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Unità: La scuola e i suoi debiti

Marina Boscaino

11/03/2008
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l'Unità

Come la pioggia battente di queste ore ci sono piovuti addosso i numeri del ministero della Pubblica Istruzione. Un quadro allarmante e disarmante, che racconta un sistema scolastico che vede nell’insuccesso la regola; e tanto più il livello sociale degli studenti si abbassa, tanto più aumenta la percentuale di debiti.
È necessaria una seria riflessione. Un punto e a capo meditato, che lasci per una volta da parte i clamori delle notizie urlate, dei proclami estemporanei, delle soluzioni improvvisate.
Come quella configurata dall’Ordinanza ministeriale 92 del 5 novembre 2007 relativa al recupero scolastico. Che, al contrario di quanto forse si intende dimostrare, evidenzia la propria inefficacia proprio in virtù di quei dati. Per attuare la quale le scuole superiori sono in difficoltà dal mese di novembre.
Per capire il nodo del problema è bene spiegare cosa si intende per “recupero”: ore pomeridiane in cui - attraverso funambolici incroci di orari e di esigenze differenti - un insegnante impartisce a un “gruppo classe” sfiancato dalle ore della mattina ed eterogeneo (formato, cioè, da ragazzi con criticità valutate analoghe per corrispondenza di classe, non certo per effettivi riscontri) un’ora di lezione per un numero tot di settimane (ore e settimane programmate in base al rapporto tra debiti formativi e fondi disponibili). Chi può ritenere realisticamente valida - soprattutto dal punto di vista didattico - una tale pratica? E chi, ancora, può considerare che un tale, farraginoso e intempestivo meccanismo possa far fronte a un insuccesso scolastico che riguarda il 70% della popolazione studentesca?
Da fonti Flcgil si evince che l’accordo sulla sequenza contrattuale relativo al fondo di istituto ha stanziato una cifra aggiuntiva per la scuola superiore - seppur non esplicitamente dedicata al recupero - pari a 197.91 milioni di euro. Soldi mal impiegati. Perché il recupero delle criticità è una cosa estremamente seria. E il diritto all’apprendimento dei ragazzi (di quelli che, in carne ed ossa, sono dietro quei numeri) anche. Il non luogo che la scuola sta diventando continuerà così a collezionare cifre (negative) e ad evitare di ripensare e di ripensarsi in rapporto ad un fuori che è cambiato. E che le impone il cambiamento. Perché occorre rivedere i paradigmi su cui si fondano le discipline, le modalità didattiche, la relazione educativa. Il modello esclusivamente trasmissivo si dimostra oggi un invalicabile strumento di discriminazione culturale e quindi sociale. Questi dati lo dimostrano. Cultura, cittadinanza, educazione, coscienza critica sono altro.


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