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Unità-L'Ulivo cerca mercato

10.2003 L'Ulivo cerca mercato di Piero Sansonetti Per scrivere un programma di governo bisogna avere chiare due cose: da dove si parte e la direzione di marcia. È la condizione minima per lavor...

06/10/2003
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l'Unità

10.2003
L'Ulivo cerca mercato
di Piero Sansonetti

Per scrivere un programma di governo bisogna avere chiare due cose: da dove si parte e la direzione di marcia. È la condizione minima per lavorare. Il punto di arrivo poi si vedrà. Nel centrosinistra esiste questa chiarezza? Vediamo. Paolo Gentiloni è un deputato della Margherita piuttosto influente ed è forse il consigliere più ascoltato di Francesco Rutelli. Diciamo che fa parte dell'area riformista dell'Ulivo. Fabio Mussi invece è il coordinatore della sinistra Ds ed è uno degli esponenti più radicali del centrosinistra. Gentiloni ama la mediazione, la ricucitura dei dissensi, i toni morbidi. Mussi è un livornese (di Piombino per l'esattezza) e considera la polemica come il sale vero della vita. Hanno idee, mi pare, abbastanza diverse su come dovrà essere l'Italia di domani. Però son d'accordo su alcune cose essenziali. Per esempio, da dove partire. Pensano che si debba partire dalla ricostruzione del programma politico: perché l'Ulivo non può utilizzare il programma del '96. È vecchio, è superato dai fatti. E sono d'accordo anche sulla direzione di marcia: è quella che va verso il rafforzamento dello Stato sociale e a una maggior regolamentazione del mercato. Pensano che sia questo il cammino per una alleanza politica che torna a candidarsi al governo del paese. Forse ancora sei mesi fa questo accordo non c'era. Un pezzo consistente del centrosinistra era convinto che si dovesse semplicemente riprendere il cammino da dove si era interrotto, cioè dalla fine del governo-Amato: considerava la sconfitta del 2001 come una sconfitta fondamentalmente elettorale, originata da errori tattici e di comunicazione, non da un difetto nel "disegno politico". Oggi invece tutti sono d'accordo sulla necessità di correggere il disegno del '96. Dunque, come si vede, le condizioni di base per lavorare al programma esistono.
Dove nascono le differenze all'interno del centrosinistra? La differenza più chiara e probabilmente la madre di tutte le differenze - è sul ruolo del mercato. Sia i riformisti sia la sinistra radicale pensano che il mercato vada riformato: il dissenso è sulla profondità della riforma. I riformisti credono che bisogna bilanciare gli eccessi del mercato, sradicare le sue tendenze al monopolismo o all'oligopolio, ma che si debba però mantenere il mercato come principale motore dello sviluppo economico. I radicali hanno varie posizioni: qualcuno (una parte di Rifondazione, per esempio, e anche una parte della sinistra ds e del pdci) pensa che in linea di principio, e gradualmente, il mercato vada del tutto abolito, o comunque relegato a un ruolo assolutamente marginale nella vita economica; qualcun altro, più moderato, pensa che debba restare uno dei pilastri del sistema economico democratico, ma ingabbiato in regole severe e affiancato da robusti meccanismi di economia regolata pubblica o affidata al terzo settore che siano l'anima vera della struttura produttiva e distributiva.
Paolo Gentiloni dice che per iniziare il lavoro sul programma bisogna partire dai punti fermi messi da Romano Prodi. Punto fermo numero uno: è finito il pensiero unico. Punto fermo numero due: la globalizzazione questa globalizzazione - non è quel meccanismo meraviglioso di allargamento della ricchezza e delle conoscenze che a un certo punto avevamo immaginato, ma è un congegno che sta accentrando ricchezze e conoscenze. Va criticato, combattuto, corretto. Gentiloni dice che questa analisi rappresenta un "ombrello generale" sotto il quale si ritrova tutto il centrosinistra. L'obiettivo è quello di trovare un punto di convergenza tra le sinistre (meglio dire: tra i centri e le sinistre) che realizzi la rinuncia, da parte di alcuni, ai propri eccessi anti-capitalistici, e da parte di altri alle sbornie da pensiero unico che gli avevano fatto credere alla "sacralità" del mercato.
Mussi non è convinto che il problema sia quello della mediazione tra queste due aree e questi due pensieri. Lui pensa che alla mediazione, casomai, si arriva alla fine. Ma che per fare un programma si deve partire dalle cose concrete. E le cose concrete, talvolta per esempio a questo passaggio di millennio possono essere anche grandi cose, molto complesse, molto poco spicciole. Quali? Mussi indica tre problemi, di quelli che farebbero tremare le vene e i polsi a chiunque: primo, il surriscaldamento del pianeta; secondo, il rapporto tra pace e guerra; terzo, il diritto di tutta la popolazione umana - all'acqua, al cibo, alle informazioni: e quindi la regolazione della proprietà. Mussi dice che nessun programma si può scrivere se non si parte da qui. Perché è da queste tre grandi questioni che discendono tutti i problemi politici e di comportamento di un governo che governi. E per affrontare questi problemi dice Mussi non bisogna "mediare" al centro, ma bisogna operare per uno spostamento a sinistra di tutto il baricentro della politica italiana. Quindi se ho capito bene si tratta di invertire il processo degli ultimi 15 anni. Negli ultimi 15 anni la destra ha spostato a destra tutta al politica, attirando verso di se (o comunque verso il centro) anche la sinistra. Ora bisogna fare il contrario: attirare anche la destra su posizioni più avanzate. Quindi non spostarsi verso il centro, ma spostare il centro verso sinistra.
