Unità: In cattedra la grande truffa
Nicola Tranfaglia
Povera università italiana!
Per chi vi ha passato gli anni migliori e più gratificanti della sua vita, affrontare il pasticcio dei test universitari è assai triste perché il numero chiuso è una dura necessità per gli atenei (e sono quasi la totalità) che non dispongono degli spazi e delle strutture didattiche necessarie per tutti gli studenti che aspirano a iscriversi a determinate facoltà (a cominciare da Medicina). Ma anche perché le vicende di questi giorni dimostrano che ci sono state gravi irregolarità e, in alcuni casi, reati gravi(come plichi aperti e moduli spariti) all’origine del colossale pasticcio che viene denunciato nelle università di Bari, Catanzaro e Messina.
Nulla può escludere, peraltro, che nei prossimi giorni si verifichi che altri casi sono avvenuti in altri atenei.
Dal punto di vista politico, c’è, da una parte, la necessità di garantire il massimo appoggio al governo e in particolare al ministro dell’Università Mussi, se, come ha già dichiarato,compirà un controllo rigoroso di quello che è avvenuto,delle responsabilità dell’istituzione universitaria, dei presidi e dei rettori che hanno sovrinteso, come la legge richiede, allo svolgimento delle prove e della loro regolarità.
Qui si toccano diritti fondamentali dei giovani che già in molti casi frequentano università carenti per corsi troppo affollati e scadenti strutture didattiche. Non si può continuare a sfornare test con errori anche marchiani, come quelli decisi quest’anno per le prove di Medicina. Da questo punto di vista non dovrebbe esser difficile accertare le responsabilità di chi ha sbagliato.
A leggere alcuni quesiti cosiddetti di cultura generale che riguardavano l’Unione Europea si è avuta l’impressione che fossero sbagliati sia i quiz sia le risposte previste da chi ha dettato il quiz. E questo è veramente il colmo.
Se poi a tutto questo si aggiunge l’indagine compiuta dalla Guardia di Finanza nelle università di Ancona, Bari e Catanzaro che ha verificato l’esborso enorme a cui vengono sottoposti gli studenti che aspirano a frequentare la facoltà di Medicina e che sono di fatto da aggiungere alle tasse di iscrizioni anche pagamenti supplementari con cifre che superano gli ottomila euro il quadro che ne deriva è tragico.
Se poi si verifica che per un simile ladrocinio di massa si formano gruppi affaristici che includono tra i propri organizzatori docenti universitari e impiegati dello stesso ateneo si deve parlare senza ritegno di vere e proprie organizzazioni a delinquere.
Quando si legge ancora, nel rapporto della Guardia di Finanza, che probabilmente molti si iscrivono alle prove con l’unico scopo di far superare il test a veri studenti (che a loro volta li pagano, obbligatoriamente in nero per compiere questo vero e proprio reato) si è presi di fronte a una vera e propria angoscia di fronte a un panorama contrassegnato, soprattutto nella società meridionale, di una vera e propria vocazione alla illegalità e di profonda sfiducia nelle leggi dello Stato. Proprio negli istituti superiori che dovrebbero essere più che mai il tempio dell’uguaglianza e della legge.
Del resto, anche i risultati che fanno vedere i più alti punteggi in alcune università che pure non compaiono come tra le migliori d’Italia sul piano didattico e scientifico non è facile per gli osservatori dei nostri studi credere alla regolarità di quelle prove.