unità-Italia, Paese delle Aspettative Decrescenti
Italia, Paese delle Aspettative Decrescenti Bruno Bongiovanni La rivoluzione delle aspettative crescenti. L'espressione, ricavata dalla sociologia americana, era un tormentone opportunam...
Italia, Paese delle Aspettative Decrescenti
Bruno Bongiovanni
La rivoluzione delle aspettative crescenti. L'espressione, ricavata dalla sociologia americana, era un tormentone opportunamente elargito da Alberto Ronchey al tempo della sua direzione de La Stampa. Tale "rivoluzione" aveva a che fare con la volontà di investire nel futuro. Negli anni '60, e ancora per larga parte degli anni '70, e non solo in Italia, quasi ogni coppia di genitori, negli strati medi, e ancor più medio-bassi, aveva una assai fondata speranza che i propri figli avrebbero avuto migliori condizioni di vita. Il futuro, poi, si riverberava con forza sul presente e riguardava la vita degli stessi genitori. Si affacciavano altresì, sulla scena dell'esistenza quotidiana, nelle aree più prospere del pianeta, giovani e giovanissimi che, nella gran maggioranza, non avevano mai conosciuto la guerra in casa, anche se i francesi erano stati coinvolti nelle fallimentari guerre coloniali e gli americani erano impegnati (senza un miglior esito) in Vietnam. Proprio per questo la guerra appariva uno scandalo assoluto. Tali giovani, i cosiddetti baby-boomers, soprattutto quelli che potevano accedere a una scolarità superiore, ma anche tanti operai specializzati, e persino una parte di quanti avevano dovuto subìre il trauma dell'emigrazione, si avvalevano inoltre di un benessere, e di un soddisfacimento della propria propensione ai consumi, quasi sempre superiori a quelli delle precedenti generazioni. Proprio per questo la fame, la povertà, l'analfabetismo, la sessuofobia, l'oscurantismo di convenzioni improvvisamente apparse arcaiche, nonché la miseria materiale e morale delle istituzioni totali (il carcere, il manicomio, l'orfanotrofio), apparivano a loro volta uno scandalo assoluto. E intollerabile.
Nell'epoca delle aspettative crescenti vi era oltre tutto una "zona grigia" moderata - la maggioranza degli italiani -, che attraversava il periodo senza ideologismi politicizzati e che nondimeno era del pari travolta dalla trasformazione delle mentalità e segnata dal desiderio di redistribuire tra i molti la ricchezza (anche sul piano del "salario civile", che voleva dire sanità, scuola, previdenza) accumulata dai pochi negli anni ancora vicinissimi della rivoluzione industriale di massa (1958-'63). La forza delle cose attutiva gli strilli bigotti dei tanti Buttiglione dell'epoca, cattolici e laici. Si leggano i periodici moderati di quegli anni. I sommovimenti della famiglia non erano amati, così come il presunto disordine che ne derivava, eppure tutti erano convinti, come il non entusiasta Tocqueville davanti alla democrazia vista in America, che erano ineluttabili.
Oggi non è più così. Hanno più aspettative, in Italia, le badanti romene che gli elettori della Lega, tristemente autoreclusi nelle loro riserve indiane. E quindi collericamente ostili a tutto ciò che è "straniero". Questo governo è l'effetto estremo della perdita della fiducia nel futuro. Ci vuole un "New Deal" che assecondi l'erompere di mentalità collettive che già esistono e che sono soffocate dalla diffidenza e dalla paura.