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Unità: Il sindacato e gli avvoltoi del terrorismo

CGIL E DEMOCRAZIA Dall’autunno caldo a Biagi e D’Antona: l’argine all’offensiva Br e quei «no» pagati con il sangue

13/02/2007
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l'Unità

Bruno Ugolini

L’analisi

Anche per opera del sindacato e in primo luogo della Cgil che cercò in tutti i modi, con alla testa uomini come Luciano Lama e Bruno Trentin, di prosciugare l'acqua del consenso attorno ai criminali. Non fu una battaglia facile perchè quei giovanotti, travestiti di rosso, indossavano le maschere della giustizia sociale, della lotta di classe. E certo la loro irruzione negli anni 70 costò centinaia di morti. E per conseguenza finì con lo snaturare e disperdere il movimento di lotta che era partito dall'autunno caldo. Tanto che oggi si rievocano proprio quegli anni, in libri e conferenze, non per esaltare il loro carico di conquiste sociali, bensì per piangere sul sangue versato da magistrati, studiosi, giornalisti, politici, agenti, dirigenti d'azienda.
Oggi, come dimostra l'inchiesta condotta da Ilda Boccassini, i neo-brigatisti ritornano con propositi non dissimili da quelli esperimentati nel passato. E concretizzati, più di recente, nell’assassinio di Massimo D'Antona e Marco Biagi. Non a caso in uno dei loro fogli di stampa si legge della «necessità di inserirsi in tutti gli scenari di conflitto sociale e sindacale». Sono un gruppo - quelli scoperti, arrestati, indagati - composto da qualche cinquantenne e molti poco più che ventenni. Le indagini, come si suol dire, faranno il loro corso. Ma già molto si può arguire dai ritrovamenti d'armi e documenti e dalla dichiarazione di uno di loro che parafrasando senza vergogna un antico motto dei partigiani antifascisti ha osato ripetere: «Sono un prigioniero politico».
Tra costoro numerosi hanno in tasca la gloriosa tessera della Cgil. Come è successo proprio anche nel passato. Un dato allarmante che dimostra come non si debba mai abbassare la guardia, cullarsi nell'indifferenza e che ha spinto la Cgil stessa ad un prima misura di sospensione. Un modo per alzare un ponte levatoio tra chi è anche solo sospettato di terrorismo e un'organizzazione che non intende mischiare la propria storia con tali orride vicende. E suscita indignazione il vedere che ci sia qualcuno che ne approfitta per tentare d'infangare il sindacato e la sinistra nel suo complesso.
Un sindacato che conserva viva nella sua memoria la figura emblematica di Guido Rossa, l'operaio militante genovese dell'Italsider ucciso proprio dalle Br. Appare anche davvero avventuroso fare di tutta un'erba un fascio: mettere insieme i tifosi «ultras» che domenica fischiavano la polizia a Roma, gli atti di «bullismo» nelle scuole e le operazioni criminali addebitate ai brigatisti arrestati. Magari denunciando l'emergere di spinte eversive nella prossima manifestazione di Vicenza. Così come appare provocatorio l'invito a chiudere i centri sociali, visti come covi brigatisti.
Sono considerazioni e proposte avanzate dai vari esponenti del centrodestra, scatenati come non mai nel tentativo di coinvolgere la sinistra. Quel che colpisce nei vari Bondi e Calderoli sono gli elogi sparsi a piene mani alle forze dell'ordine capeggiate in questo caso da un magistrato come Ilda Boccassini. La stessa Boccassini che nel passato, quando magari indagava su Silvio Berlusconi, era considerata una «toga rossa» al servizio di un complotto comunista, oggetto di lazzi e scherni. Ci vorrebbe un po' di serietà, almeno di fronte a vicende inquietanti come questa. Negli anni 70 in fondo si vinse perché il sindacato e il Paese tutto, seppero reagire. Sì, con fermezza.


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