Unità: La sfida della Cgil tra nuovi contratti e il congresso
L’accordo separato, la crisi, la politica del governo spingono il più grande sindacato italiano a una riflessione sull’azione immediata e sul futuro
BRUNO UGOLINI
Sembra la calma prima della tempesta. A questo fa pensare quanto succede nei sindacati italiani dopo il varo ufficiale del nuovo modello che dovrebbe governare i futuri contratti di lavoro. Una specie di nuova Costituzione per i salariati decisa col parere contrario del principale sindacato italiano, la Cgil. Una Costituzione che, secondo l’organizzazione diretta da Guglielmo Epifani, lederà diritti, salari e perfino la tanto invocata possibilità di contrattare direttamente nei luoghi di lavoro.
La Cgil non è stata al gioco e in sostanza ha deciso di provare, con le categorie, ma con un coordinamento confederale, una sfida difficile ma non impossibile. Sarà il tentativo di varare piattaforme unitarie fedeli alla impostazione a suo tempo concordata con Cisl e Uil ma poi non rispecchiata nel nuovo modello. Un modello non considerato, in sostanza, come una legge immodificabile. È una linea frutto, come racconta Agostino Megale (segretario confederale) di una lunga, vivace discussione nella segreteria. Nei prossimi giorni sarà al vaglio del Comitato Direttivo. Già in questa prima discussione, per dirla con Megale che si rifà a Gramsci, c’è stato un confronto tra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.
Megale rifiuta l’immagine, qua e la diffusa, di una Cgil dilaniata, secondo l’antico schema dei riformisti puri contro i massimalisti «epifaniani». Anche perché lui rivendica di essere un riformista della prima ora, quando, tra i pochi, polemizzava con i «senza se e senza ma» di Sergio Cofferati. Mentre oggi appoggia la linea di Epifani. È il dirigente che ha snocciolato cifre su cifre per cercare di demolire le argomentazioni dei propagandisti del nuovo modello dimostrando come, se attuato, provocherebbe un colpo alle buste paga.
L’interrogativo di fondo riguarda dunque, ora, la imminente stagione contrattuale. Secondo le nuove regole concordate con Cisl, Uil e Ugl (la nuova «triplice») ad esempio entro giugno, ricorda Fulvio Fammoni (un altro segretario confederale), cioè sei mesi prima della scadenza, dovrebbero presentare le piattaforme i metalmeccanici gli edili e i chimici. Mentre già sono in pista grandi categorie come gli alimentaristi e i sindacati delle telecomunicazioni. I primi hanno presentato una piattaforma unitaria che ha sollevato polemiche da una parte della sinistra sindacale capeggiata da Giorgio Cremaschi. Questo perche le nuove richieste corrisponderebbero ai dettami del modello separato. Accusa smentita dal sindacato di categoria aderente alla Cgil che spiega come ad esempio i 173 euro rivendicati non coincidano con le voglie limitative invocate dall’intesa separata e come non siano previste deroghe al contratto nazionale. Insomma gli alimentaristi avrebbero messo in pratica la linea adottata dalla Cgil.
È chiaro, comunque vadano le cose, che da una tale situazione non trarranno vantaggi nemmeno gli imprenditori alle prese con un regime d’incertezze senza interlocutori uniti e pienamente affidabili. E il tutto nel pieno di una crisi economica devastante.Quella in corso appare altresì una sfida politica con un obiettivo: far fuori la Cgil. Lo dimostra anche la sorprendente sequela d’insulti che Raffaele Bonanni, segretario Cisl, riserva a Guglielmo Epifani. È in questo clima che nella Cgil si discute anche di Congresso. Una testimonianza è giunta dal recente convegno che, dopo uno sciopero comune, ha visto l’inedita alleanza tra metalmeccanici e pubblico impiego, nonché la presenza di molte parti del mondo sindacale cigiellino. Qui, appunto, si è posta, accanto ad una riflessione strategica, l’esigenza di un’accelerazione del dibattito congressuale. Sono in gioco, in questo dibattito che in definitiva fa del sindacato un soggetto non composto da anime morte e tutte ligie al capo supremo (come può avvenire in altre case sindacali e politiche), legittime esigenze di riflessione politica e aspirazioni legate alla futura successione di Guglielmo Epifani (nel 2010).
Certo la nuova «Costituzione» dei rapporti di lavoro, assunta contro la Cgil, obbliga a ripensare gli orizzonti strategici. Che mutano se si dà per scontata la fine dell’epoca dell’unità sindacale oppure no.
E assai difficile, ad ogni modo, ipotizzare, come qualcuno invoca anche nel Partito Democratico, un’abiura delle posizioni assunte dalla Cgil. Semmai le forze politiche interessate dovrebbero aiutare le correzioni degli squilibri dell’intesa separata. Magari aggiungendo la presenza di regole certe di democrazia, di vera partecipazione dei lavoratori che si intendono rappresentare, nell’approvazione di richieste e accordi finali. Senza trattare gli stessi lavoratori come clienti di un avvocato. E senza sapere, come spiega Fammoni, a che cosa si va incontro, quali imprese, ad esempio, usciranno dalla crisi in corso