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Unità it: La rivolta nelle università: Sarkozy come Berlusconi?

L'università e la ricerca scientifica di Francia sono in rivolta. Contro la riforma voluta dal presidente Nicolas Sarkozy che il ministro, signora Valérie Pécresse, sta realizzando.

11/02/2009
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l'Unità

di Pietro Greco

La riforma consiste nel favorire la formazione di una dozzina di campus universitari di eccellenza disseminati in tutta la Francia e in grado di partecipare da protagonisti assoluti alla competizione scientifica internazionale. Il governo sostiene di aver messo in campo 5 miliardi di euro per sostenere questa riforma. La quale prevede, anche, una piena autonomia dell'università, che dovranno cercare sul mercato la gran parte dei fondi (dallo scorso primo gennaio le prime dieci università sono entrate nel nuovo regime) e una valutazione dei docenti, sulla base di rigidi parametri quantitativi che riguardano sia la ricerca che la didattica. Il progetto di Sarkozy prevede il cambiamento di funzione degli enti di ricerca generalisti, come il CNRS, e la formazione di enti poi specializzati: a dicembre, per esempio, è nato l'Istituto Nazionale di Scienze delle Vita.

La riforma nasce dalla consapevolezza che, nell'era della conoscenza, l'alta formazione e la ricerca scientifica sono la leva per lo sviluppo non solo culturale, civile e sociale di un paese, ma anche economico. In pratica si tratta di una riforma di tipo "liberista" - dobbiamo fare con in gran Bretagna, dove le università e il sistema di ricerca e di alta formazione è (sarebbe) più competitivo, sostiene Sarkozy - realizzata a tambur battente senza ascoltare gli universitari e i ricercatori. Al contrario, sfidandoli e persino irridendoli.

Tutto questo ha provocato la reazione molto forte dei ricercatori e degli universitari. Che contestano il metodo, il merito e la portata della riforma.

Nel metodo contestano, appunto, l'autoritarismo e la natura liberista della riforma.

Nel merito contestano:

a) L'abolizione dello statuto nazionale che regola l'attività dei docenti, sostituito da norme che potranno cambiare di caso in caso;

b)Il tasso accentuato di precarizzazione del lavoro;

c)Lo spirito "privatistico" che da un lato ridurrà il budget pubblico delle università e le indurrà ad aumentare le rette degli studenti, e dall'altro favorirà un'ambigua commistione con le imprese private nell'utilizzo dei dottorandi;

d)Il sistema di valutazione, giudicato inetto e inefficace;

e)La soppressione del CNRS, punto di forza della ricerca francese.

Quanto ai quattrini pubblici, andranno quasi totalmente verso i campus d'eccellenza, mentre invece le restanti università (sono 85 in Francia) vedranno drasticamente ridotto il loro budget. Inoltre i 5 miliardi di euro di cui parla il governo sono del tutto virtuali. In primo luogo perché essi si riferiscono anche ai 3,7 miliardi provenienti dalla vendita delle azioni EDF e già investiti. La verità - sostengono i ricercatori - è che nel 2009 l'aumento dei fondi pubblici per l'università e la ricerca non andrà oltre i 159 milioni di euro. E nel triennio 2009-2011 l'aumento degli investimenti non supererà gli 800 milioni di euro. Molto meno di quanto sostiene il governo, dunque.

Sarkozy si vanta di aver portato gli investimenti pubblici in ricerca allo 0,85% del Pil, il massimo mai raggiunto dal paese. Ma, fanno notare i ricercatori, una parte notevole di questi fondi vanno o alla ricerca militare o alle imprese private. La cifra che viene effettivamente spesa nella ricerca civile pubblica non va oltre lo 0,6% del Pil.

Questi, in estrema sintesi, i fatti. Ora un breve commento. Comparativo.

In Francia, come in Italia, la comunità dei ricercatori, dei docenti universitari e degli studenti è in rivolta contro la riforma del governo.

I governi dei due paesi sono accusati entrambi, giustamente, di progettare un drastico cambiamento del sistema in maniera autoritaria. Senza ascoltare chi fa ricerca e alta educazione. E, anzi, sfidando la comunità. Il che li porta a commettere errori tanto grandi quanto gratuiti.

Entrambi i governi sono accusati, giustamente, di muoversi sulla base di un'ideologia, di natura neoliberista, che in questo momento appare sulla difensiva in tutto il mondo.

Ci sono due differenze, tuttavia, tra il governo Sarkozy e il governo Berlusconi. Il governo francese di destra sostiene di avere piena consapevolezza della centralità per il futuro del paese della ricerca e dell'alta educazione. Considera decisiva la sua riforma. E, almeno a parole, la finanzia con grandi cifre. Nei fatti, queste cifre vanno piuttosto ridimensionate. Ma comunque c'è un incremento delle risorse messe a disposizione del progetto.

Il governo italiano di destra non mostra alcuna consapevolezza della centralità per il futuro del paese della ricerca e dell'alta educazione. E infatti ha previsto, per i prossimi cinque anni, non un aumento, ma un taglio di 1,5 miliardi dei fondi per le università italiane.


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