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Unità-Il professore che "salva" i ragazzi

Il professore che "salva" i ragazzi Un preside di Milano è andato "a caccia" di studenti che hanno abbandonato la scuola. E li ha convinti a ricominciare Luigina Venturelli MILAN...

27/09/2004
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l'Unità

Il professore che "salva" i ragazzi

Un preside di Milano è andato "a caccia" di studenti che hanno abbandonato la scuola. E li ha convinti a ricominciare

Luigina Venturelli

MILANO Poteva accettare la loro prima scelta. Lasciare che abbandonassero gli studi dopo la terza media ed unirsi al coro delle lamentele sulla dispersione scolastica. Poteva far finta di niente, come fanno in molti. Ma il suo lavoro, dice, è "portare i ragazzi a scuola". Così Rodolfo Rossi, preside dell'Istituto tecnico industriale Giorgi di Milano, li ha cercati, li ha convinti ed ha istituito un corso apposta per loro.

Oltre il degrado Ora i venti alunni "recuperati" frequentano regolarmente le lezioni e i laboratori di meccanica. "La classe ha preso a funzionare bene. - racconta il coraggioso preside - Tre studenti sono stati sospesi nei primissimi giorni, ma dopo aver scontato la punizione sono tornati in aula come tutti gli altri. È un buon segno. Hanno davvero deciso di provarci". L'obiettivo dichiarato è far terminare agli alunni il triennio, quello sperato è di portarli al diploma quinquennale: "Non mettiamo limiti alla provvidenza, facciamo un passo alla volta". In questo caso, però, l'iniziativa personale ha saputo fare più che la buona sorte. Quando si tratta di famiglie disagiate in periferie al degrado, l'abbandono della scuola è spesso accettato quasi fosse una necessità. "Sono tutti ragazzi che per puro regalo hanno preso la sufficienza alla scuola media - racconta Rossi - molti dei quali hanno seri problemi di apprendimento, sono dislessici o ipercinetici. Spesso vivono situazioni difficili anche a casa, sia dal punto di vista economico che sotto il profilo sociale".

Obiettivo: futuro Eppure qualcosa si può fare, anche per "un'utenza debole di desperados". Il preside dell'Itis Giorgi ha così messo a frutto gli anni di collaborazione già sperimentata con gli enti formativi Galdus, Cep ed Enaip, che si sono occupati di individuare e contattare i futuri alunni e le loro famiglie. "Procurati gli iscritti, non ho fatto altro che istituire per loro un'apposita classe sperimentale. Dopo tre anni di corsi, composti in gran parte da laboratori pratici, otterranno un qualifica in grado di procurare loro un lavoro come addetti a macchine utensili. Con questi ragazzi vale solo la pedagogia del fare, non è sperabile che seguano discipline teoriche che hanno già ampiamente bocciato dalla scuola media".
Ma la formazione prevista non è solo professionale: "L'idea - continua Rossi - è portarli alla teoria attraverso la tecnica. Sono previste anche classiche materie di studio, come italiano o matematica, a cui gli alunni saranno avvicinati gradualmente con l'assistenza di un tutor, che li seguirà costantemente, mantenendo anche i rapporti con le rispettive famiglie".

Radiografia di una classe E qualche risultato già si è visto, benchè sia troppo presto per parlare di primi della classe. "I migliori sono gli extracomunitari: per la loro voglia di affermarsi sono quelli che si impegnano di più. Seguono gli alunni che possono definirsi bravini, nonostante abbiano alle spalle una tradizione didattica piuttosto debole, e quelli comunemente definiti "teppa" - dice il preside con tono affettuoso e divertito - sia che si tratti di provocatori espliciti o di indisciplinati che operano nell'ombra. Non per nulla il lavoro svolto dai loro insegnanti può dirsi eccezionale".
Certo l'impegno isolato non è encomiabile, ma ci vorrebbe qualche cosa di più, qualche segnale dell'amministrazione pubblica e delle istituzioni. "Ora speriamo solo che la regione Lombardia ci dia la possibilità di continuare nella sperimentazione" si augura il preside dell'Istituto tecnico,

La vita facile Fatta la prima classe, c'è da pensare alle altre che verranno: le elevate percentuali di abbandono scolastico non lasciano tempo da perdere. "Molti ragazzi non si iscrivono alle superiori - analizza Rodolfo Rossi - perchè la scuola media li ha già cotti. Lì avviene il processo di selezione più pesante, lì vengono bollati come casi sociali ed il loro processo di autostima viene fermato sul nascere. Se prendono solo scoppole dure e sfilze di due o tre in pagella si instaura un processo vizioso e registrano come una meta impossibile per loro anche il sei della sufficienza. Nel frattempo vedono in televisione il mondo facile delle veline e dei calciatori, sognano modi facili per fare soldi ed il gioco è fatto".

Effetto Moratti Inoltre è venuto meno l'impegno pubblico, di Stato, per portare i giovani a scuola e mantenerceli. "Da questo punto di vista la riforma Moratti ha dato un contributo non da poco: prima della sua riforma era obbligatorio frequentare almeno un anno di scuola dopo la terza media, ora c'è solo il diritto-dovere di andarci fino ai diciotto anni. Ma è solo uno slogan privo di sostanza reale".
Per arginare l'emorragia delle iscrizioni, la via è un'altra. "Bisogna istituire dei corsi ad hoc per questo tipo di ragazzi, studiare dei percorsi formativi che li possano interessare e coinvolgere attivamente" conclude il preside milanese. Il primo passo in tal senso è già stato fatto ed in provincia di Milano altri istituti stanno studiando progetti simili di recupero dei ragazzi che stanno in strada invece di studiare a scuola. Ma per coinvolgere grandi numeri la parola dovrebbe passare al ministero dell'Istruzione


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