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Unità it: Pubblico impiego, «in pensione tra i 62 e i 67 anni»

Fissare l'accesso al pensionamento di vecchiaia nel pubblico impiego in un'unica età per uomini e donne «tra i 62 e i 67 anni». Lo prevede un emendamento di Cinzia Bonfrisco (Pdl) alla legge comunitaria che da mercoledì sarà all'esame dell'Aula del Senato.

09/03/2009
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l'Unità

Pubblico impiego, «in pensione tra i 62 e i 67 anni»

Fissare l'accesso al pensionamento di vecchiaia nel pubblico impiego in un'unica età per uomini e donne «tra i 62 e i 67 anni». Lo prevede un emendamento di Cinzia Bonfrisco (Pdl) alla legge comunitaria che da mercoledì sarà all'esame dell'Aula del Senato.
Si tratta dell'atteso emendamento attraverso il quale si potrebbe dare una risposta alla richiesta dell'Europa di innalzare l'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego.
L'emendamento della senatrice del Pdl è, come si legge nel testo, «una delega al governo per l'attuazione della sentenza della Corte di Giustizia delle comunità europee» dello scorso 13 novembre. «Il governo è delegato ad adottare - si legge nel testo dell'emendamento di Bonfrisco alla Comunitaria - entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente legge» un decreto legislativo che, in attuazione della sentenza della Corte di Giustizia europea, «adegui la normativa che disciplina l'accesso al pensionamento di vecchiaia vigente nel settore pubblico, fissando, per uomini e donne, un'unica età a regime tra i 62 e i 67 anni,
prevedendo a tal fine adeguati meccanismi di gradualità e flessibilità».
«Il governo - si legge nel testo - è delegato ad adottare entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente legge un decreto legislativo che, in attuazione della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, adegui la normativa che disciplina l'accesso al pensionamento di vecchiaia vigente nel settore pubblico, fissando, per uomini e donne, un'unica età a regime tra 62 e 67 anni, prevedendo a tal fine adeguati meccanismi di gradualità e flessibilità».
«Credo che non sia questo il momento di fare nessuna forma di innalzamento dell'età pensionabile, perché la materia
previdenziale l'abbiamo appena sistemata un anno fa e non c'è bisogno di tornarci» ha detto il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. Il quale ha poi ricordato che «i conti dell'Inps sono molto floridi, come si sapeva anche grazie all'accordo fatto con il governo Prodi l'anno scorso. E quando metti mano a queste materie - ha proseguito - devi sempre tenere a mente le conseguenze delle manovre. Se si innalza l'età pensionabile per le donne nel settore pubblico immediatamente è un problema del settore privato perché non puoi fare due pesi e due misure». Per Epifani innalzare l'età di vecchiaia delle donne «penalizza queste ultime in un momento in cui la crisi è forte. Quindi - ha spiegato - la cosa migliore è prendere tempo, non fare nulla di tutto questo e passata la crisi mettersi attorno ad un tavolo per vedere qual sia la modalità migliore di uscita dal lavoro». Epifani ha poi detto di essere convinto che «sia quella del ripristino di una flessibilità in uscita come c'era nella vecchia riforma Dini che poi è stata superata dalla legge Maroni. Insistere sulla rigidità dell'età di uscita secondo me è uno sbaglio che non serve alle imprese e ai lavoratori i quali devono poter essere liberi all'interno di una forchetta di poter decidere quando andare in pensione di vecchiaia se un pò prima o se un po' dopo».
Di diverso avviso il ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione Renato Brunetta, che si è detto convinto che le donne del pubblico impiego accoglieranno di buon grado l'innalzamento della loro età pensionabile se i risparmi di questa operazione saranno investiti nei servizi di welfare familiare. «Credo che nessuna donna potrà dire di no - ha affermato il ministro a margine del Forum P.a. a Palazzo Marino a Milano - se si dice loro che tutto quanto sarà risparmiato in spesa pubblica servirà per il welfare familiare: asili nido, carriera, salari. Cosa diversa se si alza soltanto (l'età pensionabile, ndr) e quanto risparmiato verrà messo altrove. Questo sarebbe francamente poco accettabile».
«La questione dell'allungamento dell'età pensionabile delle donne è posta nel momento sbagliato e in maniera errata - ha detto l'ex ministro Tiziano Treu - si tratta di un vero testacoda della logica. In un periodo di crisi, e soprattutto in un paese come l'Italia, il problema vero oggi è quello di riuscire a garantire alle donne parità nell'accesso al lavoro, equiparazione di trattamento e soprattutto la possibilità di mantenere il posto visto che sono le prime a rischiare di perderlo».


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