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Unità: "La scuola deve insegnare la tolleranza"

Napolitano inaugura l'anno scolastico. Docenti in prima linea per questa battaglia

19/09/2006
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l'Unità

BISOGNA INVESTIRE sulla scuola, sulla formazione. È una vera e propria priorità. Perché l'Europa ce lo chiede. E perché le aule scolastiche sono il primo luogo dove si possono combattere disuguaglianze e discriminazioni. Anzitutto, quelle pseudo-raz-
ziali nei confronti dei ragazzi immigrati. Punta su questi temi fondamentali, Giorgio Napolitano, nel suo primo messaggio all'apertura dell'anno scolastico, trasformata questa volta in un festoso happening di ragazzi, con musiche, percussioni, cantanti e sportivi, e applausi a metà tra lo stadio e la discoteca.
Scartato lo scenario del Vittoriano, che era stato scelto da Ciampi per le analoghe manifestazioni degli anni scorsi, per preferire, invece, il più raccolto (e sicuramente più bello) Cortile d'onore del Quirinale, il capo dello Stato ha improntato il testo che inaugura la sua presa di contatto da presidente della Repubblica con il mondo della scuola ad alcune - molto stringate e didascaliche - esortazioni.
La scuola, per esempio - ha voluto sottolineare dedicando una su tre pagine del suo testo a questo tema - è sempre di più il luogo che fornisce l'occasione «per prepararsi a vivere insieme in uno spirito di tolleranza e di libertà nel rispetto dei valori e delle regole condivise». Un particolare augurio, dunque, proprio agli studenti stranieri, «nuovi cittadini di una comune Patria». Detto a nome di un popolo di gente che è stata «emigrante» e che ha «dovuto affrontare» un tempo, «gli stessi ostacoli». E ha un dovere in più in direzione della tolleranza e del dialogo. La presenza di tanti ragazzi stranieri è «una risorsa», anzi sarebbe bene che «tutti» - auspica - la sentano come tale «in un paese che ha bisogno di giovani energie e intelligenze». Sicché si può dire a maggior ragione che «investire nella scuola è una priorità per un paese democratico e moderno, impegnato in Europa e aperto al mondo».
La scuola, del resto, è «un bene comune». È il senso delle parole e delle norme dedicate alla scuola dai Padri Costituenti. E uno degli eventi simbolici della manifestazione-festa di ieri è stata la lettura da parte di Stefania Sandrelli proprio di alcuni brani della Costituzione: i primi articoli della Carta fondamentale, insieme a quelli e quelli dedicati proprio alla scuola. E sappiamo quanto grande sia di fronte a tale bene comune - ha aggiunto il presidente - «questa responsabilità per i pubblici poteri e per la società». Detto (tra parentesi) alla vigilia della prossima Finanziaria, dove bisognerà verificare con le cifre un tale impegno, è il messaggio implicito che in molti hanno raccolto dopo il discorso di Napolitano.
«Investire nella scuola è una priorità» - afferma il capo dello Stato - anche sul piano della grinta necessaria al nostro sistema economico sui mercati internazionali: «L'Europa ci chiede di accrescere l'efficienza dei sistemi scolastici, con l'obiettivo di ridurre le di disuguaglianze» e di elevare, per l'appunto, «la competitività della nostra economia». Infatti, «l'istruzione complessiva di un paese è il suo capitale umano». Nella scuola si formano «autonomia di giudizio e spirito critico», che sono «fattori decisivi» quando a contare sono «la professionalità e la capacità di innovazione».
Certo, non basta la scuola da sola «per contrastare le disuguaglianze». Ma essa è «il primo luogo» dove possiamo davvero tentare di combatterle. E gli insegnanti, anch'essi presenti in delegazione come «accompagnatori» dei milleduecento studenti alla cerimonia che s'è tenuta ieri per la prima volta nella «casa di tutti» del Quirinale, devono essere «in prima linea in questa battaglia».


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