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Unità: La grande fuga dall’Imt, l’ateneo di Pera

La Cdl stanziò 1,5 milioni in Finanziaria: gli studiosi rinunciano ai posti

18/09/2006
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l'Unità

di Valeria Giglioli / Lucca

LA PRIMAVERA degli atenei: negli ultimi due anni, con la Moratti al timone del ministero, ne sono sbocciati 14, tra telematici e privati. Un’ipertrofia, che con la benedizione della ministra, aveva dotato il paese di chiacchieratissime università, sulla cui qualità erano stati in molti ad interrogarsi. Una fioritura che non è passata inosservata: tanto che il nuovo ministro dell’Università e della ricerca, Fabio Mussi, ha messo uno stop a tutte le procedure di riconoscimento per i nuovi atenei. Pochi giorni fa questo fenomeno ha attirato l’attenzione del presidente della Repubblica. Da Napolitano è arrivato il monito a «verificare attentamente la proliferazione delle sedi universitarie», che hanno raggiunto il ragguardevole numero di 93. Tra i “giovani” atenei, uno in particolare ha brillato per la rapidissima ascesa e l’altrettanto rapido crepuscolo: l’Imt di Lucca. Dopo un inizio scoppiettante, quest’anno i corsi sono partiti a intermittenza e i concorsi per il 2007 non sono ancora banditi, in attesa della redefinizione dello statuto della scuola. Nata sotto l’egida dell’allora presidente del Senato Marcello Pera, la scuola di alta formazione Imt di Lucca è stata travolta, pochi mesi dopo la sua nascita nel marzo 2005, da una durissima polemica. La scuola di Pera nasce dal connubio tra Luiss di Roma, Politecnico di Milano e Sant’Anna di Pisa: più tardi sarà coinvolta l’Università di Pisa. Imt pullula di docenti vicini all’ex seconda carica dello Stato: uno per tutti, Gaetano Quagliariello, oggi senatore forzista (fino ad aprile presidente dell’istituto) e testa pensante del thinktank teocon Magna Carta. Sostenuta in gran parte dalle istituzioni lucchesi, che tra enti locali e fondazioni bancarie versavano nelle casse di Imt qualcosa come 5 milioni di euro all’anno, la scuola offriva un trattamento deluxe agli studenti dei 5 corsi di dottorato: borsa di studio, uso di un pc portatile personale, servizio mensa in un buon ristorante e alloggi nel centro storico. Dopo 8 mesi comincia la bagarre. Il 18 novembre 2005 arriva dal ministero il decreto di statalizzazione (nonostante il parere del comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, che la ritiene prematura e sottolinea l’isolamento della scuola dal contesto dei centri di ricerca) accompagnato da uno statuto che relega i finanziatori locali in un ruolo di sponsor. Vanno a braccetto con la gentile concessione in finanziaria di uno stanziamento fisso di 1,5 milioni di euro, dopo la “corsia preferenziale” assicurata in Senato da Pera alla riforma morattiana dello stato giuridico dei docenti. A questo punto la situazione precipita: la Sant’Anna, di fronte al repentino mutamento di scenario, minaccia di uscire dal consorzio. Nell’università di Pisa si accende una forte polemica. Nel frattempo gli enti locali fanno ricorso al Tar e sospendono l’erogazione dei finanziamenti. Dopo una polemica estiva, che ha visto Quaglieriello e Pera rivendicare 15 milioni di euro promessi dalla Moratti ma mai stanziati dal governo Berlusconi, l'inizio dell’anno accademico per Imt non è certo smagliante. Il secondo ciclo del dottorato in biorobotica non viene attivato: chi ha iniziato l’anno prima può finirlo, ma è sospesa l'ammissione di nuovi studenti. E consultando il sito della scuola, salta agli occhi che dei 60 posti disponibili negli altri 4 dottorati, solo 48 sono stati occupati. Un colpo durissimo all’immagine di Imt, che lascia presumere che tra i selezionati diversi abbiano preferito altre sistemazioni, alla faccia della “eccellenza” dell’istituto lucchese.


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