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Unità: La lotteria del lavoro

Chissà se anche il caso di Reggio Calabria sarà decantato da certi illustri giuslavoristi come un modello moderno di riforma del mercato del lavoro, come l'adozione di norme innovative?

03/07/2006
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l'Unità

Bruno Ugolini
Chissà se anche il caso di Reggio Calabria sarà decantato da certi illustri giuslavoristi come un modello moderno di riforma del mercato del lavoro, come l'adozione di norme innovative? Abbiamo avuto occasione di parlare di questa vicenda, un po’ sfuggita all'attenzione dei mass media, sulle pagine on line del sito d'Eguaglianza e Libertà (www.eguaglianzaeliberta.it) la rivista di Pierre Carniti e Tonino Lettieri.
Quel caso ha però attirato l'attenzione degli abitanti del capoluogo calabro (dove tra l'altro in questi giorni si svolge un’importante «festa del lavoro» voluta dalla Cgil). Tutto è nato dal bando emesso dal sindaco d'Alleanza Nazionale Giuseppe Scopelliti. Costui è un rampante esponente della destra già noto per essere stato segretario nazionale del Fronte della gioventù. Il bando prometteva l'assunzione per 300 giovani per quindici anni. Un'offerta succosa sostanziata da un bel gruzzolo d'euro messi a disposizione d'aziende e studi professionali, senza tante capziose selezioni. Ciascuno di questi trecento imprenditori avrebbe usufruito di una somma di denaro pari a mille euro mensili per ben quindici anni.
E così cominciata una corsa al «posto» e all'improvviso, nel centro della città, si sono materializzate lunghe file di giovani. Erano dirette agli sportelli di «Obiettivo Occupazione». Hanno vissuto così tre giorni e due notti d'attesa, con bivacchi improvvisati. Una specie di «corte dei miracoli». Ad un certo punto il buon sindaco, assai sensibile ai problemi dei giovani, ha perfino fatto innalzare un maxischermo per poter vedere la partita mondiale dell'Italia, non ricordiamo più contro quale squadra. I ragazzi in coda avevano concordato tra loro, tramite apposito comitato, una lista delle precedenze per assicurare un ordine nella fila. Così qualcuno poteva assentarsi per i propri bisogni, per andare a mangiare un panino. L'assenza non poteva essere però troppo lunga. Un appello ogni tanto controllava le presenze e i non rispondenti erano depennati. Certo qualche furbo magari si faceva sostituire occasionalmente da parenti e amici. Alla fine sono rimasti in novecento, raccontano le cronache locali. Seicento si sono sobbarcati inutilmente la faticosa attesa.
È stata in tal modo messa in atto una nuova forma di collocamento della mano d'opera, quasi di tipo assembleare. Certo una tale adesione di massa ha messo in luce la voglia di lavoro presente nelle nuove generazioni meridionali. La singolare iniziativa ha però sollevato le prese di distanza dei sindacati e della stessa Confindustria che, tramite «Il Sole-24 ore», in un commento, non ha certo esaltato il «modello Reggio Calabria». Gli stessi esponenti del centrosinistra, rappresentanti dell'opposizione alla coalizione di destra, non hanno nascosto le proprie critiche. Anche se tutti sono apparsi in qualche modo imbarazzati per il rischio di vedersi poco compresi da quelle masse di giovani in attesa, come attratti da un miraggio miracoloso.
Si è trattato, però, di una specie di spot dal sapore assistenziale, capace oltretutto di mettere gli uni contro gli altri, i trecento giunti al traguardo, in qualche modo vincitori del premio messo in palio, contro i seicento rimasti a bocca asciutta, privati d'ogni speranza. Il punto è che questa specie d'appalto è stato realizzato senza regole, senza criteri precisi, anche nella composizione dei cosiddetti «numeri di testa» nella coda. Ed è stata denunciata, ad esempio, la discriminazione riservata ai disabili, non di certo aiutati nel faticoso compito di partecipare alla faticosa kermesse per tre giorni e due notti.
Ecco come certe istituzioni locali intendono l'adozione di una politica degli incentivi. Altro che scelte a pioggia, qui la regola era «a chi tocca tocca». Nulla a che vedere con un percorso complessivo, magari concordato con sindacati e imprenditori, come ci si dovrebbe aspettare. È questa la concertazione che piace alla destra. È quella che annulla il ruolo dei soggetti sociali e consegna anche in materia di lavoro il potere al premier locale.
Il centrosinistra ha reagito proponendo perlomeno correzioni all'iniziativa come lo «stabilire dei parametri oggettivi per assegnare i contributi alle aziende», quali l'anzianità di disoccupazione, il reddito familiare, il titolo di studio, la consistenza del nucleo familiare. Magari riducendo il numero degli anni per i quali si finanziano le imprese.
Certo il «modello Reggio Calabria» scaturito da questo episodio fa capire a quali aberrazioni può condurre un federalismo sfrenato dove ognuno s'inventa le regole che vuole. E dove non c'è più bisogno, ad esempio, di tutele sindacali. Ora si passa dal capolarato, dal mercato delle braccia, alla lotteria del lavoro.
brunougolini@mclink.it


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