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Unità: La scure sulla «scuola in pigiama» per i bimbi malati di cancro

Eppure la scuola per bambini lungodegenti è una sperimentazione avanzata in Italia, mentre in Svezia o in Inghilterra è esperienza consolidata

22/08/2008
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l'Unità

di Giuseppe Vittori / Roma

Taglieranno la scuola ai bambini malati di tumore nel Policlinico di Bari. L’allarme l’ha dato l’edizione locale di Repubblica: in settembre la classe di scuola media attiva da anni nel reparto di Pediatria non riaprirà i battenti. I tagli del ministero per la Pubblica istruzione si sono abbattuti sugli ultimi indifesi. Eppure la scuola per bambini lungodegenti - che siano malati di cancro e leucemia, che siano costretti a lunghi ricoveri per altre patologie non meno complesse - è una sperimentazione avanzata in Italia, mentre in Svezia o in Inghilterra è esperienza consolidata.

Nata una ventina di anni fa a Genova, la «scuola in pigiama» prevede insegnanti e aule, compiti e esami; non le classi. Come nelle scuole dei paesini di montagna, si lavora tutti insieme, sotto la guida di insegnanti distaccate. E sono proprio le insegnanti che verranno a mancare al Policlinico di Bari. Quando la direttrice della media Tommaso Fiore, da cui dipende la sezione «in pigiama», ne ha chiesto il rinnovo, dal Provveditorato è arrivato il no. «Ci sono stati assegnati 4000 insegnanti in meno, abbiamo dovuto tagliare. Decine sono gli istituti che ci chiedono altri professori, alla fine siamo stati costretti a scegliere».

Miracoli dell’efficienza tremontiana. È vero, le scuole negli ospedali sono economicamente svantaggiose, costano di più rispetto a quelle «normali» - un professore per ogni materia e un numero di bambini variabile, purtroppo molto variabile - e nel magico mondo del liberismo saranno le prime ad essere tagliate. Ma anche quei bambini hanno diritto allo studio, tanto più se precocemente segnati da un destino di dolore, persino se sono a un passo dalla morte. Avere la scuola li aiuta almeno a gestire il tempo, a concentrarsi nell’imparare e nel crescere, a comunicare con altri bambini. A sentirsi un po’ meno «malati».

Chissà se da Bari si scatenerà un’epidemia di tagli anche negli altri ospedali. Le scuole-ospedale sono più di 150 in tutt’Italia, tra elementari, medie e licei. E coinvolgono seicento insegnanti almeno. Se la coperta è corta, quella dei bimbi ospedalizzati rischia di essere la più corta di tutte. Lasciando soli anche i genitori, a cui pure la scuola dava per quanto possibile conforto e speranza. «In questi casi la calcolatrice non dovrebbe contare - sostiene la direttrice della media Fiore di Bari - non è da questi poveri ragazzi che lo Stato dovrebbe cercare di risparmiare». Quanto a lei, la direttrice spera di riaprire quella sezione: «Se non possiamo avere nuovi docenti chiederò ai professori che ci sono già di fare gli straordinari per garantire la continuità del servizio».

Negli anni scorsi c’era una scuola elementare all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, 5 insegnanti a tempo pieno, tre a tempo parziale. A Padova in Oncoematologia c’è sia l’elementare (due insegnanti) che la media (aperta nel ‘96, ha sei cattedre). Dal ‘95 la pluriclasse di Ematologia all’ospedale san Salvatore di Pesaro utilizza l’informatica per consentire di seguire anche i ragazzi che stanno in isolamento. All’ospedale Santo Spirito di Pescara, a Ematologia clinica ci sono insegnanti elementari e dell’infanzia, che lavorano in collaborazione con i docenti delle classi di provenienza dei bambini. A Roma c’è la scuola del Policlinico Umberto I, a Ematologia, che ha anche una sezione di scuola superiore legata allo scientifico Levi Civita, 8 docenti in organico. Teledidattica si è sperimentata al Pediatrico Salesi di Ancona insieme ai docenti e ai ragazzi dell’elementare De Amicis.

Ancora. Un progetto del Cnr di Genova oggi usa anche il computer e mette in rete il Gaslini di Genova, il Cannizzaro di Catania, il Bambin Gesù di Roma, il Silvestrini di Perugia consentendo ai bimbi ospedalizzati di comunicare tra loro.

L’elenco potrebbe continuare, sono piccole gocce di civiltà in un mondo di dolore davvero ingiusto. Ma l’esperienza delle scuole in pantofole e pigiama continuerà davvero o cadrà sotto la scure - efficientissima, questa sì - dei tagli?


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