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Unità: Il Tempo Stringe

È in questo quadro che bisogna concentrarsi per vincere il referendum sulla Costituzione, ritirare i nostri soldati dall’Iraq ma delineare anche scelte decisive sulla scuola, sulla cultura, sulla politica economica per le grandi masse dei lavoratori italiani.

22/05/2006
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l'Unità

Nicola Tranfaglia

Il discorso che Prodi ha fatto al Senato - e che domani terrà alla Camera per completare l’iter per la piena fiducia al nuovo governo - non affronta, e non poteva farlo, tutti i problemi dell’Italia in questo momento.
Per fare soltanto un esempio, non si accenna neppure al problema della lotta contro le associazioni mafiose che è necessaria e urgente dopo cinque anni di abbandono da parte di una maggioranza parlamentare e di un governo che hanno teorizzato la coabitazione, se non peggio, con le organizzazioni criminali che controllano il territorio di quattro regioni meridionali (come risulta, peraltro, dalla scandalosa relazione conclusiva di maggioranza della Commissione Antimafia dell’on. Centaro). Ma è stato, complessivamente, un discorso chiaro e netto
Un discorso che ha messo in fila i problemi centrali del Paese, ha riportato in vita la questione del conflitto di interesse, ha delineato una nuova e diversa politica economica ed estera, ha ricollocato l’Europa al centro della politica italiana ed ha mantenuto la promessa elettorale ma importante del ritiro delle truppe italiane in Iraq.
Ora si tratta di tradurre in fatti precisi le indicazioni del governo che, a parte la presenza insufficiente di donne e di giovani, e una certa abbondanza di sottosegretari, si presenta come una compagine forte e rappresentativa delle anime diverse del centrosinistra.
L’atteggiamento tenuto dall’opposizione - lo ha notato Massimo D’Alema nell’ampia intervista data a questo giornale - mostra il disorientamento e l’incertezza in cui si aggira la cosiddetta Casa delle Libertà e, in primo luogo, il suo leader Silvio Berlusconi.
La gazzarra contro i senatori a vita ne è una drammatica conseguenza. Andreotti era stato fino al giorno prima il candidato del centrodestra alla presidenza del Senato ed ora viene fischiato perché dice sì a Prodi. E il presidente Ciampi, che il centrodestra diceva di voler candidare a un nuovo settennato, ha subito la medesima sorte per non parlare di Cossiga che pure in questi anni li ha più volte sostenuti.
Si tratta, insomma, di un’armata allo sbando che sta ancora in piedi nella speranza di vincere il referendum sulla Costituzione del 25-26 giugno ma che è già pronta a sfasciarsi se il centrosinistra sarà, come speriamo, in grado di respingere quel vero e proprio attentato alla Costituzione preparato dai “quattro saggi” del Cadore nella lontana estate del 2003.
Ma questo non è un fatto positivo per la vita repubblicana. È necessario per il miglior funzionamento del Parlamento che i vari soggetti del centrodestra chiariscano una volta per tutte se il leader resta Berlusconi o se altri lo sostituiranno e quale sarà la linea dell’opposizione nei prossimi mesi: quella estremistica che ha come pilastri il binomio Bossi-Berlusconi o quella più moderata che perseguono Fini e Casini?
La prima condurrà a uno scontro continuo nel Parlamento e nel Paese con danni conseguenti per lo sforzo comune di superare la crisi economica attuale e affrontare i problemi maggiori senza che l’opinione pubblica possa mettere a confronto due visioni diverse della società già da tempo emerse negli ultimi anni.
Un’opposizione degna di questo nome dovrebbe presentare proposte alternative a quelle della maggioranza e non cercare di mobilitare la piazza o continuare l’infinito lamento sui risultati elettorali.
Ma speriamo poco in questa eventualità. Temiamo che Berlusconi, sulla base dei risultati elettorali, continui a tenere saldamente le redini del potere nella Casa delle Libertà e prosegua la politica del muro contro muro sognando la caduta del governo Prodi e il ritorno alle urne.
Da questo punto di vista, che politicamente ha un certo rilievo, è indispensabile che il governo lavori rapidamente per dare agli elettori di centrosinistra, ma anche a quelli delusi dalla politica di Berlusconi, segni tangibili di una politica nuova, di riforme radicali, di svolte nette nella politica economica e sociale ma anche in quella dell’istruzione, della cultura, della famiglia e dei lavoratori.
Il tempo è scarso per il governo come per il Parlamento e i primi tre-quattro mesi saranno decisivi per modificare a favore del centrosinistra la situazione incerta e fluida che si avverte ancora oggi parlando con i cittadini in molte regioni dell’Italia. È in questo quadro che bisogna concentrarsi per vincere il referendum sulla Costituzione, ritirare i nostri soldati dall’Iraq ma delineare anche scelte decisive sulla scuola, sulla cultura, sulla politica economica per le grandi masse dei lavoratori italiani.


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