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Unità-Italia terzo millennio, 22 milioni di semi-analfabeti

Italia terzo millennio, 22 milioni di semi-analfabeti Oltre un terzo dei cittadini non è in grado di leggere un giornale, per molti anche una firma è un rebus Chiara Martelli RO...

12/07/2004
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l'Unità

Italia terzo millennio, 22 milioni di semi-analfabeti

Oltre un terzo dei cittadini non è in grado di leggere un giornale, per molti anche una firma è un rebus

Chiara Martelli

ROMA Ventidue milioni e mezzo di italiani conoscono a malapena l'Abc, non hanno in tasca più della quinta elementare e il 40% di questi vive al Sud. È il risultato di un'indagine condotta dall'Unione Nazionale Lotta all'Analfabetismo (Unla) in collaborazione con l'Università di Castel Sant'Angelo (Ucsa) che il prossimo 25 di luglio presenterà il terzo rapporto "Volar senz'ali". Il nostro Paese, che ha scalato le classifiche raggiungendo i primi posti nella hit parade degli "industrializzati", detenendo addirittura un reddito pro-capite superiore alla media dell'Ocse, per l'istruzione ancora privilegia l'arte dell'arrangiarsi. Oltre un terzo della popolazione non è in grado di leggere un giornale. E anche per mettere una firma a volte ha bisogno d'aiuto. Anziani, ma non solo. Poiché l'esercito dei semi-analfabeti ha tra le sue fila anche molti giovanissimi, regolari per la Costituzione, ma per i quali la scuola si è fermata al quattordicesimo anno: terza media. Infatti secondo i dati dell'Unla (confermati grossomodo anche da quelli arrivati dal Ministero - rilevazione Invalsi 1998) questi rappresenterebbero il 68,2% della popolazione. Per l'esattezza 39.146.400.
Cultura kaputt "C'è un ritorno all'analfabetismo - afferma la scrittrice Dacia Maraini - Segno inconfutabile di una regressione che sta vivendo il nostro Paese concentratosi principalmente sull'arricchimento materiale piuttosto che su quello culturale. Abbiamo un governo che sta divulgando agli italiani che tutto deve essere produzione e tutto deve essere fonte di guadagno. Che tutto ciò che non è redditizio merita di essere tagliato. Ma né la scuola né il sapere sono remunerativi. Se non nel lungo termine, formando quelli che si chiamano buoni cittadini". Come è ovvio l'esito di un efficace sistema educativo è direttamente proporzionale al numero di denari investiti. Ma in rapporto al Pil per l'istruzione in Italia si spende poco. Addirittura un punto meno di quella che è la media dell'Ocse. E con un 4,9% raschiamo quasi il fondo del "barile", come dimostrano i dati. "Oggi si parla di declassamento dell'affidabilità del nostro Paese. - sostiene Saverio Avveduto, presidente dell'Unla - Ma quasi 40 milioni di italiani, su poco più di 57, non hanno in mano neppure gli strumenti minimi per collocarsi in modo adeguato nel quotidiano che li circonda. Uno status di semianalfabetismo che inevitabilmente pesa sullo sviluppo economico nazionale. Basti dire che un innalzamento comporterebbe un aumento annuo del Pil dell'1%."
A picco nel mondo L'arretratezza e il disequilibrio culturale di un Italia divisa in due è fonte di uno scompenso competitivo anche sui mercati esteri. Tanto che lo stesso Imd (International Institute for Menagement Development) compilando la sua graduatoria ci ha fatto retrocedere, in 12 mesi, dalla 18a posizione alla 23a. La Calabria registra una contraddittoria compresenza di un alto tasso di laureati (con il 5,1% supera anche Veneto e Piemonte) e un elevato numero di semi-analfabeti (43,4%), mentre la Basilicata con un doppio saldo negativo è quella che paga lo scotto più alto di tutta la penisola. "La scolarizzazione sta diventando sempre più esclusivista e sempre più "americanizzata". - afferma il premio nobel Dario Fo alle prese con il suo nuovo spettacolo "Il tempio degli uomini liberi" - . Il sapere e conoscenza devono essere patrimonio di tutti. La Bibbia è ricca di allegorie in merito. Come il potale del Duomo di Modena. Una sorta di Biblia pauperum dove è narrata un'epopea dedicata alla presa di coscienza della comunità". Dello stesso avviso Mariangela Bastico, assessore alla scuola dell'Emilia Romagna: "Abbiamo un tasso di abbandono tra i più alti d'Europa. Ma non investendo in istruzione fin dall'infanzia questa piaga permarrà. A livello locale ci stiamo battendo e abbiamo ottenuto buoni risultati. Solo un 10% non completa gli studi". In ballo ci sono anche gli adulti. Tanto che lo Ials (International Adult Literacy Survey) ha inserito l'Italia tra uno dei paesi a rischio alfabetico. Come il Cile, Polonia, Ungheria, Slovenia e Portogallo. "Da noi non esiste il concetto di formazione continua - afferma Andrea Ranieri, Ds - . Abbiamo uno dei tassi più bassi di over 50 al lavoro perchè, privi di strumenti, non sono in condizione di gestire il cambiamento. E ciò è dovuto principalmente all'esiguo numero d'imprese e di istituzioni che investono regolarmente nella formazione dei propri dipendenti. Appena il 22%".


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