Unità: La Corte Europea condanna «No al crocifisso in classe»
Accolta la richiesta di una mamma finlandese di Abano Terme: «Limita la libertà di pensiero» Il governo annuncia il ricorso attraverso il ministro all’Istruzione Mariastella Gelmini
Un voto unanime della Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato ragione alla signora Soile Lautzi contro lo Stato italiano sulla questione della presenza del crocefisso nelle aule delle scuole dell’obbligo in Italia. Soile Lautzi, all’epoca in cui questo contenzioso iniziò, nel consiglio d’Istituto del «comprensivo statale Vittorino da Feltre», ad Abano Terme, aveva due ragazzi, Dataico e Sami Albertin di 11 e 13 anni che frequentavano la scuola dell’obbligo. Insieme al marito Luigi Albertin chiesero di togliere il simbolo religioso, ma il consiglio d’istituto votò contro. Successivamente, il ministero della Pubblica istruzione ribadì con una circolare l’obbligo per le scuole di esporre il crocifisso. Secondo Soile Lautzi e Luigi Albertin in questo modo«lo Stato accorda alla religione cattolica un privilegio che è retaggio di una concezione confessionale e che si traduce in una ingerenza dello Stato nella libertà di pensiero, di coscienza e di religione e nel diritto di educare i figli secondo i propri convincimenti morali e religiosi». Non solo: può esserci anche anche una «forma di discriminazione nei confronti dei non cattolici». La Corte ha dato ragione alla famiglia Albertin perché «lo Stato deve astenersi dall’imporre, anche indirettamente, un credo, soprattutto, in settori delicati come quello della scolarizzazione, dove il potere dello Stato siimpone nei confronti di persone che mancano ancora di capacità critica». Inoltre, nei paesi dove la grande maggioranza della popolazione aderisce a una precisa religione, «la manifestazione di riti e simboli senza restrizioni circa i luoghi e le forme, può costituire una pressione sugli allievi non credenti o che praticano altre religioni». Poiché fra gli argomenti del governo italiano c’è che il crocefisso esprime valori di umanità che trascendono la religione e anche la Costituzione, a fondamento delle tradizioni, della democrazia e della laicità del paese, la Corte replica che, certamente, questi valori ci sono, ma che il crocifisso ha «in modo predominante un significato religioso ». La scelta del crocefisso in classe, inoltre, non può dipendere, sostiene ancora la Corte, «da un compromesso con i partiti cattolici del paese ».Nè si capisce in che modo il simbolo «favorirebbe il pluralismo educativo nelle classi». Piuttosto «il simbolo religioso in classe restringe il diritto dei genitori di educare i figli secondo i propri convincimenti». Il ministro Mariastella Gelmini ha annunciato il ricorso alla Corte di Strasburgo.