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Unità: Insegnamenti e contraddizioni di una grande piazza

Occorre però osservare che in quel lungo e animato rosso corteo, era possibile sentire espressioni diverse, spesso contrapposte

05/11/2006
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l'Unità

Bruno Ugolini

Una grande manifestazione. La denuncia colorita, spesso efficace, di un pezzo sofferente della società che rivendica diritti e tutele. Tante voci che parlavano al governo, voci da ascoltare, hanno dichiarato molti tra i promotori. E sarebbe un grave errore non tenerne conto. Lo stesso Prodi ha dato una prima risposta, assicurando un rinnovato impegno.

Occorre però osservare che in quel lungo e animato rosso corteo, era possibile sentire espressioni diverse, spesso contrapposte. C'era quella espressa dai dirigenti della Fiom, dell'Arci, dei Verdi, di Rifondazione Comunista, del Pcdi. Era evidente che facevano di tutto per cercare di circoscrivere possibili strumentalizzazioni e si stringevano attorno allo striscione che gridava soltanto un "No alla precarietà".

Un modo per far capire che non si trattava di una manifestazione anti-Finanziaria e anti-governo e che il centrosinistra doveva fare molto di più, anche se non si aggiungeva che alcune serie misure erano già state adottate. Come l’utilizzo del cuneo fiscale per incentivare i posti fissi e non quelli ballerini.

Altre voci andavano, però, molto più in là. Dicevano che questo governo è quasi come il governo Berlusconi e se ne deve andare. Non solo: parlavano delle Confederazioni sindacali come accolite di traditori. Erano le voci dei Cobas, guidate da Piero Bernocchi, un quasi sessantenne, dagli anni Ottanta segretario generale inamovibile di uno pseudo sindacato corporativo. Lui e i suoi seguaci tornavano a scagliare pesanti insulti contro la Finanziaria e il ministro Damiano, invocandone le dimissioni.

Nessuno faceva notare che Damiano non agisce a titolo personale, ma a nome di un governo di cui erano parte autorevole anche alcuni manifestanti. E faceva impressione il silenzio sugli insulti a lui riservati. Faceva impressione il fatto che la metà più responsabile marciasse senza batter ciglio accanto all’altra metà con la quale nessuno può credere che si condividesse il giudizio sul governo e sulle Confederazioni.

Sono le contraddizioni di una giornata su cui occorrerà riflettere. Il timore è che i mass media e quindi l'opinione pubblica non ne colgano gli aspetti migliori. Ovverosia il fenomeno di una flessibilità dilagante e che troppo spesso si risolve in mera precarietà, presente in innumerevoli testimonianze. Non sarà questa, temiamo, la notizia imperante.

Sarà invece quella di un governo imbelle, considerato anch'esso assai precario. Non è un bel risultato. Così come non è un bel risultato l'immagine di una sinistra e di un sindacato che non riesce a costruire un'azione unitaria. A meno che non si pensi che il futuro sia un'alleanza con i Cobas.

E invece da questa denuncia in piazza sulla precarietà - a parte le possibili rese dei conti interne - dovrebbe nascere non solo un impegno più pregnante delle forze di governo (comprese quelle che manifestavano) ma soprattutto sindacali. Abbiamo ascoltato, per esempio, una radio assai di sinistra, "Onda rossa".

Tra le tante interviste, una ragazza della Piaggio di Pontedera parlava della non facile coabitazione, in fabbrica, tra 2500 lavoratori "fissi" e mille precari. Siamo sicuri che non sia necessario un cambiamento di rotta? E che non basti predicare la stabilizzazione?


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