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Unità: La fuga dal posto fisso

C’è un luogo comune da sfatare. È quello che racconta di masse di precari che aspirerebbero ad un posto fisso, un lavoro qualsiasi

07/08/2006
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l'Unità

di Bruno UgoliniC’è un luogo comune da sfatare. È quello che racconta di masse di precari che aspirerebbero ad un posto fisso, un lavoro qualsiasi. Eguale per tutta la vita, con un cartellino da timbrare per tutta la vita. Non è sempre così. Lo dimostrano alcune testimonianze tratte da un bel libro curato da Marilisa Monaco, la responsabile della comunicazione per il Nidil-Cgil, il sindacato che con l'Alai e il Cpo si occupa di questo mondo del lavoro fatto di lavori tra i più diversi. Il volume («Il momento è atipico, cinque dialoghi tra lavoratori precari e lavoratori dipendenti», edizione Terre di mezzo) è un contributo importante alla conoscenza di realtà spesso male interpretate. È stato costruito attraverso un'idea assai originale: mettere a confronto la testimonianza del lavoratore atipico con quella del lavoratore stabile. E così assistiamo al “montaggio” di un dialogo tra un metalmeccanico a posto fisso e un giovane del call center, tra un collaboratore e un dirigente del settore “no profit”, tra due impiegati pubblici con diseguali diritti e, infine, tra due ricercatrici. Quest'ultimo è il caso che più ci ha interessato perché rappresenta proprio una testimonianza diversa da quelle che di solito abbiamo ospitato anche in questa rubrica. Una delle due donne ha il posto fisso in un Ente di ricerca, l'altra - e questo è il punto - aveva il posto fisso ma l'ha lasciato, ha scelto la flessibilità.

Perché questa fuga e come si trova ora la flessibile? Ha preferito un lavoro che la gratificasse e nel quale «sentirsi bene professionalmente e personalmente». Il lavoro che faceva prima non le piaceva. Ora, verso i 40 anni, ha un contratto di collaborazione e guadagna circa 1600 euro il mese. Lamenta il fatto che spesso il pagamento avviene con venti giorni di ritardo. Ora coordina un gruppo di ricerca collegato alle materie che ha studiato e lo fa con grande piacere. Quello che la preoccupa è l'insicurezza perché ogni anno deve ricontrattare. A volte anche di mese in mese. Non ha orari precisi. Può lavorare due mesi tutti i giorni dalle otto del mattino alle otto di sera e poi recuperare quando vuole. Non ha le tutele per la malattia ma quando sta male e si assenta non ha problemi. Certo, quando ha avuto un figlio è stata a casa un anno senza retribuzione ed è contenta che oggi l'Inps eroghi un'indennità minima di maternità.

L'altra ricercatrice è invece in pianta stabile, gode di diritti e tutele e soprattutto è contenta perché «le viene riconosciuto quello che fa». Mentre i precari che ha intorno spesso hanno la sensazione che gli altri ti stiano facendo un piacere. Il suo stipendio netto è di 2100 euro con dieci anni d'anzianità.

È interessante la descrizione che entrambe le ricercatrici fanno del rapporto tra fissi e flessibili. È un tema decisivo, ricorrente in tutti i cinque “casi” raccontati dalla brava Marilisa Monaco. I primi tendono a vedere il collaboratore come il nemico concorrente in un eventuale concorso. I secondi sono sempre oberati dall'incubo di vedere il posto sparire per il venir meno dei finanziamenti pubblici. Ma questo è un problema anche per quelli che hanno un contratto a tempo indeterminato. Come osserva la ricercatrice che non ha problemi di continui rinnovi contrattuali: «I problemi dei precari sono strettamente legati ai problemi della ricerca...Se non si risolvono i problemi della ricerca non si risolvono i problemi dei precari».

Eppure quella sua collega “instabile” ha affrontato questo mare tempestoso, questa avventura professionale, abbandonando la presunta sicurezza di un lavoro stabile ma forse un po’ cretino e noioso. Questo è il punto: migliaia di giovani e meno giovani italiani non sono più disposti ad accettare una qualsiasi occupazione, pretendono un lavoro nel quale possano ritrovare anche i libri sui quali si sono formati, pretendono di poter “dare” quello che hanno imparato e che continuano ad imparare, con tanti sacrifici. A costo di dover affrontare le vicissitudini di un futuro incerto.

Brunougolini@mclink.it

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