Paolo Gentiloni dice che i terreni sui quali si svolgerà il confronto programmatico tra le varie aree del centrosinistra sono tre: politica internazionale, politica del lavoro, riforme istituzionali. Su tutte e tre questi terreni ci sono molte differenze, su tutti e tre è possibile una mediazione se si adotta la bussola del realismo e della saggezza. Sulla politica internazionale spiega Genitloni il disaccordo tra la sinistra radicale e i prodiani è molto forte sul piano dei concetti. C'è la questione dell'esercito europeo, quella della Costituzione europea e quella dei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Lo abbiamo visto nella precedente puntata di questa inchiesta ascoltando le opinioni di Fausto Bertinotti : la sinistra radicale contesta l'idea di un'Europa amica degli Stati Uniti perché pensa a un Europa che costituisca un'alternativa di civiltà agli Stati Uniti. Su questo i prodiani e buona parte dei ds non si trovano (così come non si trovano i "mastelliani" e i socialisti dello Sdi). Dalla differenza di idee sull'Europa discendono i dissensi su pace e guerra, sull'esercito europeo, sulle politiche per la difesa dei diritti umani. Gentiloni è convinto però che queste differenze siano tutte dentro una comune visione "etica" del mondo. Cioè dentro un'opzione "multipolare" della globalizzazione. Contraria all'unilateralismo e alle "ragioni della forza". E per questo motivo crede che sia possibile scrivere un programma comune di politica estera che tenga insieme per semplificare facendo qualche nome Boselli e Bertinotti. Anche se non si nasconde che le difficoltà potrebbero poi venire nell'esercizio concreto del governo. Perché non è possibile in un programma scritto prevedere la direzione che prenderanno le varie crisi internazionali, e quindi l'unità rischia sempre di essere messa in discussione dal reale svolgersi dei fatti e dei conflitti.
Sul nodo del lavoro, gli eventuali contrasti sono attenuati dai disastri compiuti dal governo Berlusconi. Anche se tra le diverse aree della sinistra ci sono ancora molte questioni di principio irrisolte specie sul tema della flessibilità, dell'allargamento dei diritti, della difesa della competitività c'è però un pezzo di programma comune già scritto che riguarda la riforma della legge 30, e cioè delle norme dettate dal centrodestra che hanno trasformato il mercato del lavoro in una giungla. L'antiberlusconismo è un collante.
Infine si pone il problema, anche questo abbastanza complicato, delle riforme istituzionali. Gentiloni dice che nel centrosinistra ci sono due sensibilità diverse e opposte: quella di chi ritiene che le riforme debbano portare a un miglioramento della governabilità (maggioranza Ds, Margherita, Udeur di Mastella, socialisti, Di Pietro) e quelli che invece considerano la governabilità un disvalore (per esempio Rifondazione, ma anche, in parte, Pdci, verdi e sinistra ds) e credono che le riforme debbano andare solo in direzione dell'aumento dei poteri dei cittadini. Gentiloni pensa però che anche su questo tema sia possibile trovare un accordo, e che la ricchezza delle posizioni, se non si traduce in una battaglia senza esclusione di colpi, può anche rappresentare una ricchezza. Cioè può diventare l'arma vincente del centrosinistra.
Fabio Mussi invece pensa che per scrivere un programma sia necessario prima analizzare la crisi del capitalismo (mi mostra un numero dello "Spiegel" tedesco che parla di queste cose, per spiegarmi che non è solo un vezzo estremista). E dice che lo sviluppo del capitalismo ha portato l'umanità a un punto altissimo di rischio. Per questo in modo un po' paradossale ma non tanto dice che per fare un programma bisogna partire dl surriscaldamento del pianeta. Mussi sostiene che l'idea del "centre left" è saltata, non funziona più. Attenzione: Mussi traduce "centre left" non con la parola centro-sinistra ma con l'espressione "sinistra del centro". Perché è saltata? Perché dopo 15 anni di magnifico sviluppo ci troviamo in un mondo disastrato. È fallita la strategia del nuovo secolo americano.
L'America ha dimostrato di saper esprimere dominio ma non egemonia. E allora qui da noi si deve avere la consapevolezza che non basta riorganizzare il campo politico: bisogna riorganizzare le idee. Quelle vecchie non servono più. E quindi Mussi parla di surriscaldamento del pianeta - da combattere - perché pensa che partendo da qui si arriva ad esaminare i problemi di quale modello sociale, quale (e quanto) sviluppo, quale uso delle tecnologie. E poi parla di pace e guerra perché pensa che il terrorismo e il bushismo abbiano posto all'ordine del giorno la questione del disarmo, e non si capisce perché da tutte le agende politiche la parola disarmo è sparita, e si capisce invece che una opzione disarmista avrebbe enormi conseguenze sull'economia e sugli assetti sociali: e dunque il pacifismo non è solo una questione di "idee celesti".
E infine Mussi parla di cibo, acqua, medicine e informazione, perché giudica questi i diritti fondamentali da affermare, e questi diritti sono i valori che distinguono la sinistra. Mussi fa notare che 20 anni fa i premi Nobel per l'economia li vincevano i "Chicago boys", i quali sostenevano le infinite capacità autoregolative del mercato. Poi si è scoperto che il mercato e la smania delle privatizzazioni hanno portato precarietà, flessibilità, insicurezza, redistribuzione delle ricchezze dal basso verso l'alto. Una tragedia.
Oggi i premi Nobel li vince gente come Stiglitz, che viene dal Gotha dell'establishment capitalista americano e che chiede l'intervento pubblico in economia, e giunge a mettere in discussione il modello economico basato sulla concorrenza perché dice- è controproducente e costa troppo.


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