Unità: La Cgil: firme per una legge che garantisca il diritto alla formazione permanente
«Sapere per contare». È lo slogan scelto dalla Cgil per la proposta di legge sull’apprendimento permanente. «È la riforma da fare», dice Epifani. Soprattutto in un Paese in cui il 40% della forza lavoro ha solo la licenza media.
FELICIA MASOCCO
Apprendere e formarsi, perché più si conosce e meno si è inerti e subalterni. E perché la conoscenza può aiutare a gettare le basi per un nuovo modello produttivo una volta usciti dalla crisi. La Cgil pone entrambi gli obiettivi e lancia una raccolta di firme su una proposta di legge di iniziativa popolare per il diritto all’apprendimento permanente.
LA RIFORMA DA FARE
Primi firmatari sono Guglielmo Epifani e il linguista Tullio De Mauro che con Fulvio Fammoni hanno illustrato la proposta. «Se c’è una riforma da fare è questa», ha detto il leader della Cgil, ma «nessuno ne parla». «Non trovo corrispondenze nella politica, nel governo, nel sistema imprenditoriale». Eppure il contesto è deprimente. Il 40% dei lavoratori non ha un titolo di studio superiore alla scuola media, i nostri diplomati (compresi tra i 25 e i 64 anni) sono il 20% in meno rispetto alla media dell’Unione Europea e meno 40% rispetto ai paesi più avanzati. Ci sono in Italia 2 milioni di adulti tra i 46 e i 65 anni da porre sotto la voce analfabetismo funzionale, non sanno cioè leggere e scrivere. Infine, solo il 20% degli adulti ha «risorse» adeguate per rispondere efficacemente alle esigenze di vita e lavoro. Il titolo di studio spesso non conta: la conoscenza deperisce se non viene alimentata. È dealfabetizzazione, analfabetismo di ritorno che colpisce perché non si riesce a stare al passo con lo sviluppo del sapere e delle tecnologie. «Se in altri paesi ci sono sacche di popolazione, in Italia abbiamo discariche di cittadini in difficoltà ad acquisire informazioni anche minime in forma scritta», afferma De Mauro.
Il fenomeno non è solo sociale, ma ricade sull’economia. Spiega Fammoni: entro il 2020 in Europa troveranno lavoro 20 milioni di persone con alte qualifiche e altri 5 milioni con qualifiche intermedie. E si perderanno 17 milioni di posti di lavoro che richiedono poca o niente formazione. Calati nella situazione italiana, questi dati danno la misura del rischio corso dal nostro mercato del lavoro. Oggi il 45% della forza lavoro ha basse qualifiche. Il 42% l’ha media. Il 12% le ha alte. Se non si interviene è facile immaginare che cosa accadrà. E non è un caso che gli economisti riconoscano come la scarsa produttività italiana abbia la sua radice anche nel basso livello formativo dei quadri e della manodopera.
UN PIANO STRAORDINARIO
La proposta di legge punta innanzitutto a garantisce a tutti i cittadini, immigrati compresi, il diritto ad apprendere per tutto il corso della propria vita. Si propone un piano straordinario che in tre anni raddoppi il numero degli adulti che partecipano ad attività formative: ora è al 6,2%, gli obiettivi europei impongono il 12% entro il 2010. Per i lavoratori, almeno un anno di congedo formativo non retribuito e almeno 30 ore annue di permesso formativo retribuito: per averne diritto basteranno 3 anni di anzianità, di cui 12 mesi consecutivi nella stessa azienda. Si prevedono agevolazioni fiscali e contributive per gli investimenti in apprendimento permanente di persone, imprese e terzo settore così come agevolazioni per l'accesso al credito e prestiti d’onore.