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Unità-La Costituzione anticostituzionale

La Costituzione anticostituzionale Pasquale Cascella Qual è la "missione professionale" dei costituzionalisti? Vien da chiederselo nel vederne tanti all'assemblea romana contro lo strappo p...

03/10/2004
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l'Unità

La Costituzione anticostituzionale

Pasquale Cascella

Qual è la "missione professionale" dei costituzionalisti? Vien da chiederselo nel vederne tanti all'assemblea romana contro lo strappo perpetrato dal centrodestra alla Carta fondamentale della Repubblica. Una risposta l'ha messa nero su bianco Antonio Baldassarre: "Vigilare sulla coerenza delle riforme costituzionali rispetto ai principi supremi e inviolabili della Costituzione democratica e repubblicana". E che sia proprio l'ex presidente della Corte costituzionale, utilizzato dal centrodestra per l'incombenza di guidare la prima fase della Rai maggioritaria, a dar conto dell'"oscillazione fra disincanto e opportunismo", dice quanto largo e diffuso sia il rigetto del "pasticcio" che la maggioranza sta confezionando in Parlamento. Il "vigilante" Baldassarre è uno dei 63 costituzionalisti chiamati da Astrid, Associazione sulle riforme delle istituzioni democratiche, a monitorare e a pronunciarsi con scienza e coscienza sul processo di revisione di ben 43 articoli della Costituzione. Analisi, elaborazioni e commenti, intrecciati in una dialettica particolarmente vivace, sono stati raccolti in un corposo volume curato da Franco Bassanini, dal titolo "Costituzione, una riforma sbagliata" (Passigli editori). Ne è sortito una sorta di manuale di diritto costituzionale comparato, che niente trascura del metodo e del merito del modello made in Italy assemblato "utilizzando - ne dà conto Augusto Cerri - pezzi di altri modelli costituzionali fuori dall'equilibrio che è loro proprio". L'opera è naturalmente segnata dalle soggettività e dalla stessa diversità delle scuole costituzionali, ma tutti i contributi (anche quelli più aperti e disponibili, e non mancano) danno voce all'allarme sullo "sbrego" ai principi universali dei diritti e delle libertà del moderno costituzionalismo. Lanciato per tempo, lo si sarebbe potuto raccogliere utilmente nel passaggio dal Senato alla Camera. Invano.
Il centrodestra ha fatto e continua a fare orecchie da mercante. Perché l'ammonimento è di sinistra? Anzi, e non tanto paradossalmente, gli stessi cedimenti ideologici imputati ai costituzionalisti, e che obbiettivamente è possibile scorgere in qualche pagina della summa, soprattutto da parte degli studiosi schierati per l'intangibilità della Costituzione così com'è (o quasi), vanno a colpire pesantemente la sinistra di governo che si è già misurata con l'esigenza di portare a compimento la lunga transizione istituzionale. E continua responsabilmente ad avvertire il dovere di colmare il divario tra il meccanismo elettorale maggioritario e un impianto istituzionale modellato sulla garanzia proporzionale. Attirandosi ancora strali, come quelli che Giovanni Sartori rivolge al progetto alternativo firmato da Giuliano Amato. Ma è lo stesso tagliente costituzionalista fiorentino a spiegare che "le Costituzioni non sono né di destra né di sinistra: sono riuscite o malfatte, funzionanti o no". E quella che scaturisce dal mercanteggiamento di Lorenzago, tra il "Silvierato" del premier e il bossiano federalismo "di secessione e di governo", è - a giudizio di Sartori - una "Costituzione anticostituzionale".
Ragionare sul prodotto incompiuto della Bicamerale e sulle contraddizioni, i limiti e gli stessi errori della scorsa legislatura è sempre utile per evitare nuovi sbagli. Non per ripetere la storia come farsa. Non ci sono alibi che tengano per una operazione istituzionale come quella che oggi, per dirla con Umberto Allegretti, allontana "tout court dalla forma democratica". Nè la filologia dell'articolo 138 (che regola le revisioni costituzionali) legittima la dottrina dei colpi di maggioranza. Che, è bene ricordarlo, già non corrispondeva alla maggioranza degli elettori del 2001, men che meno alla volontà della maggioranza reale del paese tre anni dopo. Sta qui il nodo irrisolto del rapporto istituzionale tra la maggioranza e l'opposizione. E anche il senso dell'alternativa, rilanciata dall'assemblea di ieri, tra il recupero di un autentico dialogo, caldeggiato dal presidente della Repubblica, e il ricorso al popolo sovrano, nel referendum oppositivo allo scardinamento della Costituzione.
La disponibilità al confronto, al Senato, è stata brutalmente - si leggano i resoconti di Nicola Mancino e Leopoldo Elia - mortificata. Eppure non è venuta meno alla Camera, anche a costo di tensioni e lacerazioni. Ma, puntualmente, anche a Montecitorio la maggioranza tende a prendere dal pacchetto organico di emendamenti dell'opposizione solo quel che gli serve come maquillage all'obbrobrio. Val la pena, allora, richiamare l'"analogia dell'orologio" di Giuliano Amato: "Non puoi prendere le rotelle di uno e infilarle in un altro sperando che l'orologio funzioni". E di completarla con l'osservazione di Andrea Manzella: "Le Costituzioni sono organismi con adattamenti spontanei ma anche con reazioni di rigetto e infarti improvvisi". Il rischio più grave, allora, è di provocare la "rottura con il processo riformatore", per dirla con Tania Groppi, accentuando il "paradosso delle riforme", per cui "un sistema istituzionale che si vuole riformare in quanto inefficiente possa assumere una decisione, quella della riforma costituzionale, che invece rappresenta la massima manifestazione di efficienza e di buon funzionamento del sistema". Non è una bella bandiera, quella della Costituzione come sistema di garanzia democratica, attorno a cui ricongiungere l'opposizione parlamentare e gli oppositori (di sinistra e di destra, come puntualizza Sartori) nel paese?


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