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Unità: Internet imbrigliata dai messaggi «spam»

UNA VALANGA di spazzatura sommerge le nostre caselle di posta elettronica. Secondo alcuni le mail abusive sono l’86%. Cosa c’è dietro? Un modo per far soldi. Dalla pubblicità alla speculazione finanziaria

26/02/2007
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l'Unità

di Toni De Marchi

Symantec, uno dei maggiori produttori mondiali di software di sicurezza, stimava che alla fine del 2005, il 50 per cento di tutto il traffico Internet generato dalle email fosse rappresentato dal cosiddetto «spam». Un anno dopo, a dicembre 2006, MessageLabs, un’altra società che opera nel settore della sicurezza delle reti, valutava la percentuale di spam sul totale delle email circolanti in rete pari all’86,2 per cento.

Un dato impressionante, ma forse addirittura sottostimato se dovessi basarmi sulla mia personale esperienza: tra il 21 e il 23 febbraio in una delle mie caselle email private sono arrivati 210 messaggi di spam, contro una sessantina di messaggi legittimi. Fortunatamente si tratta di una casella a pagamento con un efficiente servizio di filtro che blocca i messaggi prima che arrivino a congestionare il computer. Ma in un’altra casella - di quelle fornite gratuitamente - negli stessi tre giorni sono arrivate 412 mail abusive.

Quello dello spam è un fenomeno che ha già assunto una dimensione economica gigantesca e sta progressivamente sostituendo, in termini di minacce concrete alla operatività della rete e delle attività che vi si svolgono, persino i virus. Le ragioni sono molte, naturalmente, ma quasi sempre chi ne fa uso ha un obiettivo economico ben preciso. Non a caso l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha istituito una task force apposita con il solo obiettivo di vincere, o almeno contenere, la sfida posta dallo spamming. Se ne è parlato anche recentemente in due importanti summit sulla governance di Internet promossi dall’ITU, l’International Telecommunication Union, a Tunisi e più recentemente ad Atene.

E pensare che «spam» nasce da uno sketch dei Monty Pythons alla tv inglese, dove la parola «spam» canticchiata ossessivamente copre tutto il dialogo fino a renderlo inintelligibile. Vecchio come Internet, lo spam diventa aggressivo quando qualcuno ne scopre le potenzialità economiche. La più banale è quella della vendita online: valanghe di email che offrono qualsiasi cosa, dai Rolex alle pillole per il sesso. Secondo uno studio presentato alla Conference on Email and Anti-Spam del 2004 ben il 5 per cento delle persone che ricevono spam commerciale hanno acquistato qualcosa in risposta ad una di queste mail. Se consideriamo quanti milioni di mail circolano ogni giorno, possiamo facilmente fare una calcolo del ritorno economico.

Anche perché i costi dello spamming sono praticamente nulli: l’investimento maggiore è l’acquisto delle liste di indirizzi. Sophos, una società britannica di sicurezza su Internet, ha pubblicato nel luglio 2006 una sorta di listino prezzi delle liste abusive di indirizzi email che si trovano in vendita su Internet. Alcuni siti russi vendono liste di un milione di indirizzi per 50 dollari statunitensi, oppure 500 dollari per undici milioni di indirizzi. Come si conviene a qualsiasi commerciante, c’è lo sconto quantità del 10 per cento. E Sophos segnala un’altra tendenza, che molti di noi hanno già potuto registrare: la sostituzione del testo dei messaggi con immagini dello stesso. Un’immagine non può essere letta dai filtri antispam che molte organizzazioni utilizzano e così passa indenne attraverso le maglie della censura. Che talvolta per cercare di essere efficace provoca più danni di quanti non ne eviti, fermando anche molte email legittime.

Oppure c’è lo spamming finanziario. Emblematico il caso di Jeffrey Steven Stone, indagato dalla SEC statunitense (l’equivalente della nostra Consob) per aver fatto salire il valore delle azioni di una piccola società mandando centinaia di migliaia di mail che invitavano a comperarle. In molti ci avevano creduto, e appena il corso delle azioni è aumentato ha venduto quelle che possedeva realizzando un profitto di quasi un milione di dollari.

Ma le frontiere su cui si muovono gli spammers oggi sono il phishing e la telefonia mobile. Il phishing è quello spam che, spacciandosi per la vostra banca vi chiede di fornire dati che permettono allo spammer di accedere ai vostri conti correnti o alle carte di credito. Secondo MessageLabs, la percentuale di spam finalizzato al phishing è passata dal 10,6 per cento del gennaio 2006 al 68,8 di dicembre. Il telefonino sta diventando un rischio mano a mano che incorpora un vero e proprio sistema operativo che lo rende più simile ad un computer che a un telefono. Puntare sui telefonini oggi ha senso per gli spammer perché il cellulare è sempre più un terminale multimediale su cui, per di più, sono conservate centinaia, migliaia di informazioni private. Quasi sempre non protette. Un Eldorado, per loro, un probabile incubo per noi.


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