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Unità: «In pochi hanno difeso davvero la Cgil»

«Il sindacato farà una analisi severa ma anche nel centrosinistra ho visto freddezza»

18/02/2007
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l'Unità

I sassolini di Epifani

di Giampiero Rossi / Milano / Segue dalla prima

Il segretario generale della Cgil è soddisfatto per l’andamento della manifestazione di Vicenza. Ma non rinuncia ad alcune amare riflessioni su quanto è accaduto ed è stato detto in una settimana pesante per la Cgil. Informazione e politica, soprattutto nel centrosinistra, sono infatti i bersagli di alcuni “sassolini” che il leader della Cgil ha deciso di togliersi dalle scarpe.

Epifani, alla fine a Vicenza c’è stata soltanto una manifestazione. Eccesso di allarmismo?

«La materia era molto delicata, era annunciata la presenza di forze sociali anche estreme. Ma un conto è agire per prevenire i rischi, altro è alimentare le tensioni».

La presenza della Cgil al corteo è stata molto visibile. C’era anche l’obiettivo della “vigilanza”?

«Tra le esagerazioni di questa settimana c’è anche quella sul nostro mitico servizio d’ordine: il sindacato si dà sempre da fare perché i cortei si svolgano serenamente, ma non spetta a noi garantire lo svolgimento democratico delle manifestazioni. E ricordo che la nostra presenza a Vicenza non ha avuto alcun profilo antiamericano ma era basata sulla condivisione delle critiche a quel progetto dal punto di vista ambientale, urbanistico e di vivibilità del territorio».

Per la Cgil questa manifestazione è arrivata dopo una settimana tesa. La scoperta di una presunta nuova rete terroristica è un ritorno al passato?

«In parte sì, ci ha riportato indietro nel tempo, ma più che altro ci ha indotto interrogarci sul presente, cioè sul rapporto tra il vecchio che rialza la testa e nuovi fenomeni che affiorano. E devo dire che noi tutti siamo sinceramente molto contenti del lavoro svolto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. Dobbiamo a loro un’iniziativa che ha saputo colpire una struttura, che si stava organizzando, prima che potesse commettere delitti. È un lavoro investigativo che aiuta noi del sindacato prima di tutti».

Però la circostanza che diversi tra gli arrestati risultino vostri iscritti ha fatto sì che la sigla «Cgil» campeggiasse in quasi tutti i titoli accanto alla parola «terrorismo»...

«È un’altra novità di questa vicenda. Abbiamo riguardato i giornali del periodo in cui fu sgominato il gruppo terroristico responsabile degli omicidi D’Antona e Biagi. Anche in quel caso era emerso che della cellula facevano parte un paio di iscritti alla Cgil, ma non c’era alcuna enfasi, appariva quasi comprensibile che in un corpo grande come il nostro qualcuno avesse cercato la sua copertura. Ora invece c’è un’enfasi forte e in alcuni casi imbarazzante per quegli stessi giornali. Come quello che ha sparato in prima pagina la notizia di 20 nuovi indagati tutti iscritti alla Fiom puntualmente ripresa da altri organi di informazione senza alcun controllo. C’è stato addirittura un ribaltamento di ruoli: un tempo la magistratura e le forze dell’ordine erano le fonti delle notizie per i giornali, ora abbiamo assistito al confezionamento di una notizia da parte dei giornali e alla smentita della magistratura».

E perché è accaduto? Ce l’hanno con voi?

«Me lo sono chiesto anch’io. Perché ingigantire fatti che sono già molto gravi? Perché in quel modo, trasformando una serie di perquisizioni in 20 nuovi indagati tutti iscritti a una nostra categoria? Per indebolire e dividere il sindacato? Quale teorema si vuole costruire? Questo è il punto, naturalmente dopo aver guadato noi per primi in casa nostra. Io lascio che sia la magistratura a lavorare e a fare luce sulla realtà, ma non capisco perché si voglia fingere di ignorare che noi siamo da sempre un baluardo importantissimo contro il terrorismo. Siamo la forza nazionale più radicata nel mondo del lavoro, siamo un vero presidio di democrazia e siamo impegnati in un lavoro di recupero di unità sindacale anche nei luoghi di lavoro. Davvero non si capisce perché si debba indebolire questo nostro ruolo».

D’altra parte anche dalla politica non avete ricevuto soltanto attestati di solidarietà. Fini ha sorpreso tutti, ma qualcuno nel centrosinistra non ve le ha risparmiate...

«In questo colgo una debolezza della politica, secondo me spinta dalla campagna mediatica. Se devo imputare qualcosa al centrosinistra è proprio la tendenza ad andare troppo dietro a ciò che dicono tre o quattro grandi giornali. Non avendo più radici, tendono a ragionare da partiti d’opinione e a collocarsi a metà tra la Cgil e quei giornali».

Però in tanti hanno difeso la Cgil.

«Certo, non lo nego, ma ho notato anche che in tanti hanno detto “la Cgil è un baluardo della democrazia” aggiungendo sempre un “tuttavia” o un “ma”. E questo non lo capisco. Fini fa un ragionamento forte, dal suo punto di vista anche coraggioso, probabilmente legato a una sua strategia politica, ma il centrosinistra non ha parlato con la stessa nettezza e lealtà di Cisl e Uil. D’altra parte è anche vero che in questi anni noi abbiamo costruito e rafforzato la nostra autonomia, ora dobbiamo imparare a camminare con le nostre gambe, sia quando tutto va bene sia quando ci sono passaggi difficili. E adesso, appunto, dobbiamo interrogarci profondamente sulla nostra parte di responsabilità».

E cosa farete in concreto?

«Già in novembre avevo invitato tutti quanti a prestare grande attenzione anche al linguaggio e ai toni. Proseguiremo in questo impegno culturale forte, continueremo a fare il sindacato che deve fare i conti ogni giorno con persone in carne e ossa che pongono problemi veri. E parallelamente dovremo sforzarci ancora di più nel nostro compito di formazione».

Cioè nei confronti dei più giovani, visto che sono loro la preoccupante novità di questa vicenda?

«Non credo che ci sia un rapporto diretto tra disagio giovanile nel mondo del lavoro e terrorismo, ma di sicuro faremo formazione su cosa è stata la lotta al terrorismo ai ragazzi che non ne hanno sufficiente memoria storica. Non diamo niente per scontato».


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