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Unità: La centralità del mondo del lavoro: di fronte troppe incertezze e debolezze, nella maggioranza

Un progetto serio che pretende interlocutori altrettanto seri

25/11/2007
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l'Unità

come nell’opposizione

Bruno Ugolini

Mentre prosegue la danza un po' macabra sul welfare, i sindacati mettono in tavola a Milano tutte le loro carte. Pensano di poter voltare pagina rispetto al protocollo, già approvato dal mondo del lavoro. Salvo che davvero non lo si voglia affossare in Parlamento, tramite una confusa battaglia di emendamenti contrapposti. La scelta è di aprire un’ambiziosa partita su salari e pensioni, avviando una nuova politica dei redditi, diversa da quella impostata negli anni ‘90. Una risposta ai tanti che in queste settimane si sono avvicendati, nelle stesse file imprenditoriali, per denunciare sdegnati la pochezza delle buste paga italiane e per sostenere che le responsabilità principali erano proprio dei rappresentanti dei lavoratori. Sarà una partita non breve che percorre i temi del fisco, delle tariffe, dei prezzi. Essa chiama in causa in primo luogo il governo, chiamato a “concertare” impegni validi per l’intera legislatura. Con un risvolto (si pensi al peso fiscale sulle buste paga) che tocca lo stesso sistema contrattuale. Qui ci si rivolge a Confindustria e interlocutori pubblici insieme, invocando la necessaria partecipazione dei lavoratori. Già ora ­ a proposito di contratti scaduti per metalmeccanici, commercio, Pubblica Amministrazione, bancari, imprese di pulizia, ferrovieri ­ è stato annunciato un possibile sciopero generale. Al quale invitare la stessa categoria dei giornalisti che soffre lo scandalo di un contratto scaduto da tre anni.
Che cosa dice la piattaforma? Che il fisco può essere riformato e usato per far lievitare i salari e le pensioni, per bloccare la loro retromarcia e innescare una marcia superiore. Mentre sono introdotti interventi mirati per affrontare l’annosa questione dei salari e delle tariffe. Capitoli che tanto incidono sulla fatica quotidiana di tante famiglie intente a far quadrare i bilanci.
È una carta rivendicativa, quella scaturita dall’assemblea di Milano che può sembrare irrealistica, se si considera ciò che fa da cornice a questa iniziativa. Ovvero se si guarda ai continui sconvolgimenti che animano il quadro politico. Gli obiettivi rivendicativi illustrati ieri sono seri e reclamano la presenza d’interlocutori altrettanto seri. Sono importanti le riforme che riguardano la vita dei partiti, gli strumenti elettorali e istituzionali, la possibilità di dar vita a istituzioni forti e durature (e magari partecipate). Sono altrettanto importanti le riforme che interessano la vita di un “ceto”, chiamiamolo così, che rappresenta ancora la leva motrice del Paese: il mondo del lavoro pubblico e privato. Senza il quale la macchina dell’Italia s’inceppa. E non è forse vero che le iniezioni di “antipolitica” nascono spesso anche da diffusi disagi materiali, dalla sensazione di un futuro incerto, insicuro, dalla presenza di diseguaglianze inique e di diritti negati?
Sono tutti motivi che dovrebbero indurre il Parlamento nelle sue diverse componenti a chiudere giudiziosamente la vicenda del welfare. Quel protocollo concordato dal governo con le parti sociali è oggi al centro di una contesa che appare senza sbocchi. Gli esponenti dell’ala più a sinistra sostengono il diritto a correggere l’accordo. Perché, dicono, la destra e il centro dovrebbero essere liberi di cambiare, ritoccare, minacciando ricatti, e noi no?
L’unica via d'uscita, l’unico punto d’equilibrio capace di ottenere un consenso maggioritario a Camera e Senato, sembra apparire, però, il rispetto del testo concordato con le parti sociali oppure un testo rivisto ma sempre concordato. Il rischio che corre una parte della sinistra politica è quello, tra l’altro, di tagliare i ponti con il movimento sindacale. Un pericolo che una forza di sinistra non può correre senza pagarne un prezzo pesante. Un altro aspetto paradossale consiste nel fatto che i sindacati considerano gli emendamenti proposti non migliorativi ma dannosi. Non è solo una posizione della Cisl. Proprio ieri un segretario confederale della Cgil, Achille Passoni, ha puntualizzato su “Il Riformista” tale critica. Essa riguarda punti importanti come i lavori usuranti, lo staff leasing e il lavoro a chiamata. E Guglielmo Epifani ancora ieri invitava a non peggiorare quel testo firmato dal sindacato e approvato dai lavoratori. Le forze di sinistra e di centro sono invitate a una prova di responsabilità. Per non mandare tutto allo sfascio. Si ostinano a considerare le loro proposte atte a migliorare il protocollo? Come non capire, però che, come dice un proverbio veneto: “Xe peso el tacòn del buso”. È peggio un rappezzo del buco.


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