diffusamente. Internet, i blog, i social network, wiki. L’informazione oggi passa forse più di là che su tv, radio e carta stampata. Si spera che siano ancora in tempo per cambiare. E far prendere la strada giusta: quella che invece di proporre soluzioni autoritarie fondate sull’assunto che le decisioni in materia tecnoscientifica sono troppo complesse da dover essere demandate a specialisti si cimenti invece con una dimensione partecipativa. O, per meglio dire, democratica.


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