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Unità-La scuola dell'integrazione italo-araba? Che chiuda in povertà

Mazara del Vallo, un progetto interculturale a cui sono state tagliate le gambe: niente fondi. La direttrice Maria Corte annuncia: "Lanceremo una sottoscrizione" La scuola dell'integrazione ita...

18/07/2004
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l'Unità

Mazara del Vallo, un progetto interculturale a cui sono state tagliate le gambe: niente fondi. La direttrice Maria Corte annuncia: "Lanceremo una sottoscrizione"

La scuola dell'integrazione italo-araba? Che chiuda in povertà

Sandra Amurri

"Arriva dal profondo Sud, da quel lembo di terra dalla bellezza struggente che guarda all'Africa: Mazara del Vallo, uno straordinario esempio di integrazione culturale scolastica ideato e realizzato dal primo circolo didattico D. Ajello diretto da Maria Corte, ma anche un esempio dell'insensibilità e dell'incapacità del Governo di affrontare il complesso problema dell'immigrazione". Iniziava così l'articolo pubblicato dall'Unità all'inizio dell'anno scolastico appena trascorso che, oltre a raccontare "Il progetto sperimentale d'integrazione scolastica" nato tre anni prima anche grazie al supporto del Ministero della Pubblica istruzione - ministro era De Mauro - e dell'allora Provveditore agli studi di Trapani, denunciava il pericolo che potesse essere interrotto per mancanza di risorse finanziarie che nonostante le tante richieste inoltrate continuavano ad essere negate sia dal Ministero che dalla Regione Sicilia, come spiegò allora la dirigente Maria Corte: "Se non arriverà un congruo finanziamento il lavoro di tanti anni cadrà nel vuoto. Tutto dipenderà dalle scelte che le istituzioni scolastiche e politiche effettueranno da cui si capirà se ci sono volontà e sensibilità per mantenere in vita questa esperienza...".
Ma i soldi non sono arrivati. Già quest'anno il progetto, che partiva dalla scuola materna per proseguire fino alla scuola media superiore, è andato avanti soltanto in minima parte, è stato possibile sviluppare solo 60 ore di lingua araba, grazie ad un piccolissimo finanziamento della Provincia e grazie al lavoro volontario dell'insegnante di lingua, ma a settembre l'esperienza mazarese, unica in Italia, che ha richiamato l'interesse di molti Paesi, tra cui il Giappone, rivelatasi straordinariamente incisiva per affrontare le sfide poste da una società multietnica e pluriculturale rischia di cessare. Riduzione che, già, ha suscitato forte amarezza e delusione tra i docenti che tanto avevano dato in termini di passione e d'impegno, ma anche tra la comunità tunisina (3500 persone circa) che inserita in molti ambiti di lavoro, a partire dalla pesca, costituisce anche una preziosa risorsa economica. Fino a tre anni fa, infatti, i bimbi tunisini frequentavano esclusivamente la scuola araba che li istruiva secondo i precetti e i programmi della Repubblica di Tunisia, scuola vicina fisicamente, a quella frequentata dai bambini italiani, ma lontana, da questa, sia giuridicamente che pedagogicamente. Una scuola tunisina che non garantiva lo studio della lingua italiana ai bambini di origine tunisina ma cittadini italiani, e una scuola italiana che non prevedeva agli stessi lo studio della lingua e della cultura di origine. Amarezza, delusione nel vedere annullata un'esperienza che aveva contribuito concretamente all'integrazione ma non certamente rassegnazione. "Andremo avanti", afferma con forza la dirigente Maria Corte: "Non permetteremo che la scuola smetta di essere una palestra di scambio di vissuto perché solo attraverso percorsi comuni si possono costruire percorsi di pace che si conquista con la mediazione, con il confronto e con lo scambio. Cercheremo di promuovere sulla stampa delle sottoscrizioni, chiederemo aiuto alle associazioni senza scopo di lucro, ai privati, a chiunque abbia a cuore il bene comune, a chiunque comprenda il valore di un'esperienza così significativa, a chiunque abbia a cuore l'integrazione reale tra bambini autoctoni e bambini italo-tunisini che vivendo quotidianamente esperienze comuni nella scuola, possono dialogare, confrontarsi e socializzare normalmente".
Fino a ieri Islem, Miryam, Zhora, Houda, Hedi, Murat... Mario, Serena, Dario, Alessandra, Erica, bimbi uguali ma diversi per lingua e cultura che cantavano e recitavano in due lingue nell'aula magna di una scuola elementare mazarese, erano cittadini delle due sponde del Mediterraneo che un domani, non solo non avrebbero avuto bisogno di mediatori e di interpreti, ma essi stessi sarebbero divenuti mediatori e interpreti, in quanto le loro menti sarebbero state senza barriere e i loro orizzonti senza confini. Oggi, la possibilità di proseguire questa esperienza è legata, paradossalmente, alla determinazione di un pugno di insegnanti siciliani. Di quel Sud di cui troppo spesso si fa riferimento per evocare astratte politiche di sviluppo, mentre ad esperienze che mettono in luce energie, capacità e sensibilità, viene negato il futuro.


